Focus economia

Orologi, l’export ora si difende e affronta la sfida dei dazi USA

Le esportazioni dell’industria svizzera dei segnatempo sono calate non di molto (-1,2%) nei primi nove mesi dell’anno in corso - Dalle cifre del mese di settembre emergono una parziale riduzione del ruolo degli Stati Uniti e un ampliamento di quello di Asia ed Europa
©Gabriele Putzu
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
27.10.2025 06:00

Il polo elvetico degli orologi rappresenta oltre il 50% del fatturato mondiale del settore ed esporta oltre il 90% della sua produzione. I dati sull’export forniti dalla Federazione dell’industria orologiera svizzera (FH) sono quindi un indicatore rilevante, per le imprese rossocrociate ma anche per il settore a livello internazionale. L’industria elvetica dei segnatempo ha saputo mantenere sin qui la sua leadership, anche affrontando le sfide del rallentamento economico mondiale e della forza del franco, che rende di fatto più cari i prodotti svizzeri.

I dati

Ora il polo elvetico deve aggiungere un’altra sfida, quella dei dazi al 39% imposti dagli USA, il mercato maggiore. Le cifre sulle esportazioni di orologi svizzeri a fine settembre permettono di fotografare la situazione. Si tratta di cifre relative da un lato al solo mese di settembre, dall’altro all’arco dei primi nove mesi 2025. Per settembre, guardando ai primi dieci mercati, balzano all’occhio la caduta dell’export in valore verso gli Stati Uniti (-55% rispetto allo stesso mese del 2024) e il buon andamento di Regno Unito (+15%), Hong Kong (+20%), Cina (+17%), Singapore (+8%); per la Germania c’è una contrazione del 14%, mentre le flessioni sono contenute per Francia (-3%), Emirati Arabi Uniti (-0,8%), Italia (-3%). L’export verso il mondo nel mese è stato di 1,99 miliardi di franchi, con un calo annuo moderato (-3,1%). Senza la caduta degli USA, legata molto ai dazi, ci sarebbe stato un aumento del 7,8%. Il quadro dei primi nove mesi di quest’anno è molto diverso da quello del solo mese di settembre. Gli Stati Uniti hanno mantenuto il primo posto tra i mercati, con un +10% rispetto allo stesso periodo del 2024. Gli altri nove mercati della top ten hanno invece registrato flessioni, seppur in genere contenute. Per il Giappone è -6%, per la Cina -16%, per Hong Kong -8%, per il Regno Unito -0,8%, per Singapore -1%, per la Francia -4%, per la Germania -6%, per gli Emirati Arabi Uniti -1%, per l’Italia -0,3%. Nel complesso, l’export verso tutto il mondo nei nove mesi è stato di 18,95 miliardi di franchi, solo l’1,2% in meno in rapporto a un anno prima. Una conferma del fatto che il polo elvetico si sta difendendo abbastanza bene, in un quadro molto complicato.

La lettura

Quale lettura della situazione si può dare, intrecciando i dati? Il primo punto è che gli Stati Uniti, come visto, sin qui sono rimasti il maggior mercato estero per gli orologi svizzeri. Ciò è stato reso possibile però anche dalla tempistica dei dazi di Trump, che ha portato le imprese importatrici USA a poter fare molte scorte prima dell’entrata in vigore delle tariffe. L’export verso gli USA è aumentato in gennaio, marzo, aprile, luglio (mesi delle scorte) ed è diminuito negli altri cinque mesi. Il secondo punto è che questo primato del mercato statunitense sarà comunque tutto da verificare nella prossima fase, considerando appunto i dazi entrati in vigore a inizio agosto e poi, anche, la debolezza del dollaro USA, che rende per gli americani ancor più oneroso l’import. Nei dati del solo settembre gli Stati Uniti sono al terzo posto, non al primo. Bisognerà vedere se ci saranno rimbalzi nei prossimi mesi o se la contrazione americana proseguirà, diventando un fattore perdurante. Il terzo punto è che si intravede una possibile, diversa ripartizione dell’export tra i mercati principali. In settembre il Regno Unito, che può contare su Londra come centro internazionale di acquisti, ha avuto il primo posto. Il Giappone, pur in flessione, ha avuto il secondo posto. Tre altre rilevanti piazze asiatiche – Hong Kong, Cina e Singapore – tutte in progresso nel mese, sono tra il quarto e il sesto posto. Dal settimo al decimo posto ci sono Francia, Germania, Emirati Arabi Uniti, Italia; a parte la Germania, che ha avuto una netta flessione, gli altri mercati hanno avuto cali contenuti. Si è delineato quindi un differente equilibrio, con meno esportazioni verso gli USA e più export in direzione dell’Asia e di alcuni Paesi europei. Di nuovo, anche l’esistenza o meno di un chiaro trend di questo tipo sarà da verificare nei prossimi mesi.

La diversificazione

L’industria svizzera ha spesso puntato su una forte diversificazione dei mercati di sbocco e i dazi americani ora ripropongono la questione in termini nuovi. Se l’export verso gli USA reggerà a livelli vicini a quelli degli anni passati, la questione potrà essere riaffrontata senza grandi tensioni. Se invece, come è possibile visto il quadro, ci saranno altre cadute ampie dell’export verso gli Stati Uniti, allora una diversificazione ancor maggiore dei mercati, con voti molto meno alti per il ruolo degli USA, nei prossimi mesi diventerà un argomento con priorità elevata.

Fari accesi su Swatch Group e Richemont

L’industria elvetica degli orologi è fatta di imprese di dimensioni molto diverse tra loro. Le piccole e medie aziende sono ancora numerose e costituiscono una realtà rilevante. Il quadro è però occupato in larga misura da quelli che sono i tre maggiori gruppi svizzeri nel settore, cioè Rolex, Swatch Group, Richemont. Il gruppo Rolex, che è attivo nella gamma alta e opera attraverso il marchio omonimo e il marchio Tudor, non è quotato in Borsa. Swatch Group e Richemont operano attraverso numerosi marchi e sono quotati a Zurigo.

I numeri

Swatch Group e Richemont, che essendo quotati rendono noti con regolarità i loro dati, sono maggiormente osservati da operatori e analisti. Swatch Group è presente in tutte le gamme di prodotto e nei componenti; i marchi del gruppo sono molti e tra questi ci sono, oltre al marchio omonimo, Omega, Longines, Tissot, Rado. Gli ultimi dati in ordine di tempo resi noti dal gruppo di Bienne sono quelli del primo semestre 2025. Il fatturato del gruppo nei primi sei mesi di quest’anno è stato di circa 3,06 miliardi di franchi, cifra che in rapporto allo stesso periodo dell’anno scorso rappresenta il 7,1% in meno a cambi costanti e il 10,4% in meno a cambi correnti. La distinzione tra cambi costanti e correnti sottolinea l’effetto valutario negativo dovuto alla forza del franco, che è stato di 113 milioni nel semestre. L’utile netto consolidato è stato di 17 milioni di franchi, in calo di circa l’88% rispetto allo stesso periodo del 2024.

A pesare sui conti di Swatch Group sono state, oltre alla forza del franco, soprattutto le battute d’arresto del fatturato in Cina (Hong Kong e Macao incluse). Il gruppo ha indicato, sul versante positivo, l’incremento del fatturato in Nord America, India, Turchia, Medio Oriente e Australia. Il Nord America richiede un discorso particolare, perché lì gli Stati Uniti sono protagonisti e i dazi americani al 39% sono entrati in vigore ai primi di agosto, dunque gli effetti delle alte tariffe USA si cominciano a vedere solo in questo secondo semestre. Il CEO del gruppo, Nick Hayek, si è detto fiducioso sulla possibilità di una tenuta negli USA nonostante i dazi, in ciò contrapponendosi a quella parte degli analisti che ha invece sottolineato i probabili effetti negativi delle tariffe di Trump. Il gruppo in occasione dei dati semestrali ha affermato che Giappone, India, USA hanno potenziale e che una ripresa degli ordini dalla Cina è prevedibile.

Il lusso

Il gruppo Richemont è attivo in vari segmenti del lusso. Negli orologi, tra i suoi molti marchi ha Cartier, IWC, Jaeger-LeCoultre. La conformazione del gruppo ginevrino è dunque diversa da quella di Swatch Group. In attesa di conoscere i dati del secondo trimestre dell’esercizio 2025/26 (il bilancio Richemont è marzo su marzo), si possono vedere quelli del primo trimestre, cioè del periodo aprile-giugno, relativi al fatturato. Premessa: i gioielli contano per circa il 70% sui ricavi del gruppo, gli orologi per il 15-20%, la restante parte va ad altri prodotti del lusso. Il fatturato complessivo di Richemont è stato nel trimestre di 5,4 miliardi di euro (questa è la moneta di bilancio), cioè 4,99 miliardi di franchi attualmente; ciò significa un aumento rispetto a un anno prima del 6% a cambi costanti e del 3% a cambi correnti. A trainare i conti sono stati i gioielli, mentre gli orologi con 824 milioni di euro hanno registrato un -7% a cambi costanti e un -10% a cambi correnti.

La Borsa

In Borsa il titolo Richemont è ampiamente in positivo rispetto a un anno fa, per circa il 25% alla chiusura di quest’ultimo venerdì; per molti operatori la diversificazione delle attività del gruppo è rimasto un fattore di forza. Il titolo al portatore Swatch Group è in ribasso del 4% in rapporto a un anno fa. Il cammino delle azioni del gruppo non è stato facile (rallentamento delle economie e forza del franco si sono sentiti), ma negli ultimi mesi c’è stata una risalita e una parte degli analisti ora ritiene che il titolo Swatch Group sia sceso troppo in precedenza.