Per vedere il calo dei prezzi bisognerà attendere ancora

Mentre nei venti Paesi della zona euro la pressione inflazionistica è in netta attenuazione (la stima flash di ottobre segna un +2,9%, contro il +4,3% di settembre e il +5,2% di agosto), in Svizzera i prezzi al consumo nel mese scorso hanno registrato un lieve aumento, di 0,1 punti per un tasso di inflazione su base annua che si attesta all’1,7% (invariato rispetto a settembre, quando però si era già registrato un lieve aumento rispetto ad agosto). Questo «scollamento» a che cosa è dovuto? Giriamo la domanda a GianLuigi Mandruzzato, economista senior di EFG Bank a Lugano. «L’inflazione in Europa è stato molto inferiore ai mesi precedenti e anche rispetto alle attese, il che si spiega però con l'andamento della componente energia che in Europa l’anno scorso di questi tempi stava spingendo l’indice dei prezzi al consumo alle stelle. In Svizzera, invece, per come vengono gestiti soprattutto i prezzi di elettricità e gas per riscaldamento domestico, le variazioni sono molto più moderate e direi anche un po’ ritardate rispetto all'andamento dei prezzi di mercato perché sono prezzi amministrati. Infatti, sappiamo già che a gennaio dell'anno prossimo le tariffe elettriche aumenteranno in Svizzera intorno al 18%».
Prezzi «core» in moderazione
L’Ufficio federale di statistica pubblica, come di consueto, anche il dato sull’inflazione di fondo («core»), che registra un andamento simile a quello complessivo: su base mensile l’incremento dei prezzi al consumo al netto dei prodotti freschi e stagionali, energia e carburanti è stato di 0,2 punti, per un tasso d’inflazione annualizzato dell’1,5%. Ancora Mandruzzato: «L’incremento della “core inflation” a ottobre è dovuta sostanzialmente all’andamento del comparto dei servizi, ma nel complesso si tratta di un aumento contenuto– e in moderazione - rispetto ai mesi precedenti, che è quello che conta. E considerando anche altre indicazioni sull'economia Svizzera, come l'indagine sulla fiducia dei consumatori e anche l'indice PMI pubblicato mercoledì da UBS che fotografa una certa debolezza congiunturale (in ottobre si attesta a quota 40,6 punti, in calo di 4,3 punti sul mese e di 14,8 sull'anno - un calo al di sotto dei 50 punti indica una contrazione dell'attività), direi che dall’economia svizzera ci si può aspettare che le pressioni sui prezzi core possano calare nei mesi prossimi, riflettendo la politica monetaria più restrittiva che la BNS sta attuando».
Rischio recessione?
Come noto, la Banca nazionale ha iniziato il suo ciclo di rialzi dei tassi un anno fa, con quattro interventi che hanno portato il costo del denaro in Svizzera all’attuale 1,75%, livello sul quale l’istituto di emissione guidato da Thomas Jordan si è fermato, decidendo, lo scorso 21 settembre, di «prendersi una pausa». Quindi, gli interventi della BNS sembrano funzionare come auspicato… «La politica monetaria – commenta Mandruzzato – sta avendo gli effetti desiderati che purtroppo non sono “piacevoli” per l’economia, perché per riportare la dinamica dei prezzi sotto controllo c’è bisogno di un riequilibrio tra domanda e offerta. Tendenzialmente, il riequilibrio porta a un rallentamento economico, che è un po’ quello che stiamo vedendo a livello globale e anche in Svizzera».
A questo punto viene da chiedersi se gli interventi delle banche centrali, compresa la BNS, non provocheranno una recessione. «Il rischio c’è – afferma Mandruzzato – ma l’alternativa sarebbe stata quella di alzare i tassi di meno, creando però le condizioni per cui l’inflazione rimanga più alta più a lungo con effetti negativi sull’equilibrio macroeconomico di medio termine. La buona notizia è che le banche centrali possono reagire anche a questo nuovo stato di cose. Quindi, se l’economia rallentasse più del previsto, e con il rischio di entrare in recessione, potrebbe manifestarsi un calo dell’inflazione più rapido di quanto atteso dalla BNS, aprendo le porte a un allentamento della politica monetaria – che è un po’ quello che anche i mercati si aspettano possa accadere nel 2024, anche in Svizzera», conclude l’economista di EFG.
Non ci resta che aspettare metà dicembre per sapere se il ciclo di strette da parte della BNS continuerà, se rimarrà in modalità d’attesa, oppure se si concluderà.
Peggiora la fiducia dei consumatori svizzeri
Il clima di fiducia dei consumatori è fortemente peggiorato nel quarto trimestre: il relativo indice rilevato dalla Segreteria di Stato dell'economia (Seco) è sceso da -27,0 punti nel terzo trimestre a -40,0 punti. In tal modo si situa nettamente al di sotto della media di lungo periodo (-6 punti), viene osservato dalla Seco.
Tra i sottoindici, è peggiorato soprattutto quello relativo alle attese per la situazione economica futura, passato da -6,8 a -37,3 punti. Quello inerente alla situazione finanziaria futura è sceso da -25,0 a -37,8 punti, quello sulla situazione finanziaria passata da -38,2 a -50,9 punti. È invece migliorato lievemente - da -38,0 a -33,8 punti - il sottoindice relativo alla propensione a fare grandi acquisti.
Al sondaggio di ottobre hanno preso parte un campione di 1.078 persone di almeno 16 anni nelle tre principali regioni linguistiche.