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«Puntiamo sulla crescita organica ma non escludiamo nuovi acquisti»

Intervista a Romeo Lacher, presidente del CdA di Julius Bär - Gli abbiamo posto alcune domande sulla piazza finanziaria elvetica e su quella ticinese, sulla strategia del gruppo bancario che presiede, sulla linea d’azione per quel che riguarda il mercato svizzero e i maggiori mercati esteri
Romeo Lacher è presidente di Julius Bär dal 2019, ha alle spalle una lunga carriera nel settore bancario, in gran parte nel Credit Suisse.
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
13.09.2021 06:00

Qual è la sua valutazione del quadro della piazza bancaria e finanziaria svizzera nel suo complesso?

«La piazza bancaria e finanziaria svizzera ha saputo affrontare bene le sfide di questi anni. La piazza elvetica è rimasta un punto di riferimento di grande rilevanza, in particolare per quel che riguarda private banking e wealth management. Certo, tra i cambiamenti che hanno caratterizzato gli ultimi anni c’è stato anche l’accrescersi della competizione da parte di altre piazze finanziarie, soprattutto di quelle asiatiche, ma la piazza svizzera è riuscita a mantenere la posizione in questo contesto cambiato. La professionalità dei suoi operatori, l’ampio know how che consente di rispondere alle richieste aumentate di clienti sia residenti e che esteri, l’affidabilità e l’efficienza della piazza stessa continuano ad essere eccezionali nel confronto internazionale».

In questo quadro, come vede la piazza finanziaria ticinese con le sue specificità, compreso il rapporto con il mercato italiano?

«Il Ticino rimane una parte importante della piazza finanziaria svizzera, mantiene il suo ruolo di terza piazza elvetica, alle spalle di Zurigo e Ginevra. La piazza ticinese ha un suo interessante mercato di residenti e al tempo stesso, si sa, ha un importante punto di riferimento nella vicina Italia. Non si può negare che la mancanza di un libero accesso al mercato italiano dei servizi finanziari ponga problemi ad un numero di banche e operatori finanziari svizzeri e alla piazza ticinese in particolare. A parte la Germania, con la quale la Svizzera a suo tempo ha raggiunto un accordo che non è di libero accesso ma che quantomeno si avvicina a questo, lo stesso problema c’è d’altronde con altri Paesi europei vicini, a cominciare da Francia e Austria. Credo che non sia realistico pensare di ottenere in questa fase un accordo con l’Unione europea, ritengo sia meglio puntare ad intese bilaterali, anche con l’Italia».

Facendo una sintesi, quali sono attualmente i maggiori punti caratterizzanti della strategia di Julius Bär?

«Le attività di Julius Bär rimarranno centrate sul wealth management, la scelta strategica fatta dal gruppo a suo tempo di separarsi dall’asset management ha avuto successo e viene ora confermata. Il gruppo ha attuato questa strategia sia attraverso la crescita organica, sia attraverso acquisizioni. L’afflusso netto di nuovi fondi della clientela è stato ed è più che soddisfacente. Puntiamo su una crescita sostenibile, che per noi in questo caso significa sviluppare costantemente le attività ma tenendo sempre sotto controllo il grado di rischio. Per quel che riguarda i mercati su cui siamo attivi, il nostro obiettivo di fondo è bilanciare la presenza complessiva tra mercati maturi e mercati emergenti, sostanzialmente con un 50/50. È un obiettivo che in effetti abbiamo già raggiunto e che intendiamo mantenere».

All’interno di questa strategia di fondo del gruppo, quanto puntate sulla crescita organica, cioè ottenuta per linee interne, e quanto puntate invece sull’attuazione di eventuali nuove acquisizioni?

«Nello sviluppo delle nostre attività l’aspetto che rimane principale è quello della crescita organica. Detto questo, siamo disponibili ad eventuali nuove acquisizioni, purché siano presenti alcuni elementi importanti: devono essere naturalmente coerenti con la nostra strategia, devono adattarsi alla nostra cultura e avere un grado di rischio controllabile, devono avere un prezzo proporzionato. Julius Bär ha fatto non poche acquisizioni in passato e sono convinto che abbia dimostrato di poterle fare con successo».

Qual è la vostra linea al riguardo del mercato svizzero e quali sono per voi i principali mercati esteri?

«Sul mercato svizzero abbiamo una posizione molto buona, ma devo dire che non siamo esattamente ancora dove vorremmo essere. A volte c’è un po’ l’idea che Julius Bär sia la banca soprattutto dei clienti internazionali, ma chiaramente non è così; siamo una banca svizzera e possiamo offrire ai nostri clienti svizzeri una proposta di alta qualità. Siamo fiduciosi sul fatto di poter conquistare ulteriori posizioni anche sul mercato elvetico. In Europa intendiamo continuare a rafforzarci, anche attraverso la presenza onshore; tra i mercati europei principali ci sono per noi la Germania, l’Italia, la Spagna, il Regno Unito. L’area dei mercati emergenti è molto ampia, per noi comprende Asia, Medio Oriente, Europa dell’Est, America Latina con il Brasile soprattutto».

In Italia avete acquisito Kairos, che ha concretizzato recentemente una riorganizzazione. Quali sono le prospettive per questa società di gestione italiana?

«L’Italia rimane per noi come detto un mercato estero importante. Con l’acquisizione negli anni scorsi della società di gestione milanese Kairos abbiamo rafforzato ulteriormente la nostra presenza sul mercato italiano. Ad un certo punto si è resa necessaria per Kairos una riorganizzazione delle attività e dell’azionariato, che è stata attuata. Ora il capitale della società è per il 70% di Julius Bär e per il 30% di manager della società stessa. Riteniamo che ci siano le condizioni per una nuova crescita delle attività di Kairos in Italia».

Anche Julius Bär sta seguendo la linea del riacquisto di azioni proprie, una linea che riscuote sia consensi sia critiche. Tra queste ultime c’è anche quella che indica i riacquisti come risorse che sarebbe più produttivo destinare agli investimenti. Qual è la risposta?

«Occorre sempre mantenere un buon equilibrio tra remunerazione degli azionisti e destinazione di risorse agli investimenti. Il livello di redditività deve essere buono per assicurare nel tempo entrambi questi elementi. Noi abbiamo alzato i dividendi per gli azionisti con moderazione ma con costanza negli anni. Accanto a questo abbiamo attuato, e ancora stiamo attuando, riacquisti di azioni proprie, che sono anche un’altra forma di remunerazione per gli azionisti. Ma facendo questo non abbiamo tolto risorse agli investimenti necessari per lo sviluppo delle nostre attività. Dividendi in aumento e riacquisti di azioni proprie possono diventare fattori di rischio se vengono attuati a scapito della crescita delle attività. Se attuati con equilibrio, possono essere invece fattori che rafforzano il valore della banca o impresa e la fiducia degli azionisti».

Fintech, cioè l’applicazione delle nuove tecnologie alla finanza, era già sotto i riflettori ed ancor più è stato portato alla ribalta dalla pandemia e dalle restrizioni per le attività in presenza a questa dovute. Qual è la posizione di Julius Bär per quel che concerne gli sviluppi del Fintech?

«Fintech è un capitolo di attualità e importante per le banche e per la finanza più in generale. Le restrizioni causate dal coronavirus hanno in un certo senso spostato il confine tra ciò che si riteneva possibile e impossibile nell’organizzazione del lavoro. Il massiccio e rapido ricorso al lavoro a distanza ha mostrato che, in caso di necessità, era possibile far funzionare molte imprese e molte banche anche in quel modo. Ciò naturalmente è stato consentito anche dall’applicazione estesa delle nuove tecnologie, che avevano già cominciato a diffondersi in precedenza e che con la pandemia hanno registrato un’accelerazione. Personalmente penso che in futuro si troverà un nuovo equilibrio, una sorta di via di mezzo, tra lavoro in presenza fisica e lavoro telematico; ci sarà più flessibilità, ma il lavoro a distanza avrà limiti. Se parliamo poi specificamente di private banking, occorre dire che le relazioni personali dirette continueranno ad essere centrali. Julius Bär continuerà ad investire in Fintech, tenendo presente appunto anche le caratteristiche specifiche delle attività di gestione di patrimoni privati».