Quel club ristretto della tripla A di cui gli USA non fanno parte

Il voto massimo, cioè una tripla A, data da tutte e tre le principali agenzie di rating o di valutazione che dir si voglia. Raggiungere e mantenere questo livello è da sempre l’obiettivo più alto per un Paese. E lo è ancor più oggi, visto che il club, per così dire, della tripla A è ormai ristretto. Lungo la strada il club ha perso membri e attualmente ne fanno parte a pieno titolo solo nove Paesi: Germania, Svizzera, Australia, Svezia, Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Singapore. I membri possono diventare undici se si considerano anche il Canada e il Liechtenstein, che però hanno la valutazione rispettivamente solo di due e di una delle tre maggiori agenzie di rating. Gli USA, la principale economia mondiale, non fanno parte del club.

Sotto i riflettori
Di tripla A si è tornato a parlare in questi giorni appunto perché gli Stati Uniti hanno perso il loro ultimo voto massimo, che l’agenzia Moody’s sin qui aveva loro accordato. Negli anni passati le altre due maggiori agenzie – Standard & Poor’s (S&P) e Fitch – avevano già fatto scendere di un gradino il voto per gli USA. Ma vediamo cosa esattamente fanno le agenzie di rating e perché i loro voti sono considerati importanti. Queste agenzie valutano periodicamente il grado di affidabilità di un emittente, che può essere uno Stato o un’impresa, e assegnano appunto un voto alle obbligazioni di questo o di questa. Ad essere messi sotto i riflettori sono insomma in particolare i titoli di debito. Parliamo in questa sede di titoli di Stato o pubblici, che per alcuni aspetti in effetti più rappresentano il sistema Paese.
Il voto viene dato con un sistema alfabetico, che va dal massimo AAA, per gli emittenti considerati privi di rischio o quasi, giù sino al minimo di D, per quelli in area insolvenza. In ogni segmento, da A in giù, ci sono diverse articolazioni possibili del voto. Più elevato è il rating, definito anche creditizio, minore è il premio richiesto dagli investitori per acquistare le obbligazioni, cioè minore è il tasso di interesse che lo Stato o l’impresa paga. Tra i fattori di valutazione ci sono le dinamiche del debito e più in generale l’assetto dei conti (pubblici ovviamente nel caso degli Stati), la solidità delle istituzioni, l’andamento della crescita economica. E sono proprio l’aumento costante e rilevante di deficit e debito pubblici e la preoccupazione sulle politiche fiscali di Washington ad aver portato anche Moody’s al declassamento degli USA, a cui hanno assegnato AA1. S&P e Fitch avevano indicato AA+.
La geografia
Il lavoro delle agenzie di rating - oltre alle tre di gran lunga maggiori ce ne sono comunque altre, tra le quali DBRS e Scope - serve quindi a dare più strumenti di valutazione agli investitori e infatti i mercati seguono in genere con attenzione i vari voti assegnati. Tornando al club ristretto della tripla A, è interessante anche vedere come i membri siano Paesi europei in ben sette casi su nove (oppure otto su undici nella versione allargata). Il Vecchio continente subisce in molti settori economici la forte concorrenza di Nord America e Asia, ma bisogna dire che sul versante dei conti pubblici mantiene in molti casi (non in tutti) una linea di chiaro contenimento di deficit e debiti pubblici.
Svizzera a Norvegia sono interamente in tripla A nella loro autonomia; Germania, Svezia, Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi sono i membri del club che fanno parte dell’Unione europea. Per la cronaca, quest’ultima ha un rating che è di tripla A in due casi su tre (Moody’s le ha assegnato AA+). Insomma non è l’Europa l’area con i conti pubblici in maggiore disordine; oltre al caso del Giappone, che ha da molto tempo un debito pubblico record, a preoccupare sono invece gli Stati Uniti come detto e poi anche la Cina, seconda economia mondiale, che in questi ultimi anni ha visto alzarsi parecchio il suo indebitamento.
L’Italia
In questi giorni si parla anche dell’Italia e in particolare della revisione al rialzo (da stabile a positivo) di una parte del rating di Moody’s. Bene per la Penisola, ma occorre precisare che il voto è comunque fermo a Baa3, molto lontano dai vertici. Anche l’abbassamento per Roma dello spread (il differenziale con i tassi tedeschi) attorno ai 100 punti è positivo, ma si tratta solo in parte di un effetto di un miglioramento italiano, per il resto è anche il riflesso di tassi tedeschi più alti. Altri Paesi del Sud UE, tra i quali Spagna e Grecia, hanno uno spread più basso di quello italiano. Secondo il Fondo monetario internazionale, per l’Italia il rapporto debito pubblico/PIL quest’anno aumenterà di circa due punti percentuali, a quota 137%; sempre per il 2025, è dell’88% la media prevista dall’FMI per l’Eurozona.