Quel confine sottile e fluido tra asset reali e virtuali

Cosa esiste di più solido del mattone, il cui valore, nell’immaginario collettivo, è destinato a crescere nel tempo con poca volatilità? Tuttavia, negli ultimi mesi il mercato immobiliare di molti Paesi ha conosciuto tracolli o correzioni sensibili, dimostrando quanto le valutazioni raggiunte fossero poco più che virtuali. Il fenomeno non ha interessato solamente le metropoli della Cina, dove il fallimento di alcuni importanti operatori ha innescato una spirale perversa, ma anche di altri Paesi, dalla Germania alla Svezia, dalla Francia agli Stati Uniti. Ad aggravare la situazione è il fatto che nella spirale siano coinvolte banche, come nel caso della Deutsche Pfandbriefbank e vari istituti regionali americani, per non dire dell’impatto sulle quote dei fondi d’investimento e sui titoli delle società immobiliari. Tassi d’interesse elevati, home e smart working, concorrenza delle vendite e dei servizi online, flussi demografici, crisi del mercato del lavoro, digitalizzazione, sono alla base del fenomeno, le cui principali vittime sono gli immobili per uffici e quelli destinati a usi commerciali.
Si è confermato come il rischio immobiliare non sia comparabile con quello espresso dalla volatilità degli strumenti finanziari tradizionali, in quanto la sua natura è stata definita «selvaggia», termine usato dal matematico Benoit Mandelbrot, noto per la geometria dei frattali.
Nello stesso tempo un altro fra i più «reali» strumenti d’investimento, l’oro, metteva a segno un rally che lo ha portato verso nuovi massimi storici superando i 2.250 dollari l’oncia, con un incremento del 14% su 12 mesi, favorito paradossalmente dall’attesa di tassi in ribasso ma anche da una possibile perdurante inflazione, dai crescenti rischi geopolitici e dai rinnovati acquisti da parte di molte banche centrali.
Cosa dire invece del più nuovo e virtuale degli asset, il Bitcoin, definito l’«oro del nuovo millennio», intangibile, facile da negoziare grazie alle piattaforme digitali, oltre che immune o quasi da condizionamenti istituzionali? Superati i 72 mila dollari, è ora stabilizzato intorno ai 70 mila mettendo a segno un 66% da inizio anno e 150% negli ultimi 12 mesi (superato solo dal +234% del cacao), favorito dalla nascita di fondi ed ETF ad esso dedicati, avvalorando la tesi secondo cui il «virtuale» conserverebbe la ricchezza anche in periodi di tassi elevati, scenari complessi e rischiosi.
Il fattore negativo indicato per il Bitcoin è l’elevata volatilità. In realtà il rischio maggiore sta nell’elevata speculazione, senza la quale non si spiegherebbero performance superiori al 500% in pochi mesi, a cavallo fra il 2020 e il 2021, seguite da cadute del 75%, non definibili sulla base dei normali criteri fondamentali.
In un recente studio dal titolo provocatorio ETF Approval for Bitcoin: The Naked Emperor’s New Clothes, gli specialisti della Banca centrale europea (BCE), considerano il suo valore «fondamentale» uguale a zero, citando inoltre manipolazione del prezzo e utilizzi criminali della criptovaluta.
Va tuttavia considerato che anche le valute tradizionali, le cosiddette fiat, sono sostanzialmente sorrette solo dalla fiducia nel Paese, dalla sua economia e dall’autorevolezza della sua politica fiscale e monetaria, ma la svalutazione comunque marcia e spesso galoppa. Paradossalmente, in Paesi con sistemi finanziari precari, ad esempio dell’Africa o dell’America Latina, il Bitcoin diventa più sicuro e «reale» delle valute locali. Anche l’accusa che il Bitcoin si presti a malversazioni e usi illegali, pur se vera, non tiene conto delle analoghe azioni compiute con l’uso di valute tradizionali, originali e contraffatte, titoli di credito, oro, diamanti (come nel caso della pirateria somala) e altro ancora.
Su di un altro fronte, il concetto di «virtuale» può estendersi a titoli di società, come le star attuali dell’alta tecnologia, che non operano nell’area dell’economia reale, ma in settori soggetti ad effetti speculativi e a bolle legate a mode o condizioni particolari, foriere di elevata volatilità.
Il confine fra mondo fra reale e virtuale si mostra dunque più fluido di quanto a prima vista possa apparire. Nel campo delle valute, come affermava provocatoriamente Alan Greenspan, già presidente della Federal Reserve, lo scettro storico va certamente all’oro. Ma anche i muri, pur se scalfiti, resistono al tempo. Sul Bitcoin, sarà la storia ad emettere il suo verdetto.
Né vanno sottostimate le interazioni tra la sfera reale e quella virtuale. Basti pensare ai danni causati dall’intasamento logistico all’indomani della COVID, agli effetti del portacontainer Ever Given incagliatasi nel Canale di Suez, ai mancati arrivi di microprocessori per le aziende, a iniziare da quelle automobilistiche, o gli effetti dei dirottamenti dallo Stretto di Bab el-Mandeb, in cui si possono anche tagliare i cavi sottomarini lungo cui confluisce buona parte delle trasmissioni digitali fra Asia ed Europa, per non dire di blackout o ciberattacchi che possono prendere di mira infrastrutture energetiche e non.
