L'analisi

Quel rischio sistemico nascosto nell’oro «cartaceo»

Un rapporto della Banca centrale europea ha acceso i riflettori sugli strumenti finanziari legati al commercio di metalli preziosi - Negli ultimi tre anni, alimentata dalle crisi geopolitiche, c’è stata una vera e propria corsa a quella che J. M. Keynes chiamava «la barbara reliquia»
©CHIARA ZOCCHETTI
Generoso Chiaradonna
26.06.2025 06:00

L’allarme risale a un paio di settimane fa e giunge direttamente dalla Banca centrale europea (BCE), che in un rapporto ha messo in guardia sui rischi sistemici del cosiddetto «oro cartaceo»: una forma di investimento in oro che non comporta il possesso fisico del metallo, ma piuttosto un diritto finanziario che ne replica il valore. In pratica, si tratta di strumenti finanziari che seguono l’andamento del prezzo dell’oro, ma senza che l’investitore detenga lingotti o monete fisiche. Parliamo di ETC (Exchange Traded Commodity), fondi ETF, contratti futures e certificati d’investimento che hanno come bene sottostante non tanto il metallo fisico reale, quanto il suo valore di mercato.

I prezzi dell’oro hanno registrato un’impennata senza precedenti dal 2023, raggiungendo una serie di massimi storici. Dall’inizio dello scorso aprile (il Liberation Day di Trump) ha superato abbondantemente i 3.000 dollari l’oncia, e ora è a quota 3.340 dollari.

L’oro ha una lunga storia come riserva di valore. Dato il suo limitato utilizzo industriale, la domanda di oro proviene tradizionalmente dai consumatori al dettaglio (per esempio per la gioielleria), sebbene venga impiegato anche come bene di investimento e utilizzato dalle banche centrali come attività di riserva.

Dal punto di vista degli investimenti, l’oro è diverso dalle altre classi di attività. A differenza della maggior parte delle obbligazioni e delle azioni, non genera flussi di cassa. Il suo fascino riflette invece due caratteristiche uniche, soprattutto in periodi di elevata incertezza. In primo luogo, non rappresenta una passività per alcuna controparte e quindi non comporta alcun rischio di insolvenza. In secondo luogo, data la sua offerta limitata e relativamente anelastica, mantiene il suo valore intrinseco e non può essere svalutato. Di conseguenza, l’oro è spesso considerato un elemento di diversificazione del portafoglio, una copertura contro l’inflazione e il deprezzamento del dollaro statunitense, nonché un bene rifugio in periodi di grave stress sui mercati finanziari o geopolitici. A contribuire alla corsa dell’oro sono anche le banche centrali, in particolare quelle delle economie emergenti, che hanno acquistato sempre più oro per proteggersi dagli effetti delle tensioni internazionali o di potenziali sanzioni.

Ma l’oro fisico sta diventando sempre più richiesto anche dagli investitori tradizionali. Nei mesi scorsi, alla COMEX – la borsa a termine di New York per l’oro – si è registrato un forte aumento delle richieste di metallo prezioso fisico, ai livelli più alti dal 2007. È un segnale, si sottolinea nel rapporto della BCE, che gli investitori preferiscono l’oro fisico a quello «cartaceo». Da qui l’allarme per i rischi sistemici insiti nel commercio dell’oro «finanziario».

Fiducia versus possesso

«Quello della BCE è un campanello d’allarme istituzionale. Per la prima volta una delle principali banche centrali parla di rischi sistemici legati al mercato dell’oro per come viene rappresentato nel sistema finanziario», spiega Robert Vitye, CEO di Solit, una delle principali aziende europee nel commercio al dettaglio di metalli preziosi, con sede a Tägerwilen, nel cantone di Turgovia. «Si parla di derivati, operazioni OTC (Over the Counter) e dell’illusione strutturale secondo cui ognuno possieda oro, mentre in realtà vengono scambiate solo pretese. L’oro cartaceo, infatti, è soltanto una promessa», aggiunge l’esperto, precisando: «Le promesse sono valide solo se c’è la capacità di mantenerle in caso di necessità». Una differenza che si potrebbe riassumere così: l’oro finanziario è fiducia, quello vero è possesso. «Chi detiene un ETF sull’oro non possiede il metallo prezioso: possiede una pretesa. È una differenza fondamentale, decisiva in tempi di crisi e incertezze come quelli attuali», conclude il CEO di Solit.

Domina l’incertezza

Tornando al rapporto della BCE, si legge che «sebbene i prezzi dell’oro siano determinati da numerosi fattori, gli investitori hanno mostrato un’elevata domanda di oro come bene rifugio e, all’inizio del 2025, una notevole preferenza per i contratti futures sull’oro con regolamento fisico». Queste dinamiche suggeriscono che gli investitori si aspettano che i rischi geopolitici e l’incertezza politica rimangano elevati o addirittura si intensifichino nel prossimo futuro. Del resto, i venti di guerra in Europa e in Medio Oriente lo dimostrano. Ma la BCE va oltre. «Qualora si materializzassero eventi estremi, i mercati dell’oro potrebbero avere effetti negativi sulla stabilità finanziaria. Ciò potrebbe verificarsi nonostante l’esposizione aggregata del settore finanziario dell’area dell’euro appaia limitata rispetto ad altre classi di attività, dato che i mercati delle materie prime presentano una serie di vulnerabilità».

Tali vulnerabilità – si spiega – sono emerse perché i mercati delle materie prime tendono a essere concentrati in poche grandi aziende, spesso comportano leva finanziaria e presentano un elevato grado di opacità, derivante dall’uso di derivati OTC. Le richieste di margine e la chiusura delle posizioni a leva finanziaria potrebbero causare stress di liquidità tra gli operatori di mercato, propagando potenzialmente lo shock all’intero sistema finanziario.

La Piramide di Exter

Ma perché la BCE ha lanciato questo allarme proprio in questo periodo? «Il tempismo non è casuale», spiega Vitye. «In un mondo segnato da tensioni geopolitiche, crescente indebitamento, interventi delle banche centrali e fragilità sistemica, la pubblicazione sembra un avvertimento discreto». «In definitiva, la BCE conferma la Piramide di Exter: maggiore è la sfiducia nel sistema, più il capitale si sposta verso il basso – fino alla base, al denaro contante, all’oro». Nei giorni scorsi, per esempio, si sono rinnovati gli appelli di commentatori ed esponenti politici tedeschi e italiani a rimpatriare le rispettive riserve auree nazionali (le seconde e le terze al mondo, dopo quelle USA) detenute presso la Fed.

«Non si tratta del prezzo dell’oro, ma della disponibilità. E quella non si può stampare. L’oro cartaceo può essere un veicolo comodo, ma quando la situazione si fa critica, conta solo chi ha davvero l’accesso. Chi possiede – non chi crede di possedere», conclude Vitye.