Il ritorno

Sergio Ermotti: «Ci vorranno due o tre anni per completare l'integrazione»

Il manager ticinese sul futuro: «Ci attende un grande lavoro, ora sarebbe sbagliato dire quanto durerà questo mio secondo mandato»
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Generoso Chiaradonna
29.03.2023 21:30

«La mia soddisfazione ha due volti. Il primo è quello di essere chiamato a svolgere un compito così importante per la piazza finanziaria svizzera e non solo. Poi c’è quello un po’ più personale, ovvero di non tornare a fare quello che facevo prima bensì di scrivere un capitolo ancora da completare della storia bancaria. Questa transazione è arrivata in condizioni non pianificate e in urgenza, però alla lunga sarà di grande valore aggiunto per la Svizzera, non solo per UBS». È un Sergio Ermotti soddisfatto quello contattato dal Corriere del Ticino e pronto a mettersi all’opera per portare a termine una delle fusioni bancarie più complicate di sempre. Una banca sana, UBS, che ne rileva una in difficoltà, Credit Suisse, su mandato e con la garanzia della Confederazione. «L’essere messo nella condizione di poter attuare questa operazione è quindi la mia soddisfazione personale».

Durante la conferenza stampa c’è stata una dichiarazione d’orgoglio per il Ticino. «Una dichiarazione ironica», precisa Ermotti. «La stampa svizzero tedesca, ma anche quella anglosassone, commentava “tu sei lì perché il Governo svizzero ha imposto di avere uno svizzero alla guida della banca”. A questo ha risposto il nostro presidente: “Guardate il curriculum, vedete voi se (Sergio Ermotti, ndr) è lì solo perché svizzero”. Poi, quando questi media hanno posto la domanda per la terza volta, ho risposto, ironicamente: “No, non è una scelta dettata dal fatto che sono svizzero, ma è perché sono ticinese di Lugano”. Un modo per smorzare la tensione».

Tra due mesi la prima tappa

Il progetto di fusione tra UBS e Credit Suisse è diventato un tema pubblico da un paio di settimane. Molti si interrogano sui tempi tecnici per chiudere l’operazione. «La prima importate scadenza per la fusione è la chiusura legale della transazione che è fra circa due mesi». «Riguardo invece all’implementazione sul piano operativo, che dobbiamo definire nei prossimi mesi, parliamo di due o tre anni almeno», aggiunge il manager che entrerà in carica il prossimo 5 aprile, tra una settimana.

Preoccupazioni per il personale

«Il punto più importante in questo processo è di fare chiarezza nel dibattito, soprattutto internamente. Dovremo stabilire quale sarà la metodologia che useremo per individuare la migliore opzione da adottare. Non faremo una valutazione soltanto finanziaria, guarderemo anche di salvaguardare gli interessi in modo bilanciato fra azionisti e collaboratori. Questo verrà fatto nei prossimi mesi», continua ancora Ermotti.

Dobbiamo giocare la carta reputazionale facendo però attenzione a non agire in modo frettoloso e “populistico”, col rischio di creare cose non sostenibili nel futuro
Sergio Ermotti

Mercato e concorrenza

«Ritengo fondamentale però che si possa lavorare in pace e studiare le varie opzioni in maniera approfondita e non avere discussioni su questioni come, per esempio, la concentrazione di quote di mercato, che non è vera. Le banche cantonali e le Raiffeisen hanno, complessivamente, delle quote di mercato più elevate di UBS e CS combinate. Queste cose le dobbiamo spiegare al pubblico». «Alla fine, prenderemo delle decisioni ed è chiaro che non riusciremo ad accontentare tutti», commenta.

La futura banca che nascerà tra UBS e Credit Suisse dovrà anche recuperare la reputazione nazionale e internazionale. «Certo, dobbiamo giocare la carta reputazionale facendo però attenzione a non agire in modo frettoloso e “populistico”, col rischio di creare cose non sostenibili nel futuro», spiega Ermotti. «Dobbiamo far sì che questa operazione sia un successo e che vada non solo a minimizzare i rischi per i contribuenti ma anche che dimostri che la piazza finanziaria svizzera è in grado di gestire questo genere di situazioni in maniera efficace. La complessità sta in tutto questo», continua il futuro CEO di UBS che non si sbilancia sulla durate del suo secondo mandato. «Se uno comincia già il primo giorno a pensare a quando terminerà il mandato, significa di aver già fatto il “check out”. E non è il caso. Il mio mandato finirà quando sarò soddisfatto del lavoro svolto», conclude.

Grandi sì, ma non dominanti

Sulla grandezza dell’istituto, da taluni in Svizzera definita «mostruosa», ha preso posizione in mattinata anche Ralph Hamers, il CEO uscente di UBS. «La cosa più importante per noi è stabilizzare la situazione, come abbiamo fatto nove giorni fa. Capisco le emozioni, è normale. Non saremo i numeri uno in nessun segmento, in Svizzera le banche cantonali o altri ci precederanno. Saremo più grandi solo in termini di internazionalità. Ma nel mondo ci sono ancora banche più grandi di noi. Il nono giorno non possiamo ancora annunciare tutto, dobbiamo essere prudenti e pianificare bene. Abbiamo bisogno del sostegno di tutte le autorità di regolamentazione del mondo. Ma quando avremo i piani, informeremo».