Stablecoin e pagamenti online, una «corsa all'oro digitale» con qualche rischio

La novità non tocca per ora la Svizzera, ma è lecito presumere che prima o poi lo farà, dato il suo potenziale dirompente: il gigante americano dei pagamenti online PayPal ha annunciato negli scorsi giorni di voler ampliare il suo servizio «peer-to-peer» e consentire agli utenti negli Stati Uniti – e presto anche nel Regno Unito e in Italia – di inviare criptovalute come bitcoin, ether e pure la propria stablecoin (PYUSD). E così, con un semplice messaggio via WhatsApp (o una mail), si potrà condividere un link e inviare «dollari digitali» a un amico o un parente, magari per pagare la propria parte del conto al ristorante (un po’ come in Svizzera molti già fanno con Twint). La nuova funzione va ad aggiungersi a quella, forse ancora più dirompente, annunciata a luglio: «Pay with Crypto», l’opzione che consente agli utenti di pagare gli acquisti scegliendo di attingere ai propri wallet di valute digitali – anziché ai conti bancari o usare le linee di credito delle carte – e ai commercianti di ricevere dollari, convertiti praticamente all’istante, oppure di tenere le criptovalute. E accettando pagamenti nella stablecoin di PayPal, ha spiegato il CEO Alex Chriss, i commercianti possono «far crescere i fondi depositati in PYUSD al 4% se tenuti su PayPal».
Cambio di paradigma
In un recente studio, la società di consulenza strategica McKinsey afferma come «il vero successo delle stablecoin richiederà un cambiamento nel paradigma prevalente che impone che la maggior parte delle transazioni venga regolata in valuta locale. Se e quando la maggior parte dei clienti sceglierà di conservare i propri fondi in stablecoin, ciò potrebbe avere conseguenze di vasta portata sulla domanda di riserve sottostanti (in particolare per i titoli del Tesoro USA, ndr) e implicazioni per i modelli di finanziamento dei depositi e dei ricavi degli istituti di credito. Poiché i principali casi d’uso includono i pagamenti transfrontalieri, il trading e il regolamento delle transazioni di Borsa, la tesoreria e la gestione della liquidità, le implicazioni di un tale cambiamento di finanziamento sarebbero globali».
PayPal non è certo l’unico fornitore di servizi di pagamento online nella corsa al «nuovo oro digitale»: il colosso delle carte di credito, Visa, collabora con Stripe (uno dei principali concorrenti di PayPal) per l’emissione delle cosiddette crypto-linked card, che collegano quindi i wallet digitali al tradizionale circuito di pagamento Visa. Ma non si tratta, ancora, di transazioni dirette in stablecoin. Anche se poco ci manca: alcune grandi catene di negozi, sempre negli USA, come Walmart, oppure il colosso dell’e-commerce Amazon, intendono creare stablecoin proprie da offrire ai loro clienti come strumento di pagamento alternativo alle carte. Forse è solo una questione di tempo finché queste «nuove valute» diventino di uso comune, o mainstream.
La Svizzera «nicchia»...
E in Svizzera che cosa succede? In Ticino si conoscono il LVGA (emesso dalla Città di Lugano) e il tether (la principale stablecoin mondiale, legata però al dollaro USA), che vengono accettati da un certo numero di commerci ed esercizi ma il cui utilizzo è tutto sommato circoscritto (alla città sulle rive del Ceresio, di fatto) e, come nella maggior parte dei casi, i pagamenti sono sempre convertiti immediatamente in valuta locale. Lo stesso vale per la catena di supermercati Spar, dove da una settimana circa si possono pagare gli acquisti in criptovalute, mentre Galaxus, che aveva introdotto i pagamenti in cripto già nel 2019, alla fine del 2023 ha disattivato il servizio perché «la domanda era molto bassa e lo sforzo richiesto era sproporzionatamente elevato – si legge sul suo sito – ma stiamo osservando il mercato e proporremo una nuova soluzione non appena sarà il momento giusto». Dello stesso tenore la risposta data al CdT dal principale sistema di pagamenti peer-to-peer svizzero: «Attualmente non è disponibile un’offerta corrispondente (a PayPal, ndr) nell’app Twint e al momento non abbiamo annunci in merito».
… e l’UE accelera
Il possibile cambio di paradigma in atto con le stablecoin non sembra interessare, almeno per ora, la Svizzera, ma l’Europa sì. Tra le priorità del nuovo programma di lavoro dei ministri delle Finanze dell'area euro vi è infatti un’accelerazione sul progetto di lancio dell’euro digitale che, precisiamo subito, non è una stablecoin (token digitale emesso da un ente privato su blockchain privato e «coperto» da una valuta fiat in un rapporto 1:1), bensì una valuta ufficiale a tutti gli effetti, emessa dalla Banca centrale europea e, nella fattispecie, una «rappresentazione digitale» della moneta europea. La BCE teme che le stablecoin private in dollari puntino a fare incetta di depositi europei e vede dei rischi per la scarsa trasparenza sulle riserve in dollari a garanzia di questi token – e dei cittadini dell’Unione. Sullo sfondo c’è però l’emancipazione dell’Europa da attori esterni come Visa, Mastercard (dove passano il 65% delle transazioni su carte degli europei), la cinese Alipay e, va da se, Paypal.
Aspetti critici
Nel suo ultimo rapporto annuale, la Banca dei regolamenti internazionali (BIS) dedica una sezione intera alle stablecoin. In estrema sintesi, l’istituto basilese sottolinea tre principali aspetti critici. Dapprima, la stabilità: le stablecoin spesso non riescono a mantenere un valore costante rispetto alle attività sottostanti (cioè le valute fiat), compromettendo la loro affidabilità come forma di denaro. Inoltre, a differenza delle monete delle banche centrali, le stablecoin non possono adeguare in modo flessibile la loro offerta in risposta ai cambiamenti economici a breve termine. Infine, la natura transfrontaliera e anonima delle stablecoin le rende vulnerabili a problemi di conformità (compliance), in particolare per quanto riguarda le normative KYC (know your customer). «Sebbene le stablecoin stiano colmando una lacuna creata dalla mancanza di connettività tra i sistemi di pagamento, possiamo sostenere che esse rappresentano, nella migliore delle ipotesi, una soluzione di ripiego. Nonostante siano promettenti, il loro ruolo nel sistema monetario e finanziario rimane poco chiaro». Così si è espresso Alexandre Tombini, rappresentante per le Americhe presso la BIS, negli scorsi giorni durante un convegno a Città del Messico. «Molti utenti oggi non sanno nemmeno cosa sia una stablecoin e va bene così: deve solo essere un modo per spostare valore, invisibile ma fondamentale», ha invece dichiarato di recente Jose Fernandez da Ponte, responsabile blockchain di PayPal.
Token digitali «reversibili»?
Circle Internet sta valutando modalità per invertire le transazioni che coinvolgono la sua stablecoin, USDC, secondo quanto riportato giovedì dal «Financial Times» (FT). L’emittente della seconda criptovaluta ancorata al dollaro (dopo il tether) starebbe «valutando attentamente (...) se esiste oppure no la possibilità di invertire le transazioni (...), consentendo il rimborso delle transazioni in caso di frode o controversie, analogamente a quanto avviene nella finanza tradizionale», ha dichiarato al FT il presidente della società, Heath Tarbert. Un tale sviluppo potrebbe non essere gradito ai puristi delle criptovalute, in quanto sarebbe l’antitesi della decentralizzazione che sta alla base delle criptovalute.