L'analisi

Sul profondo rosso della BNS pesa il caos di Donald Trump

Il nostro istituto centrale ha registrato una perdita di 15,3 miliardi nel primo semestre, dovuta in gran parte alla flessione delle valute estere – Il dollaro da fine marzo a fine giugno si è indebolito da 88 centesimi di franco a 79 centesimi, anche sull’onda dei dazi e dell’incertezza causata dal tycoon
©Gabriele Putzu
Roberto Giannetti
01.08.2025 21:00

La Banca nazionale svizzera (BNS) ha accusato una perdita di 15,3 miliardi di franchi nel primo semestre del 2025. A incidere sul risultato negativo sono state soprattutto le posizioni in valuta estera. Particolarmente difficoltoso è stato il secondo trimestre: fra aprile e giugno, la BNS ha messo a referto una perdita di 22,0 miliardi. Tra gennaio e marzo invece, era stato registrato un utile di 6,7 miliardi.

In questo ambito, pesa molto anche la politica commerciale di Donald Trump e le sue decisioni sui dazi, che hanno colpito pesantemente la Svizzera (dazi al 39%, vedi pagina 2 e 3). Infatti questa strategia sta indebolendo il dollaro americano, che è una valuta molto presente nel portafoglio della BNS. Secondo nostri calcoli, al 30 giugno 2025 le riserve valutarie ufficiali della BNS ammontavano a circa 713 miliardi di franchi, di cui il 37%, ossia 264 miliardi di franchi, erano denominati in dollari. Questo dovrebbe corrispondere a un totale di 324 miliardi di dollari circa.

Il dollaro perde quota

In questa situazione, ogni centesimo che il dollaro perde rispetto al franco svizzero, la BNS registra una perdita di cambio pari a 2,6 miliardi di dollari. E visto che, alla fine di marzo, prima che il presidente Donald Trump presentasse le sue decisioni in materia di dazi, un dollaro valeva poco più di 88 centesimi, e a fine giugno, era sceso a 79 centesimi, si può vedere che la perdita sulla posizione in dollari è superiore ai 20 miliardi di franchi.

Dal canto suo anche l’euro si è indebolito, ma la flessione è stata molto più blanda, ed è passato da 0,9570 franchi a 0,9340 franchi.

Visto che queste cifre erano in grandi linee note, la performance deficitaria nei primi sei mesi dell’anno non è una sorpresa. Settimana scorsa, gli economisti di UBS avevano infatti pubblicato una stima secondo la quale per la BNS si profilava una perdita compresa fra 10 e 20 miliardi di franchi.

In dettaglio, nel primo semestre la perdita sulle posizioni in valuta estera è ammontata a 22,7 miliardi, si legge in una nota, mentre quella sulle posizioni in franchi a 1 miliardi. D’altro canto, sulle disponibilità in oro si è osservata una plusvalenza di 8,6 miliardi. Come si vede, ha compensato solo in parte la perdita sulle valute.

Doccia fredda per i cantoni

Questi risultati, sebbene siano intermedi, visto che la distribuzione di utili a Confederazione e cantoni viene effettuata sulla base dei risultati annuali, rappresenta una doccia fredda per Berna e i vari cantoni. Infatti, alcuni analisti dei UBS negli scorsi giorni avevano previsto una perdita superiore ai 10 miliardi per la BNS, e notavano: «Sebbene la riserva di distribuzione dell’anno 2024 ammonti a 12,9 miliardi di franchi, questo capitale dovrebbe essere utilizzato per l’assegnazione alle riserve valutarie quest’anno. Pertanto la Banca nazionale svizzera, nella seconda metà dell’anno, dovrebbe almeno neutralizzare la perdita del primo semestre, affinché possa effettuare un pagamento il prossimo anno alla Confederazione e ai Cantoni». E questo non è affatto scontato, viste anche le incertezze internazionali che rafforzano il ruolo di bene rifugio del franco.

Ricordiamo per l’esercizio 2024 la Banca nazionale aveva deciso una distribuzione di 3 miliardi a Confederazione (un miliardo) e cantoni (due miliardi).

Nel suo comunicato la BNS ha ricordato anche che, stando alla legge, deve costituire accantonamenti che le consentano di mantenere le riserve monetarie al livello richiesto. Un modo per ricordare come la distribuzione dei profitti alla Confederazione e ai Cantoni non è da considerarsi garantita.

Ma come mai la BNS ha accumulato riserve valutarie così cospicue? Lo spiega lo stesso istituto. «A seguito della crisi finanziaria e debitoria, dal 2007 in avanti il franco ha subito una marcata pressione al rialzo, in quanto considerato dagli investitori esteri un bene rifugio e quindi fortemente richiesto. Per allentare questa pressione e scongiurare un ulteriore calo dell’inflazione, già alquanto bassa, la BNS ha effettuato per molti anni cospicui acquisti di valuta. Ciò ha attenuato l’apprezzamento del franco contribuendo a impedire che l’inflazione scendesse in territorio ancora più negativo. Con gli acquisti il bilancio della BNS è però cresciuto a dismisura: le riserve monetarie, pari ancora a 85 miliardi di franchi a fine 2007, a fine 2021 ammontavano a 1015 miliardi».

Dal 2022 calo delle riserve

«Viceversa - spiega ancora l’istituto - nel 2022 e 2023 la Banca nazionale ha impiegato queste riserve per contrastare un’accentuata pressione inflazionistica. Vendendo divise estere e così alimentando la domanda di franchi, la BNS ha consentito un certo apprezzamento della nostra valuta, cosa che ha attenuato il rincaro dei beni e servizi importati e dunque ridotto l’inflazione. Le vendite di valuta finalizzate al mantenimento della stabilità dei prezzi hanno contribuito alla contrazione del totale di bilancio della BNS durante il succitato biennio».

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