Svizzera, la lotta all’inflazione come fattore di crescita economica

L’economia svizzera sta meglio di quanto spesso venga detto da molti sia a livello internazionale sia, paradossalmente, anche in patria. La crisi del Credit Suisse è una triste vicenda che si è sviluppata nel corso degli ultimi anni e che però almeno nella sua fase finale è stata affrontata con rapidità e determinazione. Ora, attraverso l’acquisizione da parte di UBS, c’è una prospettiva chiara, non priva di ostacoli ma quantomeno dotata di più di un’opportunità.
L’andamento del PIL
Al di là di questa vicenda, c’è comunque l’economia elvetica nel suo complesso, una realtà diversificata composta da finanza, certo, ma anche e molto da industria e commerci. E resta un sistema Paese fatto in misura non secondaria anche di avversione all’inflazione, rigore nei conti pubblici, coesione sociale. Economia e Paese che, nell’attuale contesto internazionale di rallentamento economico e di tensioni geopolitiche, ancora una volta esprimono capacità di tenuta, come emerge dai dati su crescita economica, rincaro, disoccupazione.
Secondo le cifre della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), il Prodotto interno lordo elvetico corretto dagli eventi sportivi (la Svizzera è sede di grandi organizzazioni internazionali dello sport, che hanno un loro indotto economico) è cresciuto del 3,9% nel 2021 e del 2,1% nel 2022. Quanto al 2023, la previsione della SECO ad oggi è di una crescita dell’1,1%. Il forte progresso del 2021 è legato al rimbalzo arrivato dopo la caduta pandemica del 2020, durante la quale la Svizzera aveva peraltro limitato i danni, con un PIL sceso meno che in molti altri Paesi sviluppati. Nel 2022 c’è stato un inevitabile rallentamento, con una media annua però nel complesso ancora buona. Per quel che riguarda il 2023, c’è un altro rallentamento, ma tutte le previsioni - internazionali e nazionali - sin qui indicano che la Svizzera eviterà una recessione annua. Elemento questo importante e da non sottovalutare, sempre considerando il quadro mondiale.
La moneta robusta
Per quel che concerne l’inflazione, i dati della SECO e dell’Ufficio federale di statistica (UST) mostrano che la percentuale annua è stata dello 0,6% nel 2021 e del 2,8% nel 2022. Nel mese di aprile di quest’anno il rincaro su base annua è stato del 2,6%, in discesa rispetto ai mesi precedenti. Siamo ancora sopra quella fascia 0-2% che è l’obiettivo di fondo della Banca nazionale svizzera in tema di stabilità dei prezzi, ma le cifre indicano chiaramente che il Paese rimane molto al di sotto dell’inflazione registrata nelle principali aree economiche del mondo, nonostante l’aumento che anche qui c’è stato a partire dal 2022. La forza del franco, spesso in passato fonte di preoccupazione per l’export elvetico, in questa fase mostra con chiarezza uno dei suoi aspetti positivi, facendo da barriera contro l’importazione di inflazione.
Sul versante della disoccupazione, le cifre della SECO indicano una discesa: 3% nel 2021, 2,2% nel 2022, 2% nell’aprile di quest’anno. Il tasso di senza lavoro, rimasto comunque anche nelle fasi più negative inferiore a quelli delle maggiori aree economiche mondiali, è stato ulteriormente limato nel corso del 2022 e in questa prima parte del 2023. L’ideale teorico sarebbe certamente avere zero disoccupazione, ma si sa che questo è nella realtà impossibile, per via dei cambiamenti nelle attività economiche e di domande e offerte di lavoro che non sempre possono incontrarsi automaticamente. L’importante è però tenere il più basso possibile il tasso di disoccupazione e il quadro del mercato del lavoro elvetico resta in effetti non lontano da una situazione di piena occupazione, con oscillazioni tutto sommato ristrette nelle differenti fasi.
La prospettiva
Tra i fattori che più emergono in questa fase c’è il legame tra solidità della crescita economica nel lungo periodo e basso livello di inflazione. La Svizzera è uno degli esempi maggiori da questo punto di vista. Il rincaro contenuto è stato in passato ed è ancora un elemento che gioca a favore di una continuità nel tempo della crescita, anche perché dà certezze sia ai consumi sia agli investimenti. I salari reali svizzeri l’anno scorso sono stati intaccati, seppur decisamente meno che altrove e dopo anni di tenuta, proprio dal rincaro più alto del solito e ciò dovrebbe far pensare chi tende ad accettare, sbagliando, più inflazione. È dunque importante che prosegua la lotta contro l’inflazione da parte delle banche centrali, sino al rientro negli argini. L’aumento dei tassi di interesse, strumento non secondario contro il rincaro, certo pone alcuni problemi, ma l’alternativa non è migliore: stare a lungo con un’inflazione non bassa finirebbe per frenare ancor più la crescita economica, con danni maggiori.
«La resilienza elvetica resta forte, grazie anche alla diversificazione»
L’economia svizzera sta tenendo, per certi aspetti anche più di quanto avessero indicato nei mesi scorsi molte previsioni. È chiaro che il rallentamento economico internazionale inevitabilmente si fa sentire anche alle latitudini elvetiche. Ma la crescita economica, seppur rallentata, in Svizzera c’è stata ancora e dalla gran parte delle stime attuali emerge che con ogni probabilità qui non ci sarà recessione annua.
Rotta da seguire
Secondo le previsioni di aprile del Fondo monetario internazionale, il PIL elvetico salirà dello 0,8% nel 2023 e dell’1,8% nel 2024; la SECO dal canto suo a marzo ha indicato 1,1% per quest’anno e 1,5% per l’anno prossimo. Sulle ragioni di fondo della capacità elvetica di tenuta economica, già mostrata più volte in passato e ora confermata, abbiamo sentito Marco Huwiler, CEO di Accenture Svizzera. «La forte resilienza della Svizzera sul piano economico – dice Huwiler – ha diverse ragioni. Tra le principali, indicherei la diversificazione: l’economia elvetica non è dipendente da un solo settore, è invece un mix eccellente di industria, finanza, commerci. Occorre poi considerare l’ottimo quadro per la formazione della forza lavoro, a vari livelli. Inoltre, la Svizzera ha mostrato un’ampia capacità di innovazione, il che rafforza direttamente l’economia e consente una ancor maggiore valorizzazione dei talenti di cui il Paese dispone già di suo e che continua anche ad attrarre da altri Paesi».
Giustamente si guarda anche avanti, ci si interroga pure su quello che sarà il futuro elvetico. Per il CEO del ramo svizzero di Accenture, multinazionale attiva nel settore della consulenza strategica, il percorso individuato resta nella sostanza valido. «Per il futuro bisogna continuare lungo la rotta seguita sin qui – afferma Huwiler – cercando di rimanere sempre al top. Direi che una particolare attenzione va data allo sviluppo delle infrastrutture digitali. Su questo versante siamo all’inizio, pensiamo ad esempio alle grandi potenzialità legate al 5G nelle telecomunicazioni o alle ampie possibilità che può fornire la digitalizzazione nel ramo cura della salute. Il sistema Svizzera, così capace di rimanere all’avanguardia in molti segmenti, deve ora saper giocare al meglio le sue carte anche nell’ulteriore evoluzione delle tecnologie, ciò vale sia per il settore privato sia per quello pubblico».
C’è anche un equilibrio da mantenere tra grandi e piccole-medie imprese, senza sottovalutare l’importanza delle prime ma anche tenendo presente la rilevanza delle seconde. «In Svizzera ci sono alcune importanti multinazionali, ma una parte molto ampia dell’economia – sottolinea Huwiler – è fatta da piccole e medie imprese. Una larga presenza di queste ultime è positiva ed è cruciale. Non sempre si ricorda adeguatamente che l’innovazione non viene solo dalle pur rilevanti grandi imprese, spesso viene proprio da molte imprese di piccole e medie dimensioni, capaci di affermarsi sul mercato domestico ma in tanti casi anche sui mercati internazionali».
Il cantone
All’interno del quadro elvetico, c’è il ruolo del Ticino, spesso oggetto di discussioni tra quanti affermano che il cantone è per molti aspetti messo male e quanti invece ritengono che abbia nel complesso una buona posizione e molte opportunità. Huwiler è su questo secondo versante. «Negli ultimi due-tre anni – dice il CEO di Accenture Svizzera– abbiamo ampliato le nostre attività in Ticino. Penso che il cantone sia ben posizionato dal punto di vista economico ed offra buone opportunità. C’è un potenziale interessante per un ulteriore sviluppo del tessuto economico ticinese, favorito sia dalle imprese attive in diversi settori sia dalla presenza di centri competenza, tra i quali l’USI e la SUPSI. Credo che il Ticino possa trattenere o far rientrare i suoi talenti. Nel quadro delle attività in Svizzera il nostro gruppo sta investendo anche in Ticino e per i nostri impieghi nel cantone guardiamo anzitutto alla forza lavoro residente».