Un'IA al servizio dell'uomo con sane pratiche digitali

Ci vogliono circa 23 minuti per recuperare completamente la concentrazione dopo essere stati distratti da una notifica del proprio dispositivo cellulare. Il dato emerge da uno studio condotto dalla UCLA (University of California, Los Angeles) e fa capire bene quanto, nell’odierna società iper-digitalizzata, sia importante, forse anche imperativo, imparare a gestire l’utilizzo delle tecnologie digitali affinché esse siano al nostro servizio e non il contrario. Ne va della preservazione della nostra salute mentale e fisica, oltre che della capacità di relazionarci con le persone, anche (e forse soprattutto) in modalità «offline».
Al «benessere digitale», più precisamente sul come coniugare innovazione tecnologica e benessere sul posto di lavoro, era dedicato il terzo incontro organizzato nell’ambito del progetto «Lugano sostenibile», promosso dalla Divisione economia del DFE e dalla Divisione socialità della Città di Lugano e, per l’occasione, in collaborazione con l’associazione HR Ticino. «Si tratta di dare uno sguardo su queste tecnologie, non guardando semplicemente i numeri ma anche le persone», ha affermato, davanti ai quasi 200 partecipanti accorsi al Palazzo dei Congressi Lugano, Christian Vitta, consigliere di Stato e direttore del DFE.
Utilizzo consapevole
Più nel dettaglio sul tema del benessere digitale è intervenuto Alessandro Trivilini, esperto di sicurezza e tecnologie digitali, che ha posto l’accento sulla necessità di trovare un equilibrio tra tecnologia e uomo tramite un utilizzo consapevole e la formazione.
L’esperto ha illustrato le buone pratiche di «igiene digitale» che lavoratrici e lavoratori - e aziende - possono adottare per interagire in modo consapevole e responsabile con l’IA. Anzi, per «relazionarsi»: l’IA, infatti, ha ridefinito il rapporto tra uomo e macchina, con il primo che tende a «delegare» sempre più compiti ai cosiddetti «agenti» (come i chatbot), senza considerare che le applicazioni installate sui dispositivi potrebbero «vedere» e «ascoltare» informazioni sensibili, sollevando interrogativi cruciali sul consenso. Per garantire una relazione consapevole e responsabile con questi strumenti gli «igienisti digitali» propongono alle aziende di dotarsi di protocolli interni chiari e agli utenti di evitare l’inserimento di dati riservati nei prompt (le «domande» che si pongono nei chatbot), di verificare i contenuti generati e utilizzare esclusivamente software approvati. L’IA, ha suggerito Trivilini, deve essere trattata come un vero e proprio «utente aziendale», con ruoli ben definiti e accessi regolamentati, sia tecnici, sia comportamentali, stabilendo quindi se debba agire come semplice content generator oppure come un decision maker.
Aziende e digitalizzazione
All’incontro sono stati presentati anche i risultati di un sondaggio condotto da HR Ticino, offrendo uno sguardo su come le imprese ticinesi affrontano il tema della «responsabilità digitale». La presidente dell’associazione, Monica Malnati, ha illustrato come l’area aziendale in cui si usano maggiormente gli strumenti digitali è quella della gestione amministrativa e finanze, seguita dalle attività di human resources e infine dalla comunicazione interna. Gli strumenti più utilizzati sono l’e-mail (e sistemi di messaggistica), i programmi gestionali e i sistemi di archiviazione e condivisione di documenti nel cloud. Per contro, sistemi di IA (come ChatGPT ecc.) sono utilizzati solo da metà delle aziende interpellate, così come sono ancora poco diffusi i sistemi di business intelligence (analisi dati), specie presso le realtà più piccole. Malnati ha anche illustrato le criticità della trasformazione digitale, con in primis la resistenza al cambiamento e le difficoltà di alcuni dipendenti - e anche dirigenti - nell’adattarsi alle nuove tecnologie e processi digitali, un fenomeno che riguarda quasi 6 aziende su 10. Ma anche il sovraccarico informatico, cioè l’eccesso di notifiche (e-mail e messaggi ecc.) che genera stress e riduzione della concentrazione.
In conclusione, la presidente di HR Ticino ha osservato come la cultura digitale sia ancora in evoluzione, con differenze significative tra PMI e grandi aziende in termini di maturità tecnologica e risorse disponibili. Inoltre, emerge chiaramente la necessità di valorizzare il Capitale Umano attraverso formazione continua, supporto al cambiamento e politiche che tutelino il benessere dei dipendenti.
