Era una guardia del Papa, è finito in un mare di accuse

È una cassaforte piena di colpi di scena il processo in corso a Lugano sulla società di gestione patrimoniale che fra il 2006 e il 2009, secondo gli inquirenti, ha danneggiato svariati suoi clienti per quasi 14 milioni di franchi. Nel primo giorno del dibattimento aveva tenuto banco l’assenza di uno degli imputati: un cinquantatreenne italosvizzero residente negli Stati Uniti e direttore a suo tempo della SA incriminata. Pur di averlo in aula, gli altri quattro imputati nonché suoi ex collaboratori gli avrebbero pagato le spese per il viaggio dagli USA e il pernottamento in Ticino. Inutile: non verrà mai. La giudice Francesca Verda Chiocchetti ha deciso di proseguire il processo nei suoi confronti in contumacia. Frugando negli archivi dei quotidiani d’oltreoceano, intanto, emerge che l’uomo lo scorso agosto è stato al centro di una bufera che lo ha portato a dimettersi dal suo ruolo di decano della Cameron School of Business dell’Università di Saint Thomas a Houston, in Texas.
Una nomina controversa
Il cinquantatreenne, come riportano i colleghi dello Houston Chronicle, ha lasciato il ruolo tra le accuse di aver falsificato le sue credenziali scolastiche. Nello specifico, secondo le verifiche effettuate nella scuola americana, l’università dove lui diceva di aver ricevuto un dottorato non offrirebbe questo genere di titolo, mentre l’istituzione in cui sosteneva di aver ottenuto un bachelor sarebbe in realtà un liceo. Dei dubbi sull’opportunità di affidargli la carica erano sorti già due anni fa, quando un comitato di ricerca della Saint Thomas aveva dato un preavviso sfavorevole alla sua nomina a decano, sostenendo che non fosse abbastanza qualificato. Il cinquantatreenne era stato comunque scelto, ma dopo qualche tempo, non condividendo il suo stile di leadership, alcuni colleghi avevano cominciato ad indagare sul suo curriculum. Così avevano innescato il «domino» che ha portato alle sue dimissioni.
A fianco di Wojtyla
Ma cosa contiene il suo CV? Sul sito web dedicato a un suo libro autobiografico, leggiamo che l’uomo è stato musicista, guardia svizzera, banchiere e fiduciario fiscale. È tutto vero: ha fatto parte nei primi anni Duemila di una Filarmonica del Luganese, ha assistito per alcuni anni Papa Giovanni Paolo secondo, ha lavorato per una banca elvetica e diretto una società di gestione patrimoniale: quella al centro del processo di Lugano. «Voleva introdurre il gelato autentico nel New England – prosegue la descrizione trovata online – invece insieme a sua moglie, non avendo trovato opzioni educative adeguate per i loro figli, ha fondato un’accademia classica nel New Hampshire. Ha poi trascorso diversi anni lavorando nell’istruzione superiore. Ora dedica tutto il suo tempo a viaggiare in tutto il mondo, fornendo laboratori e coaching per il clero nel campo dell’amministrazione e della gestione ecclesiale. Può anche essere trovato a parlare a conferenze o ritiri di uomini dove racconta come Papa Giovanni Paolo II lo ha aiutato a diventare un uomo migliore».
Andava tutto bene (invece no)
Per la procuratrice pubblica Anna Fumagalli è semplicemente l’imputato principale della vicenda che ha portato decine di persone a perdere i loro risparmi. I loro investimenti, come spiegavamo sul giornale di martedì, generavano delle perdite, ma i gestori patrimoniali non li avvertivano. Anzi, per poter continuare ad amministrarne i soldi, mostravano loro dei falsi rendiconti secondo cui tutto stava andando a gonfie vele. La società, nel frattempo, usava il denaro per operazioni che le garantivano di incassare delle retrocessioni (indennità di distribuzione di fondi) dalle banche con cui collaborava. Soldi, questi ultimi, che spettavano ai clienti, e che invece venivano in parte prelevati e in parte distribuiti ai dipendenti.
Verso il verdetto
Tramite il suo difensore d’ufficio Michele Rusca, il cinquantatreenne trasferitosi negli States ha contestato l’accusa di amministrazione infedele, ammettendo per contro la falsità in documenti. La tesi difensiva, come spiegatoci da Rusca, è che il danno finanziario ai clienti non sia stato causato da una malafede dai gestori, né tantomeno dai rendiconti falsi, ma sostanzialmente dalla crisi finanziaria scoppiata nel 2008. Per questo l’avvocato ha chiesto una riduzione massiccia della pena di ventiquattro mesi sospesi proposta dalla procuratrice Fumagalli per il cinquantatreenne e per gli altri imputati. I loro patrocinatori, gli avvocati Yasar Ravi, Nadir Guglielmoni, Diego Della Casa e Giovanni Molo, si sono battuti in due casi per una riduzione della pena e negli altri due per il proscioglimento dei loro assistiti, in quanto erano stati licenziati un anno prima che si concludessero i presunti illeciti. La sentenza è attesa per giovedì prossimo.