«Far nascere il LAC è stato un travaglio e allora sì, sono sua mamma»

Oggi (e fino a domenica) il LAC festeggia i 10 anni di vita. Ma la sua nascita, nel 2015, «è stata un travaglio e allora sì - dice al CdT, l’ex capo dicastero cultura di Lugano, Giovanna Masoni - mi percepisco davvero come la sua mamma».
Mamma e non madrina, dunque, come l’hanno già soprannominata in passato.
«Sono una libera pensatrice, preferisco la metafora usata in Svizzera interna: la «mamma» del LAC, «die Mutter des LAC». Un appellativo di cui sono onorata. Anche se...».
Anche se?
«In realtà genitori del LAC sono innanzitutto i contribuenti che lo hanno pagato, i finanziatori pubblici e privati e tutti coloro che lo frequentano e lo fanno vivere. Oggi moltissime madri e padri hanno adottato il LAC, proprio come avevo auspicato il giorno dell’inaugurazione».
Si aspettava tutto questo successo?
«Dal 2004 al 2016 abbiamo intensamente lavorato per questo successo. Volevamo dare solide basi a quello che alla prima pietra, nel 2008, si chiamava ancora NCCL (Nuovo Centro Culturale di Lugano), e che poi abbiamo ribattezzato LAC (Lugano Arte e Cultura)».
In cosa è consistito il vostro lavoro?
«C’era da pensare a tutto, contenuti e contenitore: dalla politica culturale all’organizzazione, al finanziamento pubblico e privato, al business plan, alla comunicazione, all’inaugurazione; e naturalmente al controllo ferreo dei costi per chiudere il cantiere senza un franco di sorpasso, come ci riuscì».
E poi?
«Parallelamente ci siamo dedicati al business plan, ai contributi pubblici, all’autofinanziamento, a sponsor e mecenati, per rendere il LAC sostenibile. E poi naturalmente, abbiamo lavorato sul controllo del cantiere, sulla costruzione, sul controllo ferreo dei costi, per chiudere, ciò che è avvenuto, nei preventivi, senza un franco di sorpasso. E infine, l’inaugurazione».


Nessun timore?
«Da una parte avevamo la tranquillità di chi ritiene di aver fatto tutto quanto doveva e poteva essere fatto. Dall’altra avevamo però anche l’ansia del vero esame: quello del pubblico e degli artisti. Solo quando abbiamo visto, quel 12 settembre 2015, la reazione delle oltre 30.000 persone che avevano voluto essere presenti all’inaugurazione, ci siamo detti, con Michel Gagnon, Lorenzo Sganzini, Milo Piccoli, «È fatta !». Ma non solo».
Cos’altro?
«Anche la reazione degli artisti e delle artiste è stata pure una importantissima conferma. Ma la prima bellissima conferma era stata quella dei bambini, bambine, ragazzi e ragazze delle scuole, cui avevamo steso nelle settimane precedenti l’inaugurazione, il tappeto rosso».
Il LAC le ha regalato anche qualche sorpresa inaspettata?
«La sorpresa più bella me la fece una signora che non conoscevo e che un giorno mi ha fermata mentre ero in bicicletta: «Sciura Masoni, sciura Masoni, mì a sum da Pregassona, devi diigh ‘na roba. La sàa, l’è propi bel ul noss LAC. A vu là tücc i settimàn, ma sa seti giò in sü la scala, vardi föra e pensi: «che bel ul me LAC, l’u pagàa un po’ anca mìi»»: un bel pensiero e quasi una poesia per il LAC, mi piacerebbe ritrovare quella signora, magari leggerà questa intervista».
Oggi si festeggia, ma il clima attorno al centro culturale non è stato sempre idilliaco. Cosa si sente di dire al riguardo?
«Che il tempo è galantuomo e mi fermo qui. Mi sono imposta 10 anni di silenzio e in questi giorni di festa, mi piace ricordare che il credito per la costruzione fu approvato all’unanimità in Consiglio Comunale, con un solo astenuto. Anche se, confesso, la tentazione di scrivere la vera storia del LAC , o almeno un dizionario appassionato del LAC, c’è.
Quindi scriverà un libro sulla vera storia del LAC?
«Chissà, forse per i 15 o i 20 anni del LAC. In questo periodo, un’altra battaglia mi impegna e mi sta molto a cuore, molto importante per la Svizzera Italiana (e la Svizzera tutta): quella per il servizio pubblico radiotelevisivo, che è oggi a rischio per i tagli già decisi dalla politica e per quelli che incombono, minacciosi, con l’iniziativa 200 franchi (NON) bastano».


C’è qualcuno che si sente di ringraziare dieci anni dopo l’inaugurazione?
«Oggi dobbiamo ringraziare Giorgio Giudici, che ebbe l’idea, e politici e collaboratori e funzionari coraggiosi, che si sono battuti lavorando per anni sotto una pressione al limite dell’intimidazione, tirando dritto; e poi anche quella maggioranza silenziosa che si è manifestata alle elezioni comunali, e poi adottando dubito il LAC, dal primo giorno».
Quali sono state le principali difficoltà affrontate?
«La prima difficoltà stava nella complessità del mondo culturale, con tanti attori diversi, pubblici e privati. Pensiamo, per fare un solo esempio, alla fusione fra loro dei due musei d’arte della città, e poi con il Museo cantonale, a costituire l’odierno Museo d’Arte della Svizzera Italiana Lugano, il MASI. Altra difficoltà era l’entità e l’estrema complessità del cantiere edile, mai sino ad allora affrontata: dalla vasca bianca, perché - ricordiamolo- buona parte dell’edificio è proprio nel lago, all’acustica della sala principale, alla logistica, agli impianti tecnici e scenotecnici».
La seconda difficoltà?
«Tenere sempre dritta la barra dell’interesse pubblico significava anche dover tenere a bada ditte, imprese e professionisti: tutti attori molto forti del settore immobiliare. E il progetto e l’appalto LAC, per la loro entità, avevano comprensibilmente scatenato l’interesse ma anche gli appetiti e il fuoco incrociato di molti, che arrivavano anche in Consiglio comunale e regolarmente in Municipio».
Raggiunto un traguardo, è inevitabile guardare anche al futuro. Cosa immagina nel futuro del LAC?
«Non è il mio ruolo, immaginarne il futuro. Al ruolo politico, che, inteso correttamente, è solo quello di creare e favorire le condizioni quadro affinché un centro culturale si possa sviluppare, ho rinunciato da quasi 10 anni, non mi compete più. Per quello artistico non ho le competenze. Ma da mamma del LAC e da privata cittadina apprezzo chi si impegna per il buono sviluppo del nostro paese e quindi anche per il LAC, che in 10 anni è cresciuto bene. Auguro quindi buon compleanno al LAC e lunga vita al LAC».