Forzata ad un rapporto umiliante: «Proposta di pena inadeguata»

«Questo atto d’accusa è lo specchio di una violenza inaudita. Non ci sono parole più incisive per definire quanto successo». Il commento del giudice Mauro Ermani fa solo lontanamente intuire il grado di sofferenza che la vittima ha subito. Il 35.enne del Sopraceneri comparso oggi alla sbarra per sostenere un processo secondo il rito abbreviato ha ammesso i fatti a lui imputati, ma la pena concordata dalle parti non è stata ritenuta sufficiente dalla Corte delle Assise criminali di Bellinzona (giudici a latere Emilie Mordasini e Aurelio Facchi). La procuratrice pubblica Valentina Tuoni e l’avvocato Marco Masoni hanno infatti proposto una pena di 3 anni, di cui 6 mesi da espiare. Il resto sospeso per un periodo di due anni. «Una pena del genere è manifestamente inferiore rispetto a quello che la giurisprudenza ci ha insegnato in questi anni. Non è ammissibile accettarla per un crimine del genere. A maggior ragione se parzialmente sospesa», ha spiegato il presidente della Corte. Per una compagna trasformata in vittima attraverso un rapporto di carattere sessuale brutale, non voluto e umiliante perpetrato da un uomo non curante delle sue lacrime e delle suppliche, la Corte ha ritenuto dunque opportuno rimandare tutto al Ministero pubblico. L’imputato è stato invece restituito alla sua cella, dove si trova dal 22 giugno.
«Ti faccio quello che voglio»
Sebbene il 35.enne in aula si sia detto profondamente dispiaciuto del dolore causato, le parole pronunciate la notte dell’8 maggio scorso rivolte alla donna sono state però ben diverse: «Ti faccio quello che voglio e se ti sposti le prendi». È quanto successo durante un litigio sfociato al ritorno da una festa, sebbene gli episodi di violenza fossero iniziati tempo prima. Maltrattamenti fisici di ogni genere reiterati, tanto da spingere la donna a cercare le prove di quanto stava succedendo all’interno della coppia attraverso una registrazione. Mai avrebbe pensato però che quella notte il suo partner si sarebbe spinto ben oltre. «Grazie al percorso psicologico iniziato in carcere ho capito che dopo il mio divorzio ho iniziato a soffrire e a sfogarmi su altre persone facendo loro del male».
Vittima infatti è stata anche un’altra donna, a cui l’uomo ha rotto il setto nasale con una testata nel 2017. Il giudice Ermani ha però ricordato all’imputato che la sua collaborazione è iniziata solo dopo aver sentito la registrazione. Nonostante l’assenza di precedenti specifici, è stata considerata dalla Corte anche l’assenza di scemata imputabilità così come una prognosi non rassicurante di recidiva. «Anche in aula l’assunzione di responsabilità è parsa più formale che altro. Senza contare un serio problema con l’alcool che facilita a sprigionare la sua aggressività».