Frontalieri e telelavoro: una base legale che impedisca l'erosione delle entrate fiscali

A causa della diffusione del telelavoro, specie tra i frontalieri, è necessaria una base legale solida che impedisca l'erosione delle entrate fiscali spettanti alla Confederazione. Un obiettivo condiviso anche dal Consiglio degli Stati che ha approvato senza opposizioni una legge ad hoc che applica le soluzioni già negoziate separatamente con la Francia e l'Italia. Il dossier è pronto per le votazioni finali.
Come noto, ha ricordato in aula Tiana Moser (Verdi liberali/ZH) a nome della commissione, in seguito della pandemia in Svizzera è aumentato fortemente il ricorso al telelavoro, specie nel settore terziario. Si tratta di una tendenza destinata a durare, che riguarda in particolare i frontalieri. Tale situazione, tuttavia, cozza contro il diritto fiscale.
Le convenzioni per evitare le doppie imposizioni prevedono infatti che l'attività lavorativa dipendente venga tassata nello Stato in cui si è svolta fisicamente. Con il telelavoro sarebbe dunque competente il Paese di residenza dell'impiegato e non quello dove ha sede il datore di lavoro. La Svizzera rischia di perdere entrate fiscali alla luce anche delle centinaia di migliaia di frontalieri che ogni giorno attraversano il confine per motivi di lavoro.
Per risolvere il problema, la Svizzera ha negoziato accordi con l'Italia e la Francia, due degli Stati confinanti che contano il maggior numero di frontalieri. Grazie a queste intese il telelavoro di un frontaliere può continuare a essere imposto in Svizzera fino a un certo limite (in Italia fino al 25% del tempo di lavoro annuale, in Francia fino al 40%). La nuova Legge federale sull'imposizione del telelavoro in ambito internazionale permetterà di creare le relative basi legali a livello nazionale.
Sebbene la legge non sia stata contestata da alcuno, il «senatore» Fabio Regazzi (Centro/TI), fra l'altro presidente dell'Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM), ha fatto notare che la legge creerà nuovi compiti all'economia, specie per le piccole e medie imprese, perché dovranno fare attenzione a che non si superino i tempi di lavoro trascorsi in home office. A tale riguardo, Regazzi spera in un applicazione pragmatica della normativa per le ditte, quest'ultime già confrontate con carenze a livello di forza lavoro.
Come al Nazionale, il plenum ha approvato anche la regolamentazione che riguarda i marittimi, ossia di quelle persone che lavorano sulle navi. Il progetto governativo prevede infatti un'aggiunta alla normativa attuale in cui si precisa che i marinai a bordo di navi d'alto mare registrate nella confederazione - quindi che battono bandiera svizzera - siano esentati dall'imposta alla fonte.
Fino al 40% per i frontalieri francesi
I frontalieri francesi potranno lavorare da casa (massimo 40%) venendo totalmente tassati in Svizzera. Quest'ultima verserà però a Parigi il 40% delle tasse riscosse sulle retribuzioni. È quanto prevede una modifica all'accordo con Parigi per evitare le doppie imposizioni approvato oggi dal Consiglio degli Stati. Il dossier è pronto per le votazioni finali.
Come noto, in seguito della pandemia in Svizzera è aumentato fortemente il ricorso al telelavoro, una tendenza che per il governo lascerà un segno duraturo sul mondo del lavoro. Ciò vale anche per i frontalieri, il cui lavoro a domicilio va però a cozzare contro il diritto fiscale, ha spiegato in aula la «ministra» delle finanze Karin Keller-Sutter.
Per garantire che il telelavoro dei frontalieri francesi (230 mila) possa continuare ad essere tassato in Svizzera - senza quindi perdere substrato fiscale, ha fatto notare la consigliera federale sangallese - occorre modificare la legislazione. Le convenzioni per evitare le doppie imposizioni (CDI), ha spiegato, prevedono infatti che l'attività lavorativa dipendente venga tassata nello Stato in cui si è svolta fisicamente. Con il telelavoro sarebbe dunque competente il Paese di residenza dell'impiegato e non quello dove ha sede il datore di lavoro.
Per risolvere il problema, la Svizzera ha negoziato un accordo con la Francia - accordo aggiuntivo alla Convenzione tra la Svizzera e la Francia per evitare le doppie imposizioni (CDI) - simile a quello con l'Italia. L'intesa suggella una prassi già in atto dallo scoppio della pandemia di coronavirus.
L'intesa prevede che le retribuzioni connesse al lavoro in home office siano tassate nello Stato del datore di lavoro. La nuova soluzione dispone, inoltre, che lo Stato del datore di lavoro trasferisca a quello di domicilio del lavoratore il 40% - con l'Italia è il 25% - delle tasse riscosse sulle retribuzioni che il collaboratore ha percepito lavorando da casa. Al fine di garantire l'applicazione delle nuove disposizioni è previsto uno scambio automatico di informazioni relative ai dati salariali.