Frontalieri, Maggi "corregge" Baranzini

BELLINZONA - Salari dei frontalieri a confronto con le retribuzioni percepite dai residenti. Ecco due interpretazioni contrapposte sui dati forniti dalla SECO, nell'articolo che segue e nel box sotto. il direttore dell'IRE Rico Maggi e i colleghi ricercatori Moreno Baruffini e Davide Arioldi rispondono al professore dell'USI Mauro Baranzini e alla docente della SUPSI Amalia Mirante.
«La statistica non mente. La statistica ci fornisce i dati...», è la condivisibile opinione di Amalia Mirante e Mauro Baranzini contenuta nell'articolo «Frontalieri e residenti: le differenze salariali», pubblicato nel Corriere del Ticino dello scorso venerdì 8 luglio. L'intervento è tuttavia costruito su di un'affermazione inesatta, laddove si dichiara che i frontalieri in Ticino e nell'Arco giurassiano avrebbero guadagnato nel 2014, secondo la SECO, «solo» il 6% in meno rispetto alla popolazione residente (IL CONTRIBUTO INTEGRALE NEL BOX QUI SOTTO).
Andando a leggere il paragrafo 4.4.6 «Evolution des salaires et écarts salariaux dans les grandes régions» del rapporto della SECO, da pagina 60 in avanti, si può vedere come in realtà sia riportata e utilizzata la corretta banca dati (la Rilevazione della struttura dei salari RSS dell'Ufficio federale di statistica) e venga indicato il corretto scarto salariale assoluto, pari al 25,6%, tra i lavoratori frontalieri e gli svizzeri o stranieri residenti in Ticino (Tabella 4.7 del rapporto).Il 6% citato da Baranzini e Mirante, che si trova riportato nel comunicato stampa della SECO, si riferisce invece al risultato del Ticino e dell'Arco giurassiano per quanto riguarda lo scarto salariale non spiegato dagli altri fattori utilizzati nel modello di analisi econometrica. La mediana dei salari è influenzata nelle diverse regioni svizzere da fattori strutturali, che si differenziano nella loro rispettiva intensità: si tratta, ad esempio, del livello di qualifiche della forza lavoro locale e straniera, delle loro caratteristiche demografiche (età, sesso, anzianità di lavoro), del diverso peso dei rami economici all'interno dell'economia regionale. Un'analisi tramite regressione permette di rimuovere l'influenza di questi fattori osservabili. Le stesse tecniche sono utilizzate in medicina per diagnosi e testare la validità di farmaci e in numerosi altri ambiti professionali, oltre alle scienze sociali, e costituiscono la base di qualsiasi valutazione oggettiva basata su metodi scientifici. Quel 6% circa rappresenta quindi la differenza salariale legata al fatto di essere un frontaliere in Ticino. In parole più semplici, considerando un lavoratore svizzero (o straniero residente) e un lavoratore frontaliere con le stesse identiche caratteristiche di età, competenze, esperienza, ecc. si trova una differenza, non spiegabile dai fattori osservati del 6,5% circa.
Al fine di approfondire lo studio della SECO, abbiamo richiesto agli autori i valori dei coefficienti stimati nel loro modello, che ci hanno permesso di calcolare l'impatto percentuale sul salario delle diverse caratteristiche tra frontalieri e popolazione residente. È stato quindi possibile scomporre il differenziale complessivo della media dei salari in funzione delle diverse caratteristiche tra le due popolazioni, ovvero tra svizzeri (e stranieri residenti) e frontalieri. È possibile perciò osservare come il minore livello medio di istruzione dei frontalieri abbia un impatto sulla media dei salari del -6,1% rispetto alla popolazione composta da svizzeri e stranieri residenti che presenta un livello di istruzione più elevato. Allo stesso modo, le differenze nelle qualifiche ricoperte (più elevate per gli svizzeri e stranieri residenti rispetto ai frontalieri) sono la causa del differenziale negativo pari al -3,6% tra la media dei salari degli svizzeri e stranieri residenti e la media dei salari dei frontalieri.La differenza nei settori dove sono occupati gli svizzeri o residenti stranieri e i frontalieri spiega invece il -9% circa del differenziale salariale. Anche le differenze nell'esperienza e nell'età (i frontalieri sono mediamente più giovani e con meno esperienza) hanno un impatto negativo sul differenziale salariale. L'unico fattore che produce una convergenza tra la media dei salari delle due popolazioni è la composizione di genere. Essendo il numero di donne con permesso G inferiore rispetto al numero di donne occupate svizzere o straniere residenti, l'impatto sulla media dei salari dei frontalieri è positivo, in quanto – purtroppo – le donne percepiscono, ancora oggi, salari inferiori rispetto agli uomini a parità di qualifiche.
Rimane infine questo 6,5% che si riferisce al fatto di essere un frontaliere in Ticino, in merito al quale la tanto criticata SECO commenta: «Dans ces régions, les estimations indiquent des écarts salariaux non négligeables entre les frontaliers et la population active résidente aux caractéristiques similaires, qu'aucun facteur salarial objectif ne saurait expliquer» («In queste regioni, le stime indicano significativi divari salariali tra i frontalieri e la forza lavoro residente avente caratteristiche simili, che nessun fattore salariale obiettivo può spiegare»).Concordiamo dunque che la statistica non mente, ma aggiungeremmo anche che occorre leggere in maniera completa e attenta le analisi che vengono costruite e analizzare sempre con attenzione i diversi contributi scientifici sul mercato del lavoro, per non contribuire a polemiche inutili.