Gabriele Pinoja fa mea culpa

Il presidente dell’UDC: «Che errore attaccare chi ci stava vicino»
"Assumere la carica di presidente di un partito è un impegno notevole"
Gianni Righinetti
21.01.2016 05:05

Al congresso in agenda domenica 24 gennaio Gabriele Pinoja lascia la presidenza della sezione cantonale dell'UDC, ma non abbandona la politica. Anzi, in questa intervista al Corriere del Ticino a tutto campo, ammette che la carica ricoperta dall'autunno del 2011, paradossalmente, gli ha tolto tempo prezioso per fare politica attiva, nelle Commissioni e in Parlamento. Per il futuro fa l'occhiolino al suo attuale vice Piero Marchesi.

Quattro anni alla presidenza dell'UDC bastano e avanzano?

«Assumere la carica di presidente di un partito è un impegno notevole. Nel 2007 la rifiutai, poi , a seguito di un tacito accordo col mio predecessore Pierre Rusconi, nel novembre 2011 l'accettai. Mi ero posto l'obiettivo di dirigere il partito per una legislatura. La carica porta via, paradossalmente, tantissimo tempo alla politica e questo mi dispiace. Mi piace far politica e muovermi all'interno della stessa nelle attività commissionali ed in Parlamento. Quindi, in questo senso quattro anni bastano, se, come nel mio caso, si vuole continuare l'attività in Parlamento».

L'alleanza La Destra poteva essere la chiave di volta del suo quadriennio. Invece uniti non siete risultati più forti. Insomma, un clamoroso flop?

«Credo che in futuro sia necessario, soprattutto fino a quando non avremo un sistema d'elezione maggioritario, trovare delle alleanze di area. La frammentazione in tanti piccoli partiti o movimenti fa male alla politica. Credo che si proseguirà su questa linea, magari con un altro nome, vedremo. Sicuramente si cercheranno alleanze, probabilmente anche con la Lega, che permettano di presentare un fronte di centrodestra saldo e compatto».

La campagna delle cantonali 2015 aveva mostrato un Pinoja battagliero. Al CdT aveva dichiarato «siamo pronti a prendere un seggio alla Lega». Non si è mai pentito di quella che oggi potremmo definire una sparata?

«Come già detto, malgrado la strategia elettorale non l'abbia scelta io, ma il Comitato cantonale, ritengo che sia stato un errore criticare e attaccare chi ci stava più vicino (ndr. la Lega). La famosa frase, da lei citata, è stata ad arte strumentalizzata: è infatti ovvio che qualora La Destra fosse riuscita ad ottenere un seggio in Governo, probabilmente l'avrebbe perso il partito che ne aveva due in precedenza. Sarebbe stato meglio ovviamente se l'avesse perso il PS, ma poi le cose come sappiamo, non sono cambiate. Eravamo ambiziosi, quindi non mi sono pentito per ciò che ho detto, soprattutto per come la intendevo io».

La partita per la sua sedia si giocherà domenica tra Piero Marchesi e Athos Ambrosini. Inutile chiederle per chi fa il tifo?

«Marchesi ha dimostrato le sue capacità in più occasioni. È una persona capace, decisa, con obiettivi chiari. È anche un ottimo mediatore e non mi sembra il tipo che metterà davanti al partito le sue ambizioni personali. Il suo avversario lo conosco meno bene, ha sempre lavorato ai margini, in particolare per il distretto del Bellinzonese. Ha sicuramente minori capacità relazionali e comunicative».

Ambrosini è stato fortemente critico con lei e l'UDC. Come replica?

«A dire la verità, Ambrosini ha sempre criticato tutti e tutto ciò che si è fatto. Ha grosse difficoltà ad accettare ad esempio persone nuove che si avvicinano al partito. O la pensi come lui o devi andartene. Purtroppo questo modo di fare non è pagante in democrazia e in politica. Lo si può anche dedurre sia dai deludenti risultati elettorali da lui ottenuti, come pure dagli scarsi risultati ottenuti nel suo distretto».

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