George W. Bush in campo, contro Trump

NEW YORK - George W. Bush di nuovo in campo. Suo malgrado, all'età di 69 anni, lui che da quando ha lasciato la Casa Bianca si è praticamente ritirato dalla politica e si diletta a dipingere quadri. Ma l'ascesa di Donald Trump lo costringe a fare la sua parte per salvare ciò che resta dell'establishment del partito repubblicano.
Così, dopo il fallimento della campagna elettorale del fratello Jeb, l'ex presidente è ora impegnato ad aiutare i senatori repubblicani che nell'Election Day dell'8 novembre rischiano di non essere rieletti, proprio per la loro opposizione al tycoon.
Il Senato, che l'8 novembre sarà rinnovato per un terzo, "deve restare a maggioranza repubblicana. Ma deve anche restare un contrappeso rispetto alla Casa Bianca ed esercitare il suo controllo sul prossimo presidente, che sia Hillary Clinton o Donald Trump", è il ragionamento che Bush va ripetendo da giorni in diversi eventi elettorali. Serate per raccogliere fondi a favore di senatori come John McCain, l'ex candidato presidenziale divenuto uno dei 'saggI' del partito ma più volte deriso da Donald Trump.
In gioco per la famiglia Bush - dopo lo smacco della fallimentare campagna di Jeb - c'è però molto di più: l'eredità di due presidenti più volte messa in discussione da Trump. Anche ora che la popolarità di Bush figlio è decisamente risalita, dopo che lasciò la Casa Bianca tra i presidenti meno amati della storia. Del resto, c'era stato l'11 settembre.
Così i Bush non daranno l'endorsement al magnate newyorchese e non parteciperanno alla convention di Cleveland del 18 luglio. Ma non intendono neanche fare da spettatori. George va ripetendo come l'obiettivo debba essere quello di un Senato che sia "forza di stabilità", che si contrapponga al possibile "caos" alla Casa Bianca. E che porti avanti quel "conservatorismo più inclusivo" che meglio riflette la tradizione repubblicana. Altro che bando dei musulmani.
Intanto, in campo democratico, Bernie Sanders, pur negando ancora il suo 'endorsement' alla Clinton, promette di lavorare con lei per sconfiggere il tycoon. Mentre in Congresso sembra già sfumare quell'intesa bipartisan sulle armi da fuoco che sembrava poter emergere dopo la strage di Orlando. Lo sforzo per varare una legislazione che introduca più controlli - scrive il Washington Post - pare destinato a tradursi nella solita impasse, con i repubblicani pronti a votare contro nonostante le aperture a sorpresa di Donald Trump e il suo appello a fare qualcosa a Capitol Hill.
La proposta del tycoon è quella di vietare la vendita di pistole e fucili a persone sospettate di terrorismo. Mentre dai sondaggi emerge come la maggioranza degli americani sia sempre più favorevole a una stretta. Ironia della sorte, però, è boom di vendite dell'Ar-15, il fucile d'assalto del massacro di Orlando e di tante altre stragi in America.