L'analisi

Georgia, un Paese conteso

L'elezione di Mikheil Kavelashvili a presidente aggiunge un ulteriore elemento di instabilità in una nazione sempre più divisa tra il desiderio di un futuro europeo e la pressione esercitata dall’influenza russa - Fuori dal Parlamento intanto proseguono le manifestazioni
© Keystone
Marta Ottaviani
15.12.2024 20:45

Un Paradiso in terra, con un patrimonio artistico e naturalistico che ha pochi eguali al mondo, soprattutto se si tiene conto delle sue dimensioni; una repubblica che si è trasformata in un Paese-azienda, guidato dall’oligarca Bidzina Ivanishvili; uno Stato la cui importante geopolitica è inversamente proporzionale alla sua estensione territoriale. Sono solo tre delle definizioni che si potrebbero dare della Georgia, baciata dalla fortuna e, nello stesso tempo, da un destino drammatico e complesso, che sembra non aver ancora trovato il suo compimento.

La piazza e il Governo

Oggi, teoricamente libera dal giogo del passato imperiale russo e sovietico, anziché abbracciare con serenità e con tutte le sue potenzialità un futuro nell’Unione Europea, da mesi è al centro delle cronache in quella che dall’esterno, sembra una divisione fra filoeuropei e filorussi, dove l’ingresso in Unione Europea, più che come un fine, viene visto come un’opportunità per fare pesare la propria posizione geografica e intavolare un negoziato con Bruxelles, a pesare, sembra la posizione geografica e il forte orgoglio di un governo che è stato eletto (fra le polemiche) con il 54% dei consensi e, se proprio deve entrare nel club europeo, vuole precise garanzie. Dall’altra parte, c’è una piazza che, mentalmente e come scala di valori, è già in Europa e teme di tornare, in modo più o meno palese, nell’orbita di Mosca.

Questione di potere

Ridurla a questo quadro, sarebbe troppo semplicistico e non renderebbe giustizia alla complessa storia del Paese, le cui origini unitarie risalgono all’XI secolo. Se le decine di migliaia di persone in piazza nella capitale a Tbilisi ormai da mesi, rispondono perfettamente alla descrizione di persone dalla mentalità democratica e aperta, realmente pronta ad accettare l’Europa, la classe politica merita un supplemento di indagine. E non perché sia necessariamente filorussa. Quello è ancora tutto da dimostrare. Sogno Georgiano è un partito numeroso, dove convergono molte anime e, se alcune, propendono sicuramente più per Mosca che per Bruxelles, ce ne sono altre di segno opposto. Il problema non è tanto quello, quanto la gestione del potere.

Sogno Georgiano

Da quando Sogno Georgiano, lo scorso 26 ottobre, ha conseguito un’ampia maggioranza alle elezioni legislative, ha assunto un carattere molto più assertivo rispetto al passato. Nessun dialogo con l’opposizione, che si è comunque presentata non con una coalizione, ma con una compattezza inedita, ma soprattutto una repressione delle proteste che, questa sì, ha attirato l’attenzione degli osservatori internazionali. Sotto la lente di ingrandimento c’è la polizia, che ha un metodo di gestione dell’ordine pubblico da epoca sovietica. Le persone finite in ospedale sono a decine. I medici denunciano impiego di sostanze cancerogene nei getti di idrante e nei gas lacrimogeni. Ma anche il bilanciamento di poteri non fa sperare in meglio. Sabato scorso, mentre i manifestanti sono scesi in piazza già dalle sette del mattino, nonostante il vento e il gelo, la Commissione elettorale ha eletto capo dello Stato Mikheil Kavelashvili, ex calciatore, fondatore di un movimento ultra conservatore e autore più volte di uscite anti occidentali. Se si conta che, lo scorso 28 novembre, il neo rieletto premier, Irakli Kobakhidze, secondo molti il vero agente di Mosca, ha postposto l’avvio dei negoziati per l’adesione all’Ue al prossimo 2028, la piazza ha più di un motivo per essere preoccupata.

Fine mandato

Dal 29 dicembre, non ci sarà più alcun bilanciamento di poteri. La presidente uscente, Salome Zourabichvili, passaporto francese e georgiano, dalla salda appartenenza europea, ma più nota in Occidente e dalla piazza che nel resto del Paese, cessa il suo mandato. Tutto il potere rimane nelle mani di Sogno Georgiano e nel capo dello Stato scelto da Sogno Georgiano. E quello sarà il vero banco di prova per il Paese.

Non solo per la sua vocazione europea, ma per la definizione della sua politica estera. Il governo di Tbilisi, si trova stretto fra una parte di Ue, nello specifico le repubbliche baltiche e la Polonia, che vorrebbe un impegno più netto a favore dell’Ucraina e una Russia che, di fatto, occupa due regioni del territorio nazionale, una delle quali si trova poco distante dalla capitale. Fonti vicine al governo hanno fatto capire che, anche volendo, la Georgia non potrebbe mai intervenire militarmente a sostegno dell’Ucraina, soprattutto date le posizioni ondivaghe dell’Unione Europea in materia di aiuti militari.

Il risultato è una parte di Ue più l’Ucraina, che hanno messo il governo georgiano sotto sanzioni, e la parte più occidentale del Vecchio Continente che cerca di tenere aperto un dialogo. L’isolamento di Tbilisi, infatti, potrebbe significare lasciarla in balìa della Russia. Mosca ha ben compreso la complessità della situazione. Dopo i pezzi comparsi sulla stampa nazionale che parlavano di ‘effetto Maidan’ a Tbilisi, sui social georgiani sono comparsi gruppi sullo stesso argomento, dove si sono iscritti i giovani supporter di Sogno Georgiano. ¨

Gli equilibri regionali

L’immagine è quella di un Paese conteso, stretto in equilibri regionali complessi, dove l’Armenia, che non ha la stessa posizione strategica e ricchezza della Georgia sta virando dalla Russia agli Stati Uniti e l’Azergbaigian che, in grazie delle risorse energetiche e di un regime, quello sì, autocratico, può permettersi di giocare come player autonomo.

Tbilisi è piccola, sola, stretta fra un futuro di opportunità e un vicino che ha già segnato la sua storia più volte. E vuole giocare la sua partita nel modo più redditizio possibile. Con una parte di società che è più avanti di chi la governa.