«Gli inverni non saranno mai più freddi come una volta»

«Non c'è più l'inverno di una volta» avranno detto in molti guardando le temperature degli ultimi tempi. E non ci sarà neppure in futuro, almeno secondo Christoph Marty, climatologo all'Istituto per lo studio della neve e delle valanghe (SLF) di Davos. In un'intervista rilasciata sul sito internet dell'istituto e inviata ai media, Marty, osservando la tendenza degli ultimi anni, spiega che «il fatto che ogni anno sia più caldo di quello precedente è già sorprendente; e lo è ancora di più quando ciò accade per la quarta volta di fila».
Ciò non vuol dire che non avremo più inverni freddi. «Il rialzo delle temperature a lungo termine determinato dal cambiamento climatico non significa che ogni inverno sarà sistematicamente più mite di quello precedente» chiarisce Marty. «In base alle legge dei grandi numeri, infatti, uno dei prossimi inverni sarà per forza più rigido rispetto agli ultimi vissuti. A corto termine, in effetti, ci potrà ancora essere un po' di freddo nella regione alpina e potranno ancora verificarsi sporadiche nevicate abbondanti. Una cosa però è certa: in futuro non farà più freddo come un tempo».
La situazione dei prossimi decenni, secondo il climatologo dell'Istituto per lo studio della neve e delle valanghe, sembra già segnata negativamente. «Fino ai 1.500 m s.l.m. la situazione è definitivamente compromessa. Ciò non significa che ogni annata futura sarà caratterizzata da quantitativi minori di neve, tuttavia, guardando al lungo periodo, ci sarà sempre meno neve».
Nonostante quello attuale sia considerato l'inverno più caldo di sempre, le precipitazioni nevose non sono certo state scarse: solo in Ticino, pochi giorni fa abbiamo avuto tre metri di neve fresca. Un'apparente contraddizione. «Pure durante un inverno mite ci possono essere precipitazioni nevose di una certa importanza», chiarisce il climatologo. «Bastano la presenza occasionale e l'incontro di aria fredda e precipitazioni. Se guardiamo al numero di giorni di neve, in effetti, questo inverno non è stato così male. Anzi, i primi accumuli hanno addirittura sorpreso alcune stazioni sciistiche che non erano ancora pronte ad aprire i propri impianti».
Il parallelismo freddo-neve, lo abbiamo capito, non regge. Del resto, basta guardare lo scorso inverno, più freddo di quello attuale, ma meno bianco. «Temperature sensibilmente più basse, in effetti, non servono a molto se mancano le precipitazioni come l'anno scorso», osserva Marty. «L'inverno tra il 2022 e il 2023 è stato caratterizzato da aria secca e mite e ciò ha comportato una carenza di neve a tutte le quote. Questo inverno è invece presente aria umida e mite. Sotto i 1.000 m s.l.m. tale umidità si è tradotta in precipitazioni in forma liquida, il che ha portato il manto nevoso ad un'altezza inferiore rispetto alla media. Sopra i 1.500 m s.l.m., invece, i cumuli di neve fresca sono stati superiori alla media, il problema è che le alte temperature hanno fatto sciogliere parte del manto. Ecco allora che accumuli di neve sopra la media si possono trovare solo sopra i 2.000 m s.l.m.».