L'elezione di Leone XIV

Gli Stati Uniti si interrogano sul «loro» Papa

I porporati americani incontrano la stampa in una conferenza straordinaria al Collegio romano - Gregory: «Sorpreso dal fatto che la provenienza del Santo Padre sia stata giudicata non discriminante» - Il conservatore Dolan: «Suppongo che voglia vedere Donald Trump»
Alcuni dei cardinali americani presenti alla conferenza stampa di Roma. ©Gregorio Borgia
Dario Campione
09.05.2025 23:00

Che cosa significa, per la cristianità e per il mondo, avere un Papa che arriva dagli Stati Uniti? E come stanno vivendo questa situazione la comunità cattolica e tutto intero il Paese nordamericano che, in tema di religione, appaiono oggi particolarmente divisi?

«Convenzionalmente, era stabilito che un Papa statunitense, anche se con esperienza di vita e di lavoro altrove, sarebbe stato improbabile ha scritto oggi il Washington Post - a causa del desiderio di non legare la leadership della Chiesa cattolica alla maggiore superpotenza del mondo. Una lunga tradizione di pontefici europei, così come un nuovo desiderio di Papi provenienti da quella che Francesco ha chiamato la “periferia”, avevano poi ulteriormente lasciato gli USA fuori da ogni possibilità». Un quadro che il conclave ha completamente ribaltato.

La conferenza stampa

I primi a commentare quanto accaduto sono stati proprio i cardinali statunitensi, i quali, oggi pomeriggio, hanno incontrato la stampa al Pontifical North American College di Roma. «L’impatto del fatto che Prevost fosse americano è stato quasi trascurabile nelle deliberazioni del conclave, sorprendentemente per me - ha confessato Robert McElroy, da marzo scorso arcivescovo di Washington - Sono un cardinale da poco, e ho parlato con molti di quelli che giungono da luoghi diversi, e ciò che mi ha sorpreso è stata la reale assenza di questa questione chiave in conclave».

Nessuno ha pensato che l’elezione del Papa potesse essere una «continuazione delle presidenziali americane - ha aggiunto Wilton Gregory, arcivescovo emerito di Washington - Non è stato un conclave elettorale, ha prevalso il desiderio di rafforzare la fede cristiana fra il popolo di Dio». Argomento sul quale ha concordato anche l’arcivescovo di New York Timothy M. Dolan, il porporato statunitense forse più conservatore, spesso critico verso papa Francesco: «Il fatto che il cardinale Prevost fosse degli Stati Uniti credo non avesse molto peso», ha detto. E alla domanda se i cardinali lo vedessero come un contrappeso al presidente Donald Trump, Dolan non ha risposto, limitandosi ad alzare le spalle. Il nuovo Papa vorrebbe costruire ponti con lo stesso Trump?, gli è stato anche chiesto. «Suppongo - ha risposto laconico - Ma lui vorrebbe costruire ponti con i leader di qualsiasi nazione».

Impossibile tornare indietro

«La scelta di papa Leone XIV significa che non ci sarà modo di tornare indietro dalla direzione tracciata da Francesco, che ha creato Prevost cardinale nel 2023 - ha scritto Eugene Joseph Dionne Jr. in un editoriale sul Washington Post - Il primo Papa americano è stato plasmato dalla sua esperienza del cattolicesimo globale e profondamente influenzato da due decenni al servizio dei poveri e alla guida di una diocesi in Perù. L’impegno del nuovo pontefice per la giustizia sociale si riflette nel nome che ha scelto: l’ultimo papa Leone è l’autore dell’enciclica pro-operai del 1891 Rerum Novarum, che ha gettato le basi per un secolo di dottrina sociale cattolica».

E tuttavia, ha aggiunto Dionne, «papa Leone XIV non è una copia carbone di Francesco. La notevole rapidità della sua elezione» indica che per molti cardinali possa essere il «conciliatore in una Chiesa divisa. Lo stesso nuovo pontefice ha segnalato questa intenzione, parlando per tre volte nel suo discorso di apertura di ponti da costruire».

Alcuni cardinali hanno quindi «accolto chiaramente con favore un uomo attento che non sarà incline alle dichiarazioni esuberanti e spontanee di Francesco e alle abitudini del precedente Papa di insegnare attraverso interviste ai giornalisti. Come Francesco, anche Leone disdegna l’arroganza clericale. Una volta ha detto al sito Web del Vaticano che “il vescovo non dovrebbe essere un piccolo principe seduto nel suo regno”. Ma apparire dal balcone papale davanti alla folla in piazza San Pietro giovedì indossando i consueti paramenti sacri è stato un momento potenzialmente rassicurante per i tradizionalisti. La curia romana si troverà a suo agio con lui, ma il suo background come missionario e leader dell’ordine agostiniano è stato chiaramente più formativo per lui del suo servizio in Vaticano».

I teologi americani

Chi è davvero Robert Francis Prevost, allora? Secondo Mathew Schmalz, professore di Studi religiosi all’Holy Cross College di Worcester, in Massachusetts, «Leone XIV è un missionario che ha trascorso la carriera ecclesiastica svolgendo il suo ministero in Perù. Porta quindi un’esperienza ad ampio raggio in Nord America, in America Latina e in Europa, e un’esperienza mondiale come agostiniano. Porterà cosmopolitismo e sensibilità personale. È una scelta storica - ha detto Schmalz al portale MassLive - Il fatto che Prevost possa parlare sia al Nord sia al Sud del mondo è un fattore che ha contribuito all’elezione. Va incontro alle esigenze pastorali e alle esigenze geopolitiche del papato». Bruce Morrill, gesuita e professore di Teologia alla Vanderbilt University di Nashville, in Tennessee, ha scritto invece in una e.mail pubblica diffusa da molti media statunitensi che «papa Leone sembra intenzionato a portare avanti l’agenda di una Chiesa consultiva e in ascolto di tutto il popolo e non un quadro di gerarchia», e ha sottolineato la scelta del nome in funzione di un aperto sostegno «della giustizia sociale». Morrill è molto noto negli USA per l’apostolato nelle carceri: a Nashville svolge il ministero pastorale e liturgico nell’istituto di massima sicurezza femminile di Riverbend e nel Lois M. DeBerry Special Needs Facility, altra prigione di massima sicurezza nella quale sono ricoverati anche detenuti con gravi problemi mentali.

Pluralismo ed ecumenismo

Negli USA non soltanto i cattolici guardano con curiosità e molte aspettative verso il nuovo Papa. Susan Shapiro, direttrice del programma di Studi religiosi della University of Massachusetts Amherst e docente di Studi ebraici, ha detto alla CNN: «è probabile, ma non garantito, che Leone condivida l’abbraccio di Francesco al pluralismo. Sento questo tipo di chiamata da parte del nuovo pontefice», ha aggiunto. In passato, Shapiro aveva apertamente elogiato l’abbraccio di Bergoglio al pluralismo religioso, atteggiamento che aveva accresciuto la «popolarità del Papa argentino sia tra i credenti ebrei sia tra quelli musulmani», ha concluso.