Verso il conclave

«Gli strappi di Papa Francesco impongono adesso una ricucitura»

Intervista allo storico Adriano Prosperi il quale riflette sulla possibile figura di un pontefice che sappia fare da mediatore tra le diverse anime del cattolicesimo - L’importanza della formazione gesuitica di Bergoglio
Il pontificato di papa Francesco ha aperto discussioni profonde all'interno della Chiesa cattolica. ©VATICAN MEDIA / HANDOUT
Dario Campione
06.05.2025 06:00

Adriano Prosperi è forse il maggiore storico italiano delle istituzioni ecclesiastiche. Dopo aver insegnato Storia moderna nelle Università della Calabria, di Bologna e di Pisa, dal 2002 è stato titolare della cattedra di Storia dell’età della Riforma e della Controriforma alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Accademico dei Lincei, ha scritto decine di lavori sulle idee religiose tra tardo Medioevo ed età moderna e ha diretto e curato il Dizionario storico dell’Inquisizione in Italia, pubblicato nel 2010 in quattro volumi nelle Edizioni della Normale.

«La pastorale di Francesco - dice Prosperi al Corriere del Ticino - ha provocato una lacerazione profonda, uno strappo che ha lasciato segni nella struttura del cattolicesimo. Non tutte le proposte e i tentativi del pontefice argentino di innovare sono, infatti, andati in porto. Ad esempio, permettere alle donne di accedere al diaconato. Anche le dichiarazioni sugli omosessuali - è un altro esempio - hanno reso fragile l’adesione di tante parti e componenti della Chiesa nel mondo, quelle più conservatrici, ovviamente. E hanno aperto una crisi che bene è stata riassunta nel difficile rapporto che Bergoglio ha avuto con il suo predecessore, Benedetto XVI, mentre questi era ancora in vita dopo la rinuncia al trono petrino. Adesso, per la Chiesa cattolica, il problema è come ricomporre queste lacerazioni nell’ambito della scelta del futuro Papa».

Una figura di compromesso

Quanto accaduto nei 12 anni di regno di Francesco fa capire, a detta di Prosperi, «i movimenti accelerati che tenderebbero oggi a individuare una figura di compromesso, un mediatore che dia alla Chiesa di Roma il tempo di ricucire, il tempo di riflettere su ciò che è stato motivo di divisione, anche sostanziale. Di qui, le osservazioni e le insistenze di molti sul fatto che, in questo conclave, sarebbe favorito un candidato italiano di esperienza politica, il quale ha esercitato anche funzioni importanti di direzione interna».

Un profilo, quello tracciato da Adriano Prosperi, che potrebbe adattarsi al segretario di Stato Pietro Parolin, ma anche al presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Maria Zuppi.

«Vedremo presto se ci sono possibilità concrete affinché ciò accada - dice ancora lo storico fiorentino - una cosa è evidente: Bergoglio ha aperto più crisi di quante ne abbia risolte. La sua è stata, per certi versi, una fuga in più direzioni. Come gesuita argentino che ha avuto rapporti non facili con la Teologia della liberazione, ha tentato ad esempio di trovare una legittimazione teologica alla lotta contro la povertà e contro le dittature dell’America latina».

A detta di Prosperi, si capirà presto «se la Chiesa andrà avanti sulla strada intrapresa. Sarà sicuramente un processo lungo, per quanto la lacerazione sia stata forte. Si sono costituite istituzionalmente forme di appartenenza al cattolicesimo che si considerano in urto con Roma e ci sono segni profondi di tutto questo. Io credo che un Collegio cardinalizio così ampio come quello chiamato ad eleggere il Papa abbia una preoccupazione reale, voglia cioè estendere temporalmente la fase di ricomposizione, evitando di scegliere chi sia portatore di un identico progetto ma anche, nello stesso tempo, chi ha rotto con Bergoglio».

L’esercito di Dio

Tra i libri più noti di Prosperi, uno è dedicato alla Compagnia di Gesù (La vocazione. Storie di gesuiti tra Cinquecento e Seicento, Einaudi 2016), l’ordine nel quale papa Francesco ha trascorso quasi interamente la sua vita di uomo consacrato. «La Compagnia - scrive lo storico toscano - ha svolto ruoli diversi nel tempo e accolto nel suo seno personalità capaci di scelte opposte; anzi, spesso tra loro in vivace contrasto su fondamentali questioni culturali, sociali e politiche. Ma questo non ha impedito che nel corso dei secoli la parola “gesuita” continuasse a evocare un tipo umano speciale».

Papa Francesco, dice ancora Prosperi al Corriere del Ticino, «è stato un autentico figlio della Compagnia di Gesù, un ordine che il fondatore, Ignazio di Loyola, ha voluto caratterizzare con la volontà di conquistare il mondo a Dio. È questa l’idea che ha sempre accompagnato l’attività delle missioni dei gesuiti: contrastare l’esercito di Satana con l’esercito di Dio, così come viene sottolineato negli Esercizi spirituali. Chi entra nella Compagnia aderisce completamente al progetto gesuitico. E io trovo che Bergoglio abbia offerto nella sua vita un’interpretazione che si riallaccia perfettamente a quell’origine, a partire dal suo desiderio di innovare e di allargare le braccia verso il mondo».

Il pontefice argentino, conclude Prosperi, è stato quindi un autentico «figlio della Compagnia di Gesù. Per certi versi, è stato un personaggio eccezionale che ha aperto a molte innovazioni, non tutte coronate da successo. In un mondo lacerato da una guerra mondiale a pezzi, come egli stesso la definiva, ha lasciato una Chiesa chiamata comunque a risolvere problemi interni molto grandi, penso agli scandali ma anche alla difficile gestione finanziaria».