Il Papa americano

Gli «ultimi», la «pace», il «dialogo»: ecco il programma di Leone XIV

Nei giorni iniziali del pontificato, Robert Francis Prevost ha già più volte preso la parola in forma ufficiale, davanti ai cardinali, nelle omelie e, ieri, anche all’Angelus - Letti insieme, i testi compongono una sorta di rotta sulla quale in futuro la Chiesa potrebbe muoversi
Papa Leone XIV in preghiera, sabato scorso, sulla tomba di Francesco a Santa Maria Maggiore. ©Francesco Sforza/Vatican Media
Dario Campione
12.05.2025 06:00

Due discorsi. Due omelie. E l’Angelus, il primo, pronunciato dal loggione di San Pietro. Nei quattro giorni di pontificato, Leone XIV ha preso la parola in forma ufficiale già cinque volte. E in ciascuna di esse ha tracciato un pezzo della strada su cui, idealmente, vorrebbe far muovere la «sua Chiesa». È rimasto fedele al suo stile, il Papa americano: meno immediato di quello cui ci aveva abituati Francesco e più riflessivo, con molte citazioni dalle sacre scritture e dai testi dei predecessori. Ma comunque chiaro, diretto, senza possibili malintesi o equivoci.

Sulla scia del Concilio

Il «programma» di Prevost si compone di più punti. Che appaiono nitidi, quantomeno nella loro indicazione di massima. Il primo è la continuità con Bergoglio. Non soltanto formale o di maniera, ma convinta, anche sul piano pastorale e, se vogliamo dire così, politico. Lo ha detto in modo esplicito, Leone XIV, nel discorso al Collegio cardinalizio di sabato mattina: «Il Papa, a cominciare da San Pietro e fino a me, suo indegno successore, è un umile servitore di Dio e dei fratelli, non altro che questo. Bene lo hanno mostrato gli esempi di tanti miei predecessori, da ultimo quello di papa Francesco stesso, con il suo stile di piena dedizione nel servizio e sobria essenzialità nella vita [...]. Raccogliamo questa preziosa eredità e riprendiamo il cammino, animati dalla stessa speranza che viene dalla fede - ha spiegato Prevost, andando poi nel concreto - Vorrei che insieme, oggi, rinnovassimo la nostra piena adesione […] alla via che ormai da decenni la Chiesa universale sta percorrendo sulla scia del Concilio Vaticano II. Papa Francesco ne ha richiamato e attualizzato magistralmente i contenuti nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, di cui voglio sottolineare alcune istanze fondamentali: il ritorno al primato di Cristo nell’annuncio; la conversione missionaria di tutta la comunità cristiana; la crescita nella collegialità e nella sinodalità; l’attenzione al sensus fidei, specialmente nelle sue forme più proprie e inclusive, come la pietà popolare; la cura amorevole degli ultimi, degli scartati; il dialogo coraggioso e fiducioso con il mondo contemporaneo nelle sue varie componenti e realtà».

Indietro non si torna. Non si può tornare. Chi immaginava (o sperava) che Leone XIV tornasse a rivolgersi più al corpo dei fedeli delusi e meno a una società smarrita e secolarizzata sarà rimasto deluso.

Il Papa americano giudica indispensabile lo «spirito universale» della Chiesa. E lo motiva anche sul piano dottrinale. «Paolo e Barnaba - ha detto Prevost commentando la lettura degli Atti degli apostoli nell’omelia pronunciata, sempre sabato nella messa celebrata nelle grotte vaticane - vanno ad Antiochia, vanno prima dai giudei, ma loro non vogliono ascoltare la voce del Signore, e cominciano allora ad annunciare il Vangelo a tutto il mondo, ai pagani. […] C’è anche in quell’esempio un invito molto speciale a tutti noi: annunciare il Vangelo a tutto il mondo».

La gestione collegiale

Uno spirito universale a servizio degli «scartati», della «pace» e del «dialogo», quest’ultimo fatto soprattutto di ascolto. La Chiesa dogmatica, la Chiesa delle certezze che tanto piace, ad esempio, ad alcuni cardinali conservatori quali il tedesco Gerhard Ludwig Müller o il newyorkese Timothy Michael Dolan, non è la Chiesa a cui pensa Prevost.

«Qualcuno ha domandato: “Quando tu pensi alla tua vita, come spieghi dove sei arrivato?” ha detto Leone XIV sempre nell’omelia di sabato - La risposta che danno in questa riflessione in un certo senso è anche la mia, con il verbo “ascoltare”. [...] Penso che sia importante che tutti noi impariamo sempre di più ad ascoltare, per entrare in dialogo. Anzitutto con il Signore [...]. Poi ascoltare gli altri, sapere costruire i ponti, sapere ascoltare per non giudicare, non chiudere le porte pensando che noi abbiamo tutta la verità e nessun altro può dirci niente». L’eco delle parole di Bergoglio è limpida. Chi sono io per giudicare?», aveva detto Francesco, parlando con i giornalisti a bordo dell’aereo che lo riportava a Roma dopo un viaggio pastorale, a proposito delle scelte di vita degli omosessuali.

Su una cosa Prevost sembra volere muoversi in modo un po’ difforme da Francesco: la gestione del governo della Santa Sede, che potrebbe essere più collegiale. Parlando ai cardinali, il Papa ha richiamato «l’esperienza» chiesta «da molti di una specie di condivisione con il Collegio per poter sentire consigli, suggerimenti, proposte, cose molto concrete». Un tema, ha rivelato Leone, «di cui si è già parlato un po’ nei giorni prima del conclave», sia nelle congregazioni generali sia tra singoli porporati. Il pontefice sa quanto diviso sia il cattolicesimo su alcune questioni, e anche per questo ha richiamato tutti alla «concordia». La «vera grandezza della Chiesa vive nella varietà», ha ammesso.

La rivoluzione tecnologica

Infine, la giustizia sociale e la pace. Due dei grandi temi della contemporaneità, sui quali Bergoglio ha molto insistito nel suo pontificato.

«Ho pensato di prendere il nome di Leone XIV per ragioni diverse - ha detto Prevost ai cardinali - però principalmente perché papa Leone XIII, con la storica enciclica Rerum Novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».

La vita dell’uomo al centro, come sempre nel messaggio del cattolicesimo. Quella stessa vita negata da chi si combatte in armi. «Nell’odierno scenario drammatico di una terza guerra mondiale a pezzi, come più volte ha affermato Papa Francesco, mi rivolgo anch’io ai grandi del mondo, ripetendo l’appello sempre attuale: “Mai più la guerra!”», ha detto Leone XIV all’Angelus, chiedendo lo stop immediato dei conflitti e, per l’Ucraina, una «pace autentica, giusta e duratura».