«Grazie per la solidarietà», ma c'è chi storce il naso

«Slava Ukraini». Poi gli applausi e la standing ovation al presidente ucraino. Il discorso di Volodymir Zelensky, trasmesso in diretta nella sala del Consiglio nazionale, non ha lasciato indifferenti i parlamentari presenti. In meno di dieci minuti, il leader ucraino ha toccato diversi aspetti, ringraziando la Svizzera proprio per non essere rimasta indifferente. A partire dalla situazione in Ucraina, con le difficoltà quotidiane di una popolazione immersa nella guerra e la solidarietà ricevuta, anche da Berna. Zelensky ha ringraziato più volte la Svizzera per il suo impegno: l’aiuto umanitario, l’adozione delle sanzioni contro la Russia, l’appello alla pace, ma non ha mancato di menzionare il controverso tema della riesportazione di armi.
L’Ucraina non deve arrendersi
«È stato un discorso molto toccante e giusto. Ha ringraziato più volte la Confederazione per quello che ha fatto. Parlando di pace, ha parlato all’anima degli svizzeri. Ma se l’Ucraina smette di combattere, domani non ci sarà più l’Ucraina. La guerra finirà quando la Russia deporrà le armi. Ha ragione Zelensky nel sottolineare questo aspetto», afferma il consigliere nazionale Damien Cottier (PLR/NE), che un anno fa – era fine giugno - ha intrapreso un viaggio a Kiev con una delegazione del Consiglio d’Europa.
«Nel momento in cui ha parlato degli allarmi che risuonano per avvertire dei missili, mi sono ricordato di quando ero lì. Ho avuto la triste opportunità di vedere la situazione sul posto: in Svizzera noi siamo abituati a sentire le sirene solo per il test di inizio febbraio. Per loro invece questa è la quotidianità, con il rischio di essere colpiti dai missili. Non è normale vivere così».
L’UDC? «Alleati di Putin»
«Zelensky ha capito molto bene quello che la Svizzera può o non può fare. Ha trovato il tono giusto per impostare il suo discorso, sottolineando l’importanza delle sanzioni e del processo di pace», sottolinea dal canto suo Roger Nordmann (PS/VD). «È stato un momento storico, di sostegno e di solidarietà nei confronti di un Paese che è stato brutalmente attaccato. Sono fiero che sia stato invitato a parlare. Ma trovo scandalosa la posizione dell’UDC. È inaccettabile che una parte del Parlamento non si sia presentata», afferma il consigliere nazionale socialista, che critica i deputati democentristi accusandoli di essere «alleati di Putin».
Non è compito del Parlamento
La sala del Consiglio nazionale è infatti rimasta in parte deserta: il gruppo parlamentare dell’UDC, come già annunciato nei giorni precedenti, ha deciso di non partecipare. Solo due i deputati presenti: il «senatore» sciaffusano Hannes Germann e il consigliere nazionale bernese Andreas Aebi.
«Sono presidente dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE: a Vienna, in primavera, quando i russi hanno parlato tutti sono usciti dalla sala. Noi no, quindi sono rimasto anche in questa occasione», spiega Aebi, secondo cui l’UDC ha ragione: non è compito del Parlamento ascoltare Zelensky. «Chi sarà la prossima? Von der Leyen?», si chiede polemicamente l’ex presidente del Consiglio nazionale (nel 2021). «Prima della guerra ho fatto un viaggio presidenziale proprio in Ucraina. Conosco Zelensky personalmente. È una persona incredibilmente forte e dalla quale possiamo tutti imparare. Ma in quest’occasione non ha detto nulla di nuovo o spettacolare».
Pressione sui deputati
Il resto del gruppo UDC ha invece girato al largo: «E alla fine, i nostri timori si sono avverati: c’è stata da parte di Zelensky una chiara volontà di far pressione sul Parlamento. Trovo a dir poco stucchevole e fastidioso che lui chieda di rinunciare alla nostra neutralità. È un valore fondante del nostro Paese», critica il «senatore» ticinese e presidente dell’UDC Marco Chiesa.
«Zelensky sa benissimo che la Svizzera non può fornire materiale bellico a una parte in guerra. È dal 2014 che non spediamo armi né in Russia, né in Ucraina», sottolinea Chiesa.
«Il problema è che lui ci sta chiedendo di cestinare la nostra neutralità e ne ha approfittato per fare pressione sui deputati. Da un lato però chiede armi e sempre più sanzioni, dall’altro invita a un vertice di pace elogiando le capacità di mediazione della Svizzera. Ma è contraddittorio. Così come l’equazione più armi, più pace», critica il presidente dell’UDC, che ha seguito il discorso in un’altra sala di Palazzo federale.
Grande comprensione
Assenti – ma per diversi motivi - anche diversi deputati ticinesi: solo Bruno Storni (PS) e Greta Gysin (Verdi) hanno assistito al discorso. «In fondo non è uscito nulla di nuovo, ma è stato un momento forte e intenso. Sono contenta di essere stata presente in aula», spiega l’ecologista ticinese, «È toccante quando una persona che sta vivendo una guerra ti racconta della quotidianità. Ad esempio, delle famiglie che alla sera ascoltano le notizie per sapere se far dormire in corridoio i figli per metterli al riparo da eventuali schegge di vetro. È una cosa che colpisce chiunque e per un genitore come me ancora di più».
«È vero, ha parlato di riesportazione di armi. Ma io ho percepito anche una gande comprensione per quella che è la nostra tradizione, le nostre leggi e le decisioni del nostro Parlamento. Ogni aiuto è benvenuto in Ucraina e noi possiamo sostenere il Paese puntando sui nostri punti di forza: gli aiuti umanitari, lo sminamento e gli aiuti finanziari per la ricostruzione. Ecco penso che in questo ambito possiamo fare molto di più», conclude Gysin.