«Ha agito da assassino»

(Aggiornato alle 20.02) «Per questa Corte siamo davanti a un imputato che si è comportato come un assassino. Assassino è una persona senza scrupoli che agisce a sangue freddo, contraddistinto da egoismo crasso e privo di sentimenti sociali, che non tiene conto in nessun modo della vita altrui ma solo del proprio interesse personale. È un vestito che calza a pennello all’imputato». Per questa ragione la Corte delle Assise criminali, presieduta dal giudice Siro Quadri, ha condannato il 22.enne sangallese per tentato assassinio a 17 anni da scontare in un istituto chiuso. La sera del 21 ottobre 2021 a Solduno il giovane aveva sparato alla schiena con un fucile a pallettoni alla ex compagna che lo aveva lasciato a causa di una relazione tossica.
«È chiaro che chi scende a Locarno in treno con tutto quell’arsenale è privo di scrupoli. È chiaro che chi si presenta con quell’oggettistica ha un modo di ragionare perverso, fuori dalla realtà. Ma anche il movente è particolarmente odioso. Lui ha ucciso per vendetta, ha tentato di farlo. Lo avrebbe fatto» ha rilevato Quadri leggendo le motivazioni della sentenza.
Viva per puro caso
«La vittima è stata recuperata in fin di vita dai sanitari. L’imputato le ha sparato un colpo di fucile a pallettoni. Le ha sparato con un’arma che si usa a caccia per uccidere i cinghiali, un’arma che ha fatto danni dappertutto nel suo corpo. L’ha inseguita correndo per cinque piani di scale imbracciando il fucile. Si è fermato per prendere la mira. Dopo averla colpita l’ha lasciata lì a terra, non ha chiamato i soccorsi e non l’ha aiutata in nessun modo», ha proseguito Quadri. A mente del presidente della Corte, il 22.enne ha fatto tutto quello che c’era da fare per uccidere la vittima: «Se non è morta è solo perché ha avuto la fortuna di abitare a 800 metri dall’Ospedale di Locarno». «Aveva un piano da killer ben architettato e terrificante che non ha esitato a mettere in atto».
«Ho dovuto farlo»
«L’imputato» ha proseguito Quadri citando il perito psichiatrico, «è malato e deve essere curato. Soffre di una malattia chiamata narcisismo, ma questo non lo giustifica nella maniera più assoluta, né sminuisce la sua colpa, che resta molto grave. Lui sa cosa vuole e sa cosa sta facendo». Non solo. «Minimizza i suoi atti e si pone come se fosse lui la vittima di quanto successo, arrivando persino ad addossare colpe alla sua ex compagna. Addirittura, quando comunica con la madre, poco dopo aver esploso il colpo di fucile, le dice ‘ho dovuto farlo’. Come se non fosse colpa sua, come se lui si trovasse in una situazione di pericolo».
Agire lucido
Il presidente della Corte ha altresì sottolineato che l’agire dell’imputato è sempre stato lucido. Quadri ha fatto riferimento ai diversi oggetti che il giovane aveva con sé. Tra questi c’era anche una sonda naso-gastrica. «Oggetti che facevano parte di un piano agghiacciante. Ognuno di questi era stato scelto per uno scopo ben preciso. Tutto studiato nei minimi dettagli, ogni mossa è stata premeditata. Gli unici sentimenti ai quali l’imputato ha accesso, sempre citando il perito, sono odio e rabbia. È privo di empatia e incapace di provare rimorso», ha chiosato Quadri.
«Volevo solo un chiarimento»
«Quella sera volevo solo andare da lei per un chiarimento, volevo incontrare la mia ex per parlare della nostra situazione», aveva dichiarato negli scorsi giorni il 22.enne in aula. «E pensava di chiarire con questo fucile?», lo aveva incalzato Quadri, mostrando a tutti l'arma con la quale era stato esploso il colpo. Il presidente della Corte aveva anche sottolineato più volte la presenza «dell'arsenale» che il sangallese aveva portato con sé quella sera in un borsone. Oltre al fucile, infatti, figuravano diversi altri oggetti (tanti da occupare un tavolo dell'aula). Tra questi, due scatole di munizioni, un taser, un coltello a uncino, quattro paia di manette (due per i polsi e due per le caviglie), diverse corde e lacci, nastro adesivo, spray al pepe, un'accetta, una piccola pala, una bottiglietta di soda caustica e una di alcool, un becco bunsen, guanti e occhiali protettivi per sostanze pericolose e diversi farmaci. «Tutto questo serviva per avere un dialogo con la sua ex?» aveva domandato il giudice. «E che cosa voleva dirle?».
Sentimenti e distruzione
«Provavo ancora dei sentimenti per lei, per questo volevo vederla», ha spiegato il giovane. Sentimenti ai quali però si era legato anche «un senso di odio e un desiderio di violenza nei confronti della ex, che si traducevano in fantasie di distruzione, di volerle fare del male», come attestato dal rapporto della psichiatra che seguiva l'imputato nel periodo immediatamente prima dei fatti e riportato in aula dal giudice Quadri. «Lei odia le persone che la fanno soffrire», aveva aggiunto citando il rapporto della psichiatra. «E c'è il desiderio di doversi vendicare di qualcosa». Tutto questo perché la giovane voleva interrompere la storia con l'imputato ormai diventata tossica e asfissiante. «Per me era normale avere relazioni distruttive», aveva precisato in aula il 22.enne, invitato da Quadri a riflettere sul modo in cui vive i rapporti sentimentali. «Sono stato per molti anni in istituti e per questo ho un modo strano di rapportarmi nelle mie relazioni come adulto. Per me è normale in una relazione offendere una persona e renderla innocua anche se so che non è una cosa corretta. Non riesco ad avere un rapporto normale». «Sono molto dispiaciuto per quello che ho fatto e, se potessi, tornerei indietro. Ma purtroppo non posso cambiare quello che è successo», aveva dichiarato il sangallese al termine della fase dibattimentale, leggendo pubblicamente una lettera scritta di suo pugno. «La cosa a cui tengo di più è chiedere perdono alle vittime e alle loro famiglie per tutta l'ansia e la sofferenza che ho causato».
«Voleva annientare il suo futuro»
Diciassette anni di reclusione interamente da scontare. Era stata questa la richiesta formulata in aula dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri. «Lei è stata la sua vittima, non la sua ragazza. L'imputato ha cercato di distruggere il presente della ex compagna con il controllo totale della sua vita, con un modus operandi già adottato da lui nella relazione precedente, e quando ha capito che non poteva più distruggerle il presente ha cercato di annientare il suo futuro. Ha investito tutto sé stesso nella riuscita della propria vendetta». E ancora: «È arrivato a un niente dall'ucciderla, mosso da rancore, odio e in totale spregio della vita umana. E non mostrando mai un sincero pentimento. La sua colpa è di estrema gravità». Gli aveva fatto eco l'avvocato Manuela Fertile, accusatrice privata e rappresentante della vittima dello sparo. «La mia assistita porta ancora sul suo corpo i segni di quella notte: otto fori di pallottole e un taglio lungo 20 centimetri, non sono cicatrici che spariranno facilmente a meno di un intervento chirurgico. Soffre inoltre di disturbo da stress post traumatico, ha dei problemi con le aderenze intestinali, ha perso la milza, le sono state spezzate due costole, le è stato asportato parte del colon e ha avuto l'alopecia. Questa donna ha sofferto indicibili sofferenze, ha subito una crudeltà estrema». Sottolineando come «la vittima è scampata alla morte per un soffio, letteralmente. E se è qui oggi è perché i soccorritori sono arrivati tempestivamente». «Quella sera ho avuto paura di morire, mentre fuggivo giù per le scale sentivo il suo fiato sul collo», aveva aggiunto la stessa vittima - apparsa provata nei rievocare i fatti ma con ricordi e pensieri lucidi - rendendo la sua testimonianza in aula. «Mi minacciava e denigrava, temevo che facesse del male anche alla mia famiglia».
«È malato»
«L’imputato che abbiamo davanti è una persona malata, non un killer. Non si può fare astrazione da questo punto nel giudicarlo», aveva dichiarato l'avvocato Luca Guidicelli, patrocinatore del 22.enne. «Il mio assistito soffre di un grave disturbo della personalità di tipo misto e di sindrome depressiva ricorrente oltre a una sindrome da disadattamento con disturbo delle emozioni e della condotta. Inoltre, entrambi i periti psichiatrici che lo hanno visitato, concordano su una sua scemata responsabilità di grado lieve». Guidicelli aveva quindi chiesto per il suo assistito una pena massima di otto anni (di cui due già espiati) da scontare in una struttura adeguata dove possa seguire una misura terapeutica stazionaria. «Il suo agire non è stato quello di un killer professionista, l’imputato non è andato in quella palazzina per uccidere», aveva rilevato Guidicelli, motivando la propria richiesta e contestando così l’accusa di tentato assassinio, chiedendo di ritenere come massimo reato le lesioni corporali gravi. «Nessun indizio indica che il 22.enne fosse lì per compiere una strage. Nella sua testa, per quanto possa sembrare strano alle persone mentalmente sane, voleva solo parlare con la vittima». E ancora: «Questo ragazzo è un povero malato mentale, un paranoico. Si immagina di poter incontrare la sua ex e che questa possa essere disposta a dialogare con lui». A mente del difensore, inoltre, quello pensato dall’imputato era un piano «bislacco e non certamente organizzato», che testimonia come nell’agire del 22.enne non vi fosse un disegno preciso, ma solo i suoi problemi mentali. A sostegno di questa tesi Guidicelli aveva parlato anche «dell’arsenale» che il giovane ha portato con sé fino a Solduno: «Se fosse stato un killer, si sarebbe portato solo il fucile. Bastava quello».
I fatti
La sera del 21 ottobre 2021 - lo ricordiamo - l'imputato, residente nel canton San Gallo, si presentò all'appartamento della sua ex compagna in via Vallemaggia a Solduno. La giovane in quel momento si trovava in casa in compagnia del fidanzato. I due vennero sequestrati dall'aggressore che, sotto la minaccia di un coltello, li obbligò a legarsi a vicenda. La ragazza, liberata momentaneamente dall'imputato per tentare di calmare il suo cane, riuscì prontamente a recuperare il suo spray al pepe e a spruzzarlo in viso al 22.enne, tentando poi la fuga giù per le scale del palazzo e venendo rincorsa dall'ex fino nell'atrio della palazzina, dove quest'ultimo le sparò con il fucile di grosso calibro che aveva portato con sé, ferendola all'addome. La giovane, qualche giorno dopo il ricovero in ospedale e dopo tre operazioni, era stata fortunatamente dichiarata fuori pericolo. Era inoltre emerso dall'inchiesta che il 22.enne aveva già perseguitato in precedenza la sua ex ragazza, mostrandosi in atteggiamenti minacciosi e arrivando anche a seguirla durante una vacanza, tanto che nei suoi confronti le autorità avevano emesso un ordine restrittivo della durata di cinque anni.