«Ho portato il wrestling in Ticino»

Classe ’83, Luca Rusconi, in arte Belthazar, sin da piccolo si appassiona al wrestling. Si forma in Canada e negli Stati Uniti nei primi anni 2000, quando i campionissimi come John Cena o Eddy Guerrero erano molto popolari anche in Svizzera. Dopo aver imparato «i trucchi del mestiere» torna in patria e decide di creare un punto di riferimento per tutti gli appassionati fondando l’Associazione svizzera pro wrestling. «Fino al 2016 ero solo, oggi in Ticino siamo una decina di wrestler semi professionisti».
Partiamo dall’inizio. Cos’è il wrestling?
«È uno sport-spettacolo, spesso viene descritto come puro intrattenimento, ma l’aspetto sportivo, dunque della preparazione fisica per arrivare alla gara sul ring, è fondamentale. Se non si è preparati fisicamente si rischiano gravi incidenti. E ad essere portata in gara è una storia, narrata attraverso il carisma degli sfidanti, e le mosse che fanno non sono mai casuali».
Quando hai iniziato?
«Nel 2005 ho avuto la mia prima esperienza sul ring, in Canada. Qui in Svizzera non era possibile all’epoca cimentarsi in questa disciplina, all’epoca in Europa era difficile imparare da zero, e nel wrestling imparare nel modo sbagliato, significa portarsi dietro quelle lacune per sempre».
Oggi sei tu che insegni.
«L’obiettivo dei miei corsi a Lugano è quello di dare la possibilità a tutti coloro che si interessano al wrestling di imparare qui in Ticino. Cosa che io non ho potuto fare. Così se un giorno i miei allievi andranno negli Stati Uniti o in Canada come ho fatto io, avranno già una buona base di partenza per poter crescere più velocemente».
E poi sei più tornato dove hai imparato?
«Oltreoceano sono tornato a più riprese, sia in Canada che negli USA perché è importante tenersi aggiornati e fare delle esperienze con wrestler più forti di te. È un ottimo modo per imparare sempre qualcosa di nuovo».
Quindi quali sono state le tue esperienze all’estero?
«Nel 2008 ho partecipato ad un tour in Canada. Quella è stata l’esperienza più bella che ho fatto nel wrestling. E poi nel 2009 sono stato in Florida per 6 mesi, e per 4 anni di fila sono ritornato per potermi aggiornare. Gli anni successivi anche in altre zone... Ma ovviamente è sempre più difficile riuscirsi a ritagliare una o due settimane di allenamenti in posti così lontani, tra lavoro e famiglia...».


Quindi il wrestling non è la tua professione?
«Sarebbe bello… In Europa è molto difficile vivere solo di wrestling. Organizzare gli spettacoli è molto costoso, e nel nostro caso ticinese, il ricavato viene subito reinvestito nell’associazione per le attrezzature».
Ma anche in USA è così?
«Sì anche lì. Un tempo non c’era la WWE (World wrestling entertainment) con gli show da 100 mila persone che hanno monopolizzato il wrestling. C’erano più possibilità di guadagnare qualcosa. Oggi invece a meno che tu non sia sotto contratto con la WWE è davvero molto difficile vivere di wrestling».
Cosa è cambiato allora?
«Un tempo c’erano varie «promotion» o «leghe» che gestivano una zona o anche uno Stato. Dunque ad esempio potevi esibirti sei mesi in uno stato e sei mesi in un altro. E potenzialmente eri sempre una novità visto che prima il wrestling era trasmesso in tv dalle sole emittenti locali. Quindi era più facile guadagnare qualcosa. Poi, anche se non era tutto centralizzato con la tv via cavo, comunque ci sono state le super star anche nel passato. Una di queste era stata Bruno Sammartino che aveva vinto tutto facendo il «tutto completo» al Madison Square Garden di New York per almeno 4 anni di fila».
Ciò che non è cambiato è la pianificazione degli incontri, dove non esiste l’improvvisazione, giusto?
«Il vincitore viene scelto dal promotore dello spettacolo secondo determinati criteri. Chi vince e chi perde deve essere proposto in base all’obiettivo dello spettacolo, non deve essere casuale. Come in un film ci sono dei personaggi buoni e dei cattivi, a volte anche i buoni perdono dei match prima di arrivare al trionfo finale. Ad esempio se in uno show ci sono 7 match non è che in tutti può trionfare il personaggio buono. A volte perderà, questo serve anche per coinvolgere il pubblico che altrimenti si annoierebbe».
Belthazar è un buono o un cattivo?
«Al nostro livello bisogna essere in grado di saper recitare entrambe le parti. Dipende dallo spettacolo».


Quali sono le storie che si raccontano in un match?
«Ce ne possono essere milioni. Due sono le più facili e utilizzate. Il grande contro il piccolo, tipo Davide contro Golia, un wrestler molto alto e muscoloso contro uno più minuto e piccolino. Il grande sbeffeggia il piccolo che viene riempito di botte finché poi il piccolo trova il modo di sottomettere il grande e vincere il match. E in questa storia il pubblico è una parte importante, che viene coinvolto e anima la gara. Oppure un’altra storia, che ho portato anche io nei miei show è quella in cui il maestro sottovaluta l’allievo che si ribella, ma poi non è ancora pronto e soccombe al maestro».
Quanti anni hanno i tuoi allievi?
«Tutte le età. Ci sono stati anche dei bambini. E poi normalmente dai 16 in poi».
Oggi in quanti siete a lezione?
«Più o meno un decina, età, estrazione sociale e caratteristiche differenti».
Parli di caratteristiche fisiche?
«Ad esempio ho un allievo che studia teatro, è molto bravo nella performance recitativa, è carismatico e sa coinvolgere il pubblico. Un po’ meno forte nella parte tecnica che prevede le mosse. Ma anche lui può avere un grande ruolo in un match, ad esempio quello del «manager del wrestler» , una figura nata negli spettacoli per sopperire alla mancanza di carisma dei wrestler. I manager erano wrestler che magari non facevano le mosse spettacolari di Ray Mysterio, ma avevano comunque una grande attitudine all’intrattenimento».
Il tuo idolo?
«Grandissima ammirazione e stima per Jim Cornette, che appunto era un manager. La scorsa estate sono anche stato a casa sua in Florida, la sua conoscenza del wrestling è smisurata, ha una stanza enorme piena di VHS, libri e pubblicazioni di ogni tipo».
Prossimo obiettivo?
«Iniziare a promuovere spettacoli in più zone del Ticino, non solo a Lugano, e poi anche in giro per la Svizzera. Soprattutto quelle zone in cui il wrestling non è mai arrivato. Per questo noi di Swiss Pro Wrestling abbiamo anche comprato un secondo ring e proponiamo uno spettacolo curato nei minimi dettagli, dunque sarebbe bello diffondere questo tipo attività in tutto il Paese».