«Ho sette anni e ti ucciderò con un coltello»

Quest’estate è arrivata Momo, una misteriosa «fattucchiera» che entrava nei nostri telefonini via WhatsApp. Occhi spiritati e fuori dalle orbite. Un sorriso arcigno e capelli scuri ci minacciava, ordinandoci di inoltrare il messaggio ai nostri amici altrimenti una maledizione sarebbe stata scagliata su di noi. In tantissimi, presi dal panico, hanno obbedito scatenando sull’app di messaggistica un vero e proprio Momo-tormentone. In realtà, come dice Attivissimo, era solo uno scherzo non troppo simpatico. L’ennesima burla online in stile horror. Già nel 2016 in Italia aveva invece creato un grande scompiglio il messaggio del bambino morto (di cui si era occupata anche la polizia di Stato): «Ciao, mi chiamo Luca. Ho 7 anni, capelli neri e occhi rossi. Non ho né naso né orecchie... Sono morto. Se non mandi questo messaggio a 15 persone nei prossimi 5 minuti apparirò stanotte di fianco al tuo letto con un coltello e ti ucciderò».

Ma le catene di Sant’Antonio possono anche essere «operazioni positive», che appagano in un certo senso il lato narcisistico di chi vi partecipa. Pensiamo al fenomeno, molto diffuso su Facebook, di elencare nel proprio profilo dieci film, libri o canzoni consigliati seguiti dal suggerimento ad alcuni amici di fare altrettanto (compreso il fatto di segnalare altre persone in modo che la catena continui). Poi ci sono quelle totalmente inutili che però possono strappare un sorriso: «Invia questo messaggio a 9 persone ed entro 7 giorni sarà di nuovo sabato. Funziona!» oppure «Invia questo messaggio a una persona che ami, una persona che odi, una persona che ti piace, una che vuoi sfottere. Ora cerca di capire perché l’hai ricevuto».