Terza età

I costi dell'invecchiamento, una sfida per le case anziani

Eliano Catelli a fine anno lascia la presidenza di ADiCASI: gli subentrerà John Baldi - Con il direttore della Solarium di Gordola tracciamo un bilancio del suo mandato e guardiamo al futuro: «Alcune strutture oggi hanno difficoltà economiche»
©Chiara Zocchetti
Giona Carcano
21.12.2023 06:00

Dopo otto anni, Eliano Catelli lascia la presidenza dell’associazione dei direttori delle Case per anziani della Svizzera italiana (ADiCASI). Dal primo gennaio gli subentrerà John Baldi, direttore amministrativo della fondazione Opera Charitas di Sonvico. Con Catelli ripercorriamo dunque gli ultimi, difficili anni del suo mandato segnati dalla pandemia, analizzando però anche le tante sfide di domani. Le strutture per la terza e quarta età stanno infatti attraversando un periodo di grandi trasformazioni: i bisogni della popolazione anziana cambiano e, con essi, i servizi e il fabbisogno di prestazioni sempre più medicalizzate e specialistiche.

Un’esperienza difficile

Prima, però, è necessario fare un passo indietro. A partire dal 2020, con l’arrivo della pandemia, le case per anziani hanno vissuto momenti difficilissimi. L’isolamento, i contagi, la morte di centinaia di ospiti di fronte all’impotenza del personale curante. Mesi bui. «Come associazione abbiamo cercato di sostenere e aiutare le case anziani ad affrontare un evento drammatico e inatteso», ricorda il presidente. «Con il compianto dottor Franco Tanzi siamo stati altresì vicini alle autorità cantonali nell’implementare man mano le misure. Nessuno era preparato a una pandemia, dunque non esistevano protocolli certi da seguire. Si procedeva guidati dal buon senso». Durante il periodo Covid, ADiCASI ha prodotto qualcosa come duemila documenti: direttive, raccomandazioni, consigli, iniziative che permettevano di facilitare la vita a residenti e personale all’interno delle strutture. Oggi, come sottolinea ancora Catelli, il Covid non è scomparso. Ci sono ancora focolai nelle case per anziani, anche se «la malattia fa meno paura e ora sappiamo come gestire i casi».

Le lezioni

L’esperienza ereditata da una fase molto dolorosa ha comunque permesso al settore di migliorarsi. A questo proposito, Catelli ricorda il ruolo centrale della collaborazione fra le diverse strutture, la necessità di dotarsi di personale medico e infermieristico specializzato, la flessibilità durante le emergenze, oppure i benefici della comunicazione attiva verso l’interno e l’esterno. E poi la lezione più importante di tutte: «Gli abbracci, i gesti di affetto, il poter stare vicini alle persone a cui teniamo, essere parte di una comunità, sono aspetti che abbiamo dato per scontato», sottolinea il presidente. «La pandemia ci ha invece ricordato il valore delle cose più semplici e di quanto peso hanno nel benessere di ciascuno di noi».

«Mancano risorse»

Sì. In pochi anni molte cose sono cambiate. Ma la trasformazione del settore è rapida, di pari passo con l’invecchiamento della popolazione. «Negli ultimi anni notiamo un costante aumento del grado di dipendenza dei residenti», evidenzia Catelli. «Il fabbisogno di cura è in aumento, e questo si traduce in un maggior bisogno – da parte delle case per anziani – di personale qualificato. È chiaro che la disponibilità di queste figure è poca. Bisogna quindi investire di più nella formazione. In questo senso sono attivi dei progetti cantonali, di cui la nostra associazione fa parte, volti a incentivare i giovani a intraprendere questa professione. Un altro aspetto importante è evitare sprechi: bisogna avere il personale qualificato laddove serve». Il settore aspetta da tempo la revisione del contratto di prestazione delle case per anziani, «che potrebbe essere uno spiraglio di luce anche nell’ambito della formazione del personale». Una revisione importante, perché regola la suddivisione dei compiti e i prezzi standard nel settore, ma che al momento sembra ancora in alto mare. «Oggi, parecchie sedi incontrano problemi economici», aggiunge il presidente. Le case anziani si confrontano con costi accresciuti a causa, ad esempio, dell’aumento del costo della vita, di molte voci di spesa non riconosciute ma di cui oggi non si può fare a meno e, non da ultimo, del maggior fabbisogno di cure e di assistenza di cui necessitano i residenti: tutto ciò concorre a far esplodere i costi. «La grossa sfida è rappresentata da bisogni sempre più individuali. Ci sono le cure, sì, ma anche le terapie riabilitative, l’intrattenimento e il servizio alberghiero. Serve un cambiamento, perché oggi facciamo fatica: le risorse non bastano più». Un altro aspetto centrale, guardando al futuro e quindi a un aumento della popolazione anziana (oggi in Ticino i residenti nelle strutture pubbliche e private sono poco meno di 5.000, mentre il settore dà lavoro direttamente a 6.000 persone), è il ruolo dei familiari curanti. La direzione intrapresa dal Cantone tramite la Pianificazione integrata anziani vuole favorire il mantenimento dell’anziano a domicilio. «È un’impostazione corretta, ma al domicilio servono persone pronte a intervenire in caso di bisogno e non sempre è possibile», spiega Catelli. E queste difficoltà si riflettono direttamente sulle liste d’attesa di molte case per anziani, che oggi possono raggiungere anche l’anno. «Sostenere l’imprenditorialità delle case per anziani, dando loro un maggior margine di manovra, per esempio facilitando l’iter burocratico per l’attivazione di nuovi servizi o promuovere la creazione di nuove strutture, potrebbero essere valide soluzioni nella direzione di una migliore ed economicamente sostenibile presa a carico dell’anziano», conclude il presidente uscente. «Il nostro cantone ha urgente bisogno di nuove case per anziani».