I dazi di Trump, tra vincitori e vinti

Dal Liberation Day, mercoledì 2 aprile, al «grande giorno per l'America», venerdì 1. agosto. La Casa Bianca ha pubblicato un elenco di quasi 70 nazioni, tra cui la Svizzera, a cui si applicheranno tariffe specifiche. Per i Paesi non inclusi nell'elenco, secondo la Casa Bianca verrà imposta una tariffa predefinita del 10%.
Donald Trump ha annunciato nuovi dazi che entreranno in vigore il 7 agosto, sei giorni dopo il previsto. Un funzionario USA ha dichiarato che la data di inizio posticipata ha lo scopo di concedere più tempo per l'attuazione delle nuove tariffe. Il piano impone una tariffa del 30% a diversi Paesi che non hanno siglato un accordo commerciale in tempo, pur introducendo agevolazioni per quelli che lo hanno fatto.
La nuova tassa minima per i paesi con cui gli Stati Uniti mantengono un saldo commerciale negativo è stata fissata al 15%. Circa 40 Stati sono soggetti a questa percentuale, tra cui Costa Rica, Ecuador, Venezuela e Bolivia. Per i Paesi con cui gli Stati Uniti mantengono un saldo positivo, il dazio sarà del 10%.

I vincitori
La maggior parte dei Paesi ha visto i dazi ridotti rispetto all'elenco del 2 aprile. L'Unione europea è stata uno degli ultimi Paesi a raggiungere un accordo commerciale con Washington, che ha fissato i dazi sulla maggior parte dei prodotti europei al 15%. Anche la Corea del Sud e il Regno Unito hanno raggiunto un'intesa che ha consentito di fissare le tariffe sulle loro esportazioni verso gli Stati Uniti rispettivamente al 15% e al 10%.
Altri Paesi che hanno registrato riduzioni significative sono stati Cambogia (dal 49% al 19%), Lesotho (dal 50% al 15%) e Vietnam (dal 46% al 20%).
I vinti
Al contrario, tre Paesi non solo non hanno beneficiato di alcuna riduzione, ma hanno anche visto i loro dazi aumentare: la Repubblica Democratica del Congo, la Guinea Equatoriale e, appunto, la Svizzera. Gli Stati Uniti hanno imposto dazi superiori al 30% alla maggior parte dei Paesi con cui non hanno raggiunto un accordo. Siria (41%), Laos (40%) e Birmania (40%) hanno registrato le tasse doganali più elevate. Segue la Svizzera, con il 39%. «Per il presidente il deficit commerciale resta una priorità», ha informato ieri sera la presidente della Confederazione, Karin Keller-Sutter. «Durante il colloquio non è stato possibile raggiungere un accordo sulla dichiarazione d'intenti negoziati tra Svizzera e Stati Uniti».
Non tutti i dazi, tuttavia, erano dovuti a ragioni strettamente commerciali. Contemporaneamente all'annuncio dell'adeguamento tariffario, la Casa Bianca ha anche annunciato dazi del 35% sui prodotti canadesi, ma in questo caso perché ha sostenuto che il Paese vicino «non ha collaborato per arginare il flusso costante di fentanyl e altre droghe illecite e ha reagito contro gli Stati Uniti per le azioni del presidente nel contrastare questa insolita minaccia». Oltre al dazio «universale» del 10%, il Brasile è stato colpito da un'ulteriore tariffa del 40%, in ritorsione per il processo in corso nel Paese all'ex presidente Jair Bolsonaro, alleato politico del presidente degli Stati Uniti. Per quanto riguarda il Messico, Trump ha parlato con la presidente Claudia Sheinbaum e ha annunciato una nuova proroga di 90 giorni.
E la Cina?
Washington e Pechino hanno raggiunto un accordo temporaneo in base al quale gli Stati Uniti hanno ridotto i dazi dal 145% al 30%, mentre la Cina ha ridotto le tasse sui beni statunitensi dal 125% al 10%. Hanno anche eliminato le restrizioni al commercio di beni chiave come terre rare e semiconduttori. Entrambi i Paesi sono impegnati in negoziati per raggiungere un accordo definitivo prima della scadenza di questa pausa, il 12 agosto, scadenza che potrebbe essere prorogata per facilitare il successo dei colloqui che «stanno procedendo bene», secondo Trump.
Oltre a questi dazi globali, quelli precedentemente stabiliti da Trump su alluminio e acciaio, che ammontano al 50%, rimangono in vigore, e Trump ha confermato che diversi prodotti realizzati con rame riceveranno lo stesso dazio all'entrata in vigore delle nuove tasse, con eccezioni come i catodi esportati dal Cile.
Che cosa si può fare, ora?
Nonostante abbia firmato l'ordine esecutivo con i dazi per tutto il mondo, Donald Trump si è detto ancora disponibile a trattare. In un'intervista alla NBC, il presidente americano ha assicurato che la sua porta sarà aperta a offerte convincenti: «Non significa che qualcuno non possa arrivare in quattro settimane e dire che possiamo fare un qualche accordo», ha detto.
Quanto alle possibili ricadute sui prezzi delle merci, il presidente USA non è apparso preoccupato. «L'unico prezzo che è aumentato è che arrivano centinaia di miliardi di dollari», ha spiegato.
Il CEO di Apple, Tim Cook, ha dichiarato che i dazi imposti da Donald Trump dovrebbero costare all'azienda oltre 1 miliardo di dollari nel trimestre. «Supponendo che le attuali tariffe non cambino per il resto del trimestre e che non ne vengano aggiunte di nuove stimiamo che l'impatto aggraverà i nostri costi di circa 1,1 miliardi di dollari», ha dichiarato Cook. Questo si aggiungerà ai circa 800 milioni di dollari che i dazi sono costati al gigante della Silicon Valley nel trimestre appena concluso, hanno dichiarato i dirigenti Apple in una teleconferenza con gli analisti. Nel secondo trimestre Apple ha re gistrato risultati superiori alle aspettative grazie al forte aumento delle vendite di iPhone con fatturato di 94 miliardi di dollari, in crescita del 10% rispetto all'anno precedente, e un utile diluito per azione trimestrale di 1,57 dollari, in progressione del 12% rispetto all'anno precedente.