I francesi credono in Macron

Un boato da far tremare la Tour Eiffel, poi la musica da discoteca dei Daft Punk a tutto volume e le bandiere della Francia sventolate insieme a quelle dell’Ue. La festa dei sostenitori di Emmanuel Macron riuniti sugli Champs-de-Mars, all’ombra della «Dama di ferro», è esplosa appena sono apparsi sui maxischermi i primi exit poll del ballottaggio, che hanno confermato la vittoria del presidente uscente, arrivato davanti alla rivale Marine Le Pen con il 58,8% dei voti.
Il vincitore arriva poco dopo, mano nella mano con la première dame Brigitte, dietro un gruppo di bambini a raffigurare il futuro della Francia. Un quadro allegorico, simile a quello dipinto cinque anni fa con la festa al Louvre, ancora una volta scandito dall’Inno alla Gioia di Beethoven per concludere l’immagine con un tocco di europeismo: il futuro della Francia nell’Unione europea.
Il primo pensiero è per gli astensionisti, che hanno superato il 28%. Un «silenzio» che dovrà essere ascoltato nei prossimi anni. Il presidente promette «risposte», a chi ha votato per lui, ma anche a chi ha scelto la rivale dell’estrema destra, accolta dai fischi non appena viene nominata. Macron richiama all’ordine i suoi, giustifica il voto spinto dalla «collera e dal disaccordo» di molti cittadini e promette una nuova Francia. La voce è rotta dall’emozione, mentre la «Dama di ferro» brilla alle spalle. «Non sono più il candidato di un campo ma il presidente di tutti», garantisce, vestendo di nuovo i panni del capo dello Stato. Macron promette un progetto «umanista e ambizioso» per rendere il Paese più «forte» e, soprattutto, più «ecologico». Ma l’impegno più importante è quello sul cambio di passo rispetto al passato. I prossimi cinque anni saranno segnati da un «metodo rifondato» per rompere con la «continuità» del «mandato che si è appena concluso». Macron si mostra consapevole delle tante divisioni e della «rabbia» che ancora una volta si sono espresse con queste elezioni e promette che «nessuno sarà lasciato sul bordo della strada». Un accenno anche alla guerra in Ucraina, che lascia presagire anni «storici» che non saranno «tranquilli». Ma anche qui la Francia può svolgere il suo ruolo e «mostrare la sua forza».
Contro l’estrema destra
Come anticipato dai sondaggi, Le Pen non è riuscita nell’impresa. Il «fronte repubblicano» contro l’estrema destra si è confermato ancora una volta solido, nonostante gli scricchiolii causati dal forte astensionismo. Gli appelli a fare sbarramento al Rassemblement National arrivati nei giorni scorsi da quasi tutte le formazioni politiche hanno dato un nuovo impulso al presidente uscente, che dopo lo slancio del 2017 si è trovato impantanato nel bilancio degli ultimi anni. Macron ha concentrato le due settimane di una campagna elettorale passata senza grande entusiasmo a parlare all’elettorato di sinistra, ricordando soprattutto quanto fatto per l’ambiente. Il candidato della maggioranza ha poi insistito sulle origini della rivale, ricordando il vero volto dietro alla maschera da moderata indossata per queste elezioni.
«Il miglior risultato di sempre»
Eppure la leader dell’estrema destra ce l’ha messa tutta per convincere i francesi del cambiamento di questi ultimi anni: via l’immigrazione dal centro del programma, così come l’uscita della Francia dall’Unione europea, per far spazio a temi più sociali come il potere d’acquisto. Uno sforzo insufficiente, nonostante Le Pen abbia parlato di «vittoria eclatante» facendo riferimento al miglior punteggio raggiunto nella storia del suo partito. Un dato che testimonia «la grande sfiducia» degli elettori nei confronti del loro presidente. Il bicchiere è mezzo pieno, quindi.
Adesso Le Pen promette «battaglia» alle prossime legislative, e garantisce di continuare il suo «impegno» in politica, nonostante la terza sconfitta alle presidenziali e la promessa di non correre più per l’Eliseo. Secondo quanto riferito dal suo delfino, Jordan Bardella, una candidatura alle legislative è più che mai probabile, sebbene ancora non ci sia nulla di ufficiale. Proprio in vista del voto di giugno, Macron nei giorni scorsi aveva promesso un «nuovo metodo», più inclusivo con le altre forze politiche moderate. In altre parole, il capo dello Stato vuole incrementare la leadership dei moderati, in un momento in cui Repubblicani e socialisti si stanno ancora leccando le ferite dopo le batoste incassate al primo turno. Un posizionamento che lo vedrebbe rafforzare la sua posizione centrista, con Le Pen e il «tribuno» della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon agli estremi. Proprio quest’ultimo ha definito le prossime elezioni come un «terzo turno» dopo le presidenziali. Macron è il presidente «peggio eletto della Quinta Repubblica», ha poi affermato il leader della France Insoumise, che si è comunque felicitato della sconfitta di Le Pen.
Per Macron, la parte più difficile arriva nei prossimi mesi, quando dovrà convincere i francesi di essere veramente cambiato.