I motivi di Prigozhin e le debolezze di Putin

A meno di 24 ore dal suo divampare, la rivolta di Yevgeny Prigozhin, fondatore e leader del gruppo Wagner, si è spenta. Dopo aver annunciato l'intenzione di rovesciare la leadership militare russa (Shoigu, ministro della Difesa, per primo) ed essersi mosso contro Mosca, Prigozhin ha rapidamente cambiato idea: andrà in esilio in Bielorussia, mentre l'inchiesta penale immediatamente aperta contro lui e i suoi mercenari sarà sospesa. Un passo indietro, questo, dovuto alla mediazione dell'alleato di Putin, Alexander Lukashenko.
È festa al Cremlino? Non proprio. Le analisi pubblicate nelle scorse ore sono concordi: l'accendersi di una ribellione è destinata a portare instabilità, anche sul lungo termine, fra i vertici russi.
Prove di debolezza
Il think tank ISW (Institute for the Study of War) ne è sicuro: il Cremlino si trova ora affrontare una situazione di «profonda instabilità. Non vogliamo fare speculazioni. Non prevediamo un imminente crollo del governo russo, come alcuni hanno fatto. Tuttavia, la ribellione di Prigozhin e la risoluzione degli eventi del 23 e 24 giugno probabilmente danneggeranno in modo sostanziale il governo di Putin e lo sforzo bellico russo in Ucraina».
L'accordo negoziato con Lukashenko, scrive l'istituto nella nota pubblicata nella notte, «è una soluzione a breve termine, e la ribellione di Prigozhin ha messo in luce gravi debolezze del Cremlino e del Ministero della Difesa russo». Il fatto che il tentativo di Prigozhin si sia sciolto come neve al sole ha generato tutta una serie di ipotesi. Ma l'ISW respinge l'idea che, in qualche modo, tutto sia stato programmato dal Cremlino: «L'idea che la ribellione di Prigozhin, la risposta di Putin e la mediazione di Lukashenko siano state tutte messe in scena dal Cremlino è assurda. L'immagine di Putin che appare sulla televisione nazionale per chiedere la fine di una ribellione armata e mettere in guardia da una ripetizione della rivoluzione del 1917 - e che poi richiede la mediazione di un leader straniero per risolvere la ribellione - avrà un impatto duraturo».
«La ribellione», sottolinea l'ISW, «ha messo in luce la debolezza delle forze di sicurezza russe e ha dimostrato l'incapacità di Putin di usare le sue forze in modo tempestivo per respingere una minaccia interna, erodendo ulteriormente il suo monopolio sulla forza. La rapida avanzata di Prigozhin verso Mosca ha ridicolizzato gran parte delle forze regolari russe - e ha evidenziato a tutte le figure di sicurezza, alle imprese statali e ad altre figure chiave del governo russo che le forze militari private separate dallo Stato centrale possono ottenere risultati impressionanti». Quasi a dire: combattere il regime è possibile.
L'iniziativa di Wagner, continua la valutazione proposta dal think tank «ha anche posto sotto i riflettori il degrado delle riserve militari russe, quasi interamente impegnate nei combattimenti in Ucraina, nonché i pericoli derivanti dall'affidarsi a coscritti inesperti per difendere i confini della Russia. Il Cremlino ha faticato a rispondere rapidamente nello spazio informativo e i residenti di Rostov sul Don non si sono opposti al gruppo Wagner e in alcuni casi li hanno salutati calorosamente - non dimostrando intrinsecamente un'opposizione a Putin, ma almeno l'accettazione delle azioni di Prigozhin». Poi, una nota sui servizi segreti russi, l'FSB: «L'apparente sorpresa del Cremlino per la mossa di Prigozhin non si riflette positivamente sul Servizio di sicurezza interno».
Perché tentare il tutto per tutto?
In Russia, insomma, tutti sembrano esserne usciti sconfitti, non solo Prigozhin. Ma perché il 62.enne ha voluto rischiare il tutto per tutto? Il leader della Wagner, ipotizza l'ISW, «ha probabilmente scommesso che l'unica possibilità di mantenere il Gruppo come forza indipendente fosse quella di marciare contro il Ministero della Difesa russo, probabilmente con l'intenzione di assicurarsi defezioni nell'esercito russo, ma sopravvalutando le proprie prospettive. Prigozhin, forse, considerava la scadenza del 1. luglio (fissata dal Ministero della Difesa per formalizzare il controllo su tutte le formazioni irregolari) come una minaccia esistenziale alla sua sopravvivenza politica (e forse personale)». La sua unica speranza di successo, dunque, «era quella di assicurarsi le defezioni nel Ministero della Difesa, cosa che non è avvenuta. Prigozhin ha quasi certamente pianificato questo sforzo in anticipo, data la coordinazione e la velocità osservate dei movimenti del Wagner».
L'errore di valutazione di Prigozhin, anche qui, potrebbe avere impatti duraturi: «La ribellione potrebbe aver eroso il sostegno a Prigozhin tra la comunità utranazionalista e persino all'interno dello stesso gruppo Wagner, in quanto ha costretto le autorità regionali e le organizzazioni di reclutamento affiliate a Wagner a prendere posizione contro il suo tentativo. E ha probabilmente irritato anche molti membri del personale Wagner, non dando seguito al suo tentativo di marcia su Mosca».
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L'ammutinamento di Yevgeny Prigozhin ha messo in luce, dicevamo, la debolezza interna della Russia. Sotto accusa, in particolare, la Guardia nazionale, Rosgvardia. Mobilitata dalle autorità russe, «nessun rapporto o filmato da noi analizzato», evidenzia ISW, «suggerisce che la Rosgvardia si sia effettivamente opposta al gruppo Wagner» nelle ore di ribellione. «La missione fondamentale della Rosgvardia è quella di proteggere il Paese dalle minacce interne alla sicurezza, come un'avanzata su Mosca, ed è notevole che non si sia impegnata anche quando i mercenari hanno catturato risorse militari d'importanza critica a Rostov sul Don e distrutto aerei militari russi». Ma ancora più significativo, forse, l'attendismo degli alleati di Putin, Kadyrov in primis. «Le forze cecene di Ramzan Kadyrov, anch'esse teoricamente specializzate nella sicurezza interna, hanno dichiarato di essersi attivate in risposta all'avanzata di Wagner, ma in realtà non hanno mai incontrato o ingaggiato il gruppo». E il fatto che a risolvere la questione sia stato Lukashenko e «umiliante per il presidente russo e potrebbe garantire al leader bielorusso altri vantaggi. Lukashenko avrebbe utilizzato i propri "canali esistenti" per chiarire la situazione sul campo e negoziare con Prigozhin». Il debito creato da questa "de-escalation" potrebbe dare coraggio a Minsk: «Lukashenko cercherà di usare questo successo per promuovere i propri obiettivi, come impedire a Putin di usare le forze bielorusse in Ucraina».