Medio Oriente

«I raid sui siti umanitari a Gaza sono un crimine di guerra»

Dura condanna da parte delle Nazioni Unite dopo che, questa mattina, l’esercito israeliano ha aperto il fuoco su civili in attesa di ricevere beni di prima necessità presso un centro di distribuzione a Rafah
© Abed Rahim Khatib
Francesco Pellegrinelli
03.06.2025 20:00

La condanna delle Nazioni Unite e del Parlamento europeo è arrivata a poche ore dalla nuova «strage del pane» costata la vita a 27 civili palestinesi, uccisi questa mattina dal fuoco dell’esercito israeliano, a ovest di Rafah, nei pressi di un sito per la distribuzione degli aiuti umanitari controllato dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), la nuova e controversa organizzazione non governativa (ONG) comparsa recentemente nel contesto del conflitto israelo-palestinese con l’obiettivo di gestire la distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza.

«Crimini di guerra»

L’ONU non ha esitato a parlare di «crimini di guerra» e di «inaccettabile trappola mortale». «Gli attacchi letali contro i civili che cercano di accedere a misere quantità di aiuti alimentari sono immorali», ha commentato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk. Non meno categorica la dichiarazione della presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, secondo cui alcuni ministri degli Esteri hanno chiesto di rivalutare le relazioni tra Bruxelles e Israele. «La situazione a Gaza – ha detto – è catastrofica. Bambini, donne e uomini muoiono ogni giorno e noi, in quanto principale donatore di aiuti umanitari, dovremmo chiederci dove vanno a finire questi aiuti».

Ammissioni e precedenti

Le forze di difesa israeliane (IDF) hanno confermato di aver aperto il fuoco «su sospetti palestinesi che si sono avvicinati alle postazioni militari a circa 500 metri da un sito di distribuzione». Secondo l’esercito, mentre folle di palestinesi si dirigevano verso il sito di distribuzione degli aiuti a Rafah attraverso percorsi organizzati, «le truppe hanno individuato diversi sospetti che si avvicinavano alle postazioni militari, deviando dal percorso approvato, a circa mezzo chilometro dal complesso degli aiuti. I soldati hanno sparato colpi di avvertimento e – poiché i sospetti non si sono dispersi – hanno continuato a sparare».

Sale così a tre il numero degli episodi con spargimento di sangue legati al nuovo sistema di distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, sostenuto da Israele e dagli Stati Uniti. Il 27 maggio, durante il primo pomeriggio di distribuzione, le forze israeliane avevano aperto il fuoco su decine di persone, mentre nel caos venivano distribuite quantità del tutto insufficienti di beni di prima necessità. Domenica, si è verificato il secondo episodio, contestato quest’ultimo dalle Forze di difesa israeliane. Le quali hanno parlato di «colpi d’avvertimento», pubblicando al contempo un video che mostra uomini mascherati e armati che sparano sui civili per impedire loro di andare a ritirare il cibo. Infine, questa mattina, il terzo episodio, accompagnato dalle ammissioni dell’esercito.

«Fuori dall’area»

Dal canto suo, la Gaza Humanitarian Foundation (GHF) ha dichiarato «di non avere il controllo sull’area al di fuori dei siti di distribuzione e delle zone circostanti, e di non essere a conoscenza di attività delle forze armate israeliane al di fuori del loro perimetro». Come riportato da diversi organi di stampa, tra cui il quotidiano israeliano Haaretz, la ONG ha affermato che «sebbene la distribuzione degli aiuti si sia svolta in sicurezza e senza incidenti all’interno del nostro sito, siamo a conoscenza del fatto che l’esercito israeliano sta indagando per chiarire se diversi civili siano rimasti feriti dopo aver oltrepassato il corridoio di sicurezza designato, ed essere entrati in una zona militare chiusa».

Il sistema degli aiuti

Il nuovo programma di aiuti ha sostituito un sistema precedentemente supervisionato dalle Nazioni Unite, che distribuiva generi alimentari da circa 400 punti dislocati sull’intero territorio.

Israele sostiene che la nuova modalità è necessaria per impedire ad Hamas di appropriarsi degli aiuti, accumulare scorte e finanziare il proprio sforzo bellico, anche rivendendo il cibo alla popolazione a prezzi elevati. Intanto, però, a seguito dell’assedio totale imposto dalle autorità israeliane lo scorso 2 marzo, la totalità di Gaza è ora a rischio carestia. Per questo motivo, le Nazioni Unite si oppongono alla nuova gestione che prevede un numero significativamente inferiore di punti di distribuzione e che metterebbe in pericolo numerosi civili costretti a percorrere lunghi tratti a piedi, in prossimità delle linee militari israeliane. L’ONU ritiene inoltre che il piano israeliano sarebbe orientato a sfollare la popolazione della Striscia di Gaza settentrionale.

Le critiche di MSF

Ferme critiche alla nuova gestione degli aiuti umanitari sono arrivate, nei giorni scorsi, anche da Medici Senza Frontiere (MSF), tramite una nota diffusa domenica, dopo il precedente episodio. «Gli eventi hanno dimostrato che questo nuovo sistema di distribuzione degli aiuti è disumanizzante, pericoloso e gravemente inefficace», ha dichiarato Claire Manera, coordinatrice delle emergenze per Medici Senza Frontiere. L’équipe medica di MSF, attiva presso l’ospedale Nasser di Khan Younis, ha prestato soccorso a numerosi feriti, molti dei quali per arma da fuoco, e raccolto alcune testimonianze, tra cui quella di Mansour Sami Abdi, padre di quattro figli: «Ci dicevano di prendere del cibo, poi sparavano da ogni direzione. Ho corso per 200 metri prima di rendermi conto che mi avevano sparato. Questo non è aiuto umanitario. È una bugia. Dovremmo andare a prendere del cibo per i nostri figli e poi morire?». MSF ha quindi ribadito che, insieme alle campagne di bombardamento che uccidono civili, l’uso militare degli aiuti, in questo modo, può costituire un crimine contro l’umanità. «Solo un cessate il fuoco duraturo e l’immediata apertura dei confini di Gaza agli aiuti umanitari – inclusi cibo, forniture mediche, carburante e attrezzature – possono alleviare questa catastrofe provocata dall’uomo».

Il freddo computo dei morti, intanto, cresce ogni ora. Il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, parla di oltre 54 mila morti in 606 giorni di guerra, innescata dall’attentato di Hamas del 7 ottobre 2023.