«I saldi sono diventati la nuova normalità»

Cosa sono i saldi oggi? Difficile definirlo con precisione, in un panorama commerciale sempre più fluido, meno strutturato e vincolante. In Italia perlomeno c’è una data di inizio - e infatti i media d’oltre confine hanno parlato nei giorni scorsi della solita «corsa ai saldi» - e regole piuttosto precise. Non in Svizzera, non dal 1995, anno della liberalizzazione. Saldi tutto l’anno? Tra giornate speciali, offerte speciali e sconti speciali, i saldi non sono più un momento da attendere, non sono più un momento altrettanto speciale. E lo confermano da una parte i consumatori, dall’altra - al netto di qualche poderosa eccezione (si veda a lato), meta però internazionale - i commercianti.
La liberalizzazione
Lorenza Sommaruga, presidente della Federcommercio ticinese, aveva già avuto modo di definire «una giungla» il mercato dei saldi nel cantone. «Oggi non lo definirei più come una giungla, bensì come la normalità. Questa liberalizzazione è un dato di fatto. E tornare indietro non si può». Evelyne Battaglia Richi, presidente dell’Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana (ACSI), aggiunge: «La tendenza di oggi è quella che io definisco come la moda del 50%: saldi tutto l’anno, utilizzando anche usanze che non appartengono alla nostra cultura, come il Black Friday o il Cyber Monday. Il tutto pur di invogliare il consumatore a consumare di più. Un principio, questo, che non condividiamo. La nostra filosofia è di indurre il consumatore a consumare invece in modo ragionevole e sostenibile, evitando gli sprechi».
Una questione di sostenibilità
Una sostenibilità e una ragionevolezza invocate da entrambe le parti. Evelyne Battaglia Richi individua due categorie di consumatori: «Da un lato quelli estremamente formati e attenti, al punto da non lasciarsi accecare da questi saldi ormai continui, dall’altro quelli che se vedono la parola saldo rimangono ancora attratti, al punto da comprare prodotti di cui poi non saranno soddisfatti. Il problema, in questo senso, è la tendenza al sovraconsumo, ma ciò non riguarda soltanto il tema dei saldi. A favorirlo è anche e soprattutto la possibilità di fare acquisti 24 ore su 24». Insomma, sullo sfondo della questione resta la concorrenza dell’online, dell’e-commerce, una concorrenza che i commercianti devono pur contrastare in qualche modo. Lorenza Sommaruga: «Dobbiamo cercare di stare al passo dell’“evoluzione” del commercio. Una volta non esisteva questa concorrenza e non esistevano usanze come quelle in voga oggi, e i saldi erano programmati due volte all’anno. Tutti, piccoli e grandi, siamo messi alla prova, una dura prova, specie a fine stagione, nel creare quella liquidità necessaria ad affrontare i costi di una nuova stagione».
Metterci la faccia
Sembra quasi esserci, per consumatori e commercianti, nostalgia delle regole del passato. Battaglia Richi però sottolinea: «Le modalità di consumo sono cambiate. E anche chi fa commercio “non online” in qualche modo deve adeguarsi. Non è quindi una questione di regole. È più che altro una questione di consapevolezza. Il consumatore deve essere informato e cosciente, più di quanto non lo fosse una volta, in merito alle decisioni di acquisto. Il nostro compito, come ACSI, è rendere il più possibile trasparente la catena che porta alla vendita di un prodotto e poi rendere attento il consumatore dei rischi che corre, anche di fronte a un saldo, tra prezzi originali nascosti e inganni sulle scadenze dei prodotti ». Va trovato un nuovo equilibrio. «È la parola giusta - aggiunge Sommaruga - perché è proprio l’equilibrio a essere venuto a mancare, sia per i consumatori che per i negozianti. Il consumatore fatica a riconoscere la merce di qualità e il momento giusto per fare acquisti. Il commerciante invece fatica a vendere i propri prodotti nel periodo giusto - costumi d’estate e cappotti d’inverno, per intenderci - E l’unica via d’uscita è puntare sulla qualità del servizio e dell’offerta, su ciò che online non si può trovare, ovvero la personalizzazione, la fidelizzazione. Non possiamo imitare l’online, non si può competere con quel ramo, possiamo però puntare su ciò che ci rende unici, mettendoci la faccia».

«È anche un momento social»
Non è la meta a dare senso a un viaggio. Così come non è l’acquisto finale a dare necessariamente senso a una giornata di shopping, trascorsa passeggiando in città tra le vetrine con amici o parenti. Di questo sono convinti i ticinesi che in questi giorni sono in giro per Lugano, passando da un negozio all’altro, provando giacche e vestiti più per sognare e per curiosità che per la reale intenzione di spendere. In un’epoca di Black Friday, Cyber Monday e offerte tutto l’anno, i saldi diventano quindi un catalizzatore, una buona scusa per uscire di casa e rompere con la routine di gennaio. Si passeggia, nella speranza di trovare l’offerta giusta, quella per cui vale la pena aprire il portafogli. «Tra acquisti online e saldi, non ricordo neanche più quando è stata l’ultima volta che ho pagato qualche capo di abbigliamento al prezzo di listino – racconta Giulia, 25enne del Luganese – Forse è proprio per questo che i saldi non diventano più quell’appuntamento imprescindibile per chi vuole comprare qualcosa di marca a prezzi umani». I tempi cambiano, anche se non sempre cambiano come vorremmo noi. Ma una cosa sembra non essere cambiata, mantenendo un plusvalore a dispetto delle nuove tecnologie: la bellezza di entrare in un negozio dove si viene accolti, si è consigliati e si ha la possibilità di toccare con mano l’articolo del desiderio. «Dare un volto, un nome, alla persona che mi sta servendo lo trovo ancora un valore aggiunto difficilmente eguagliabile. Per questo non compro praticamente mai online e mi affido ancora ai negozi», spiega Marco, in giro con moglie e due bambini a caccia di offerte. Una teoria sulla quale tutte le persone in giro per Lugano sembrano essere d’accordo. Ma è verosimilmente difficile trovare un contraddittorio: in fondo, tutti quelli che non sono d’accordo in questi giorni è più facile trovarli collegati a qualche piattaforma online piuttosto che per le vie del centro.

Il gigante momò e le regole italiane
Il Fox Town negli scorsi giorni è stato preso d’assalto. Come ogni anno, la comparsa dei saldi è accompagnata da file di automobili sulle strade che portano verso il centro commerciale di Mendrisio, da ore di attesa per un posteggio e colonne fuori dai negozi nella speranza di poter mettere le mani su capi d’abbigliamento, scarpe o oggetti firmati, a prezzi ridotti. I negozianti concordano tutti, senza eccezioni: «La stagione dei saldi sta andando molto bene». Per alcuni gli affari sono in linea con gli anni scorsi, per altri addirittura migliori. Indubbiamente «questo è sempre un periodo positivo per i negozi», ci spiega la gerente di Pepe Jeans.
Promozioni e non solo
Ad attirare sono sì le numerose promozioni - girando per i corridoi e le mall del centro i cartelloni che assicurano risparmi fino al 70, al 60 o al 50% sono ovunque - ma non è l’unico fattore che porta affluenza al centro commerciale momò. «Quest’anno Fox Town ha creato un’app dedicata ai clienti: una sorta di carta fedeltà con cui si possono accumulare punti che danno accesso a diverse agevolazioni», dichiara una delle commesse di Woolrich, aggiungendo anche che uno degli aspetti che hanno giocato a favore della maggiore affluenza è pure la migliore informazione rivolta ai clienti che arrivano da oltreconfine: «Negli scorsi anni si notava un boom di arrivi il giorno in cui iniziavano i saldi in Italia, perché molti utenti non sapevano che al Fox Town le promozioni sono in vigore già a partire dal 27 dicembre. Quest’anno invece l’affluenza è stata più omogenea fin da subito». Da WMF, negozio attivo nella vendita di articoli per la casa, dichiarano che «dal 4 gennaio (data di inizio degli sconti in Italia, ndr) si è notato un calo della clientela». Anche in un altro negozio, quello di un noto marchio d’abbigliamento sportivo, la percezione del calo di clientela è chiara, ma sarebbe avvenuta dal 6 gennaio.
La riscossione dell’IVA
Un anno fa «La Provincia» propose un articolo dal titolo: «Ticino, è già tempo di saldi all’outlet. E Como s’arrabbia». Tra le voci riportate, c’era anche chi avanzava un’ipotesi molto forte: «Ci fanno concorrenza sleale durante tutto l’anno». Marco Cassina, titolare del negozio di abbigliamento Peter Ci in piazza Duomo e delegato per Confcommercio per il settore abbigliamento, oggi spiega: «Non so quanto pesi il turismo italiano dello shopping in Ticino. Forse non più come una volta. Certo, un’altra cosa è il Fox Town. Una provocazione: cosa succederebbe se l’Italia fosse in grado di far pagare l’IVA a tutti gli italiani che vengono al Fox Town come la dogana svizzera fa con gli svizzeri che fanno acquisti da questa parte del confine?».
Il dibattito sulle date
In tutti i casi, l’inizio del periodo dei saldi, perlomeno in centro a Como, appare positivo. «Un buon inizio, sì - conferma ancora Cassina - In centro c’è tanta gente, ma la ricaduta sui negozi non è la stessa rispetto a quella, immediata, su bar e ristoranti. Un certo tipo di clientela anzi aspetta momenti più tranquilli. La clientela svizzera non è da weekend». I saldi, anche oltre confine, benché più regolamentati, non sono più visti come una volta. «Purtroppo sono meno motivanti di un tempo, a causa della possibilità di acquisti scontati tutto l’anno. Oggi proprio per questo è importante stare attenti a ciò che si compra». I commercianti italiani come vivono le regole sui saldi? «La legge è chiara; ma il nostro è il Paese in cui se c’è una legge si cerca di aggirarla. Il dibattito c’è, perché ormai si vende per più mesi a prezzi scontati che non a prezzi pieni. C’è quindi chi vorrebbe spostare la data di partenza a febbraio e chi vorrebbe togliere i vincoli. Non so quale sia la strada giusta. Una cosa è certa: il mondo va verso la ricerca del prezzo più basso, ma mantenere una data per i saldi è comunque efficace, perché mantiene al contempo la tradizione al saldo».