I tentacoli della criminalità organizzata in Ticino

BELLINZONA - Alzi la mano chi, passando davanti a uno dei negozi in centro in cui non si vede mai un cliente, non ha pensato: «Questi stanno in piedi perché riciclano denaro». Ma è davvero così? Quanto è diffuso il fenomeno e quanto invece è leggenda metropolitana? In Ticino, vista la stretta sul settore bancario, la criminalità organizzata ha davvero deciso di investire maggiormente «nell'economia reale»? Bar, ristoranti, gallerie d'arte e società edili sono utilizzate come lavatrici? Alcune indagini italiane (per esempio quella denominata Stige) sembrano dire di sì. E poi ci sono 'ndranghetisti (uno su tutti: l'ex killer Gennaro Pulice) che hanno candidamente ammesso di essere venuti in Ticino, in questo caso a Viganello, per «fare impresa». Aprendo bar, mobilifici e pseudo società di consulenza. Tutto per riciclare. Di questo – e di altro – abbiamo parlato con quattro esperti: il procuratore generale John Noseda, l'avvocato Paolo Bernasconi, l'ex procuratore federale capo Pierluigi Pasi e Antonio Nicaso (che recentemente ha pubblicato un libro a quattro mani con il procuratore antimafia Nicola Gratteri). Il quadro che ne emerge è piuttosto preoccupante. Anche da noi sono già stati registrati diversi «reati-spia» (indicatori della presenza della criminalità organizzata). E più di un interlocutore ha espresso dubbi sulla reale volontà delle autorità (ticinesi ed elvetiche) di andare a fondo, di mettere un argine al rischio di infiltrazioni. Oggi, in questa prima puntata, riportiamo i pareri di Noseda e Bernasconi.
Tutti i dettagli a pagina 2-3 del Corriere del Ticino di oggi.