Il passato che ritorna

I terreni inquinati del Sopraceneri

La nuova Bellinzona confrontata con la grave contaminazione dell’ex Petrolchimica di Preonzo - Ma non è un caso unico
© CdT/Gabriele Putzu
Barbara Gianetti Lorenzetti
Giona Carcano
Simone Berti
Alan Del Don
Barbara Gianetti Lorenzetti,Giona Carcano,Simone BertieAlan Del Don
11.11.2019 06:00

Un quarantennio di attività industriale con conseguenze nefaste per il terreno che l’ha ospitata. La Petrolchimica di Preonzo sta presentando il conto. L’ex raffineria chiusa negli anni Novanta ha lasciato in eredità uno dei due inquinamenti più gravi attualmente noti in Ticino, insieme a quello dell’ex Galvachrom di Rivera, e un punto di partenza inprescindibile se si parla di inquinamento del suolo, come facciamo oggi con focus sul Sopraceneri. Idrocarburi, solventi clorurati, policlorobifenili e metalli pesanti in quantità importanti. Per le acque sotterranee il rischio è sotto controllo ma rilevante. La soglia d’allarme è stata raggiunta, occorre intervenire. La fattura per gli interventi necessari - dalla progettazione fino all’esecuzione - è stimata in 20-25 milioni di franchi. Chi pagherà? Sarà possibile chiamare alla cassa i responsabili? Chiamata in causa, Tamoil intanto declina ogni responsabilità (articolo a fianco). Quel che conta, per Città e Cantone, è anzitutto bonificare il terreno senza tergiversare, poi si vedrà. Il Dipartimento del territorio assegnerà un mandato per effettuare un’indagine dettagliata che determini l’origine anche con l’obiettivo di far pagare i responsabili.

Anzitutto la pulizia in superficie

Da un punto di vista tecnico, la prossima tappa sull’agenda del Comune di Bellinzona per la Petrolchimica è la progettazione della demolizione delle sovrastrutture ancora esistenti sul terreno, contro cui la vegetazione sta intanto riguadagnando spazio. «Il mandato è già stato assegnato e stimiamo una spesa di circa 800.000 franchi», spiega il capodicastero Opere pubbliche e ambiente Christian Paglia. L’importo dovrà essere richiesto al Legislativo cittadino tramite un apposito messaggio. «Il costo sarà in massima parte finanziato dal Cantone ma dobbiamo ancora discutere i dettagli», aggiunge il municipale. Il progetto andrà poi sottoposto anche alla Confederazione, che pure dovrebbe partecipare alla spesa. Intanto emerge che tra le strutture da rimuovere potrebbe esserci anche dell’amianto.

Quelle chiazze in Birreria

Ma non solo la Petrolchimica occupa la Città di Bellinzona. Sul vasto territorio del Comune aggregato i dossier sono numerosi. Altri terreni sul territorio della Turrita aggregata hanno dovuto essere risanati o dovranno esserlo, come dicevamo. A cominciare dall’area dell’ex Birreria di Carasso. Era parzialmente inquinata e ha dovuto essere sistemata nell’ambito del cantiere per la realizzazione del nuovo Ecocentro comunale che nella stessa zona sostituirà quello esistente, non più funzionale e sottodimensionato. Il terreno presentava soprattutto delle chiazze di idrocarburi frutto delle attività precedenti (nell’area erano attive una stazione di servizio e, appunto, l’ex Birreria). Circa 2.000 metri cubi di materiale inerte sono stati bonificati in un centro specializzato con sede a Mezzovico tramite un trattamento speciale, mentre altri 5.000 metri cubi sono stati smaltiti in una normale discarica. Il costo totale dell’operazione è stato di 620.000 franchi. Per un eventuale contributo alla spesa da parte del Cantone, puntualizza ancora Christian Paglia, una discussione non è ancora stata intavolata.

Vecchie strutture sportive

Un altro inquinamento a cui dovrà far fronte la Città è quello dell’ex Tennis club palestra, nei pressi della Palestra federale e del nuovo skate-park. Spendendo in questo caso circa 150.000 franchi, a breve verrà rimosso il manto sintetico che presenta tracce di zinco (era un materiale abitualmente utilizzato in passato per questo genere di impianti), così come 2-3 centimetri di asfalto a sua volta contaminato con zinco e mercurio. Il tutto verrà smaltito nell’ambito del trattamento dei rifiuti speciali.

L’incognita dello stand di tiro

A questo dossier se ne aggiungerà infine presto un altro. È quello dello stand di tiro dei Saleggi, al confine con il quartiere di Giubiasco. L’impianto, ricordiamo, è destinato a essere smantellato (e delocalizzato) per far posto al futuro ospedale di Bellinzona che dovrebbe sorgere entro il 2030 sostituendo il vecchio San Giovanni. «Sul medio termine andrà indagato il grado di inquinamento e la relativa bonifica anche di questa area con particolare riferimento alla zona in cui partono e arrivano i colpi», conclude il capodicastero Opere pubbliche e ambiente Christian Paglia. I lavori, evidentemente, potranno comunque essere effettuati solo quando lo stesso stand di tiro sarà stato spostato, nei prossimi anni.

Metà area dell'ex Monteforno è stata risanata

«I costi sono preventivati in circa 50 milioni di franchi. Pur essendo solo a metà dei lavori è verosimile che questo importo non verrà raggiunto. La spesa sarà assunta da noi che ci rifaremo in parte sui perturbatori mediante una riduzione proporzionale del valore del terreno». Il portavoce dell’Ufficio federale delle strade Eugenio Sapia fa il punto sugli interventi, iniziati nel 2018, sull’area dell’ex Monteforno a Giornico. Entro fine 2020 si prevede di riciclare e smaltire circa 300.000 tonnellate di materiale inquinato. Attualmente si è a metà (140.000 per la precisione).

Tutto come previsto

I principali inquinanti rilevati sono «quelli che erano stati identificati durante le indagini tecniche. Le problematiche principali sono legate alla presenza di metalli pesanti (soprattutto rame, zinco, cromo e piombo) e bifenili policlorurati nonché, in misura minore, di idrocarburi o idrocarburi policiclici aromatici». La situazione riscontrata rispecchia a grandi linee quanto previsto in fase di progettazione. Sui fondi dell’ex Monteforno, ricordiamo, si insedierà dal 2023 il Centro di controllo dei veicoli pesanti.

Valutazioni in corso

Bisognerà invece verosimilmente attendere il 2022 per conoscere nel dettaglio quali terreni dovranno essere bonificati alle Officine FFS di Bellinzona, che come noto traslocheranno a Castione. Fra poco più di un anno, ci hanno fatto sapere le Ferrovie, verrà pubblicato il progetto dettagliato del moderno stabilimento industriale nel quadro della procedura di approvazione dei piani. Nel merito dei fondi da risanare «attualmente ci sono delle proiezioni. Tuttavia, visto che non è stato possibile effettuare tutti i tipi di sondaggio necessari, ad oggi il quadro non è ancora completo», precisa il portavoce dell’ex regia federale Patrick Walser. L’azienda non solo collabora con il Cantone e la Città, ma ha dato mandato a degli specialisti per capire dove, come e quando intervenire. «Nelle prossime fasi sono ancora necessari degli approfondimenti. È pertanto prematuro parlarne ora». Così come non vengono fornite cifre relative alla bonifica, «in quanto parte integrante dei costi complessivi» per l’edificazione del sito produttivo (360 milioni).

Caso Camedo: il Cantone accusatore privato

Che il caso fosse approdato sul tavolo del Ministero pubblico lo avevamo anticipato nello scorso maggio, dando notizia di una denuncia inoltrata alla Magistratura da parte di un consigliere comunale di Centovalli. Ora la vicenda del limo inquinato depositato abusivamente a Camedo registra un ulteriore sviluppo, con il Cantone che ha colto l’occasione della procedura penale per costituirsi accusatore privato. Tra l’altro anche perché la zona in riva al lago di Palagnedra dove è stato depositato il materiale è di proprietà del demanio cantonale.

Intorbidamento sospetto

Il caso – che aveva poi suscitato non poco clamore e anche diversi atti parlamentari a livello cantonale e comunale – era venuto alla luce in seguito ad un’indagine giornalistica del periodico l’Inchiesta. Ma le autorità cantonali si erano mobilitate prima, dopo – come aveva spiegato il Governo nella risposta ad un’interrogazione – la segnalazione di un intorbidamento delle acque del lago di Palagnedra.

Ordine di sgombero

Si era poi scoperto che il fenomeno era dovuto all’influsso di una frana sul versante italiano del fiume, ma anche alla presenza di limo sulla riva. Trattandosi di un deposito non conforme, il Consiglio di Stato ne aveva ordinato la rimozione e la consegna alla discarica di Gnosca.

Idrocarburi presenti

Nel frattempo erano state effettuate analisi sul materiale; esami che hanno permesso di definirlo «leggermente inquinato», con tracce di idrocarburi. Da qui la decisione del Cantone di costituirsi accusatore privato. Eventuali ulteriori passi nei confronti della ditta coinvolta saranno valutati una volta noti gli esiti dell’inchiesta giudiziaria.

"Il Ticino è in linea con la media svizzera"

Della bonifica dell’ex Petrolchimica di Preonzo se ne occuperà l’ente pubblico. Cantone, Città e Confederazione. Sì. Ma in Ticino, come ci conferma Mauro Togni – capo ufficio della Divisione dell’ambiente sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo – non esistono ditte specializzate per opere di questa portata. «Per la procedura OSiti (Ordinanza sul risanamento dei siti contaminati) necessaria e la bonifica del sito si dovrà fare ricorso a uno studio ambientale specializzato con esperienza diretta di risanamenti simili, in particolare con riguardo alla grandezza del sito e alle sostanze inquinanti presenti. In Ticino finora non siamo stati confrontati a risanamenti di questo tipo, difficilmente ci potrà dunque essere una ditta ticinese che, sola, si faccia carico del lavoro».

Le tre possibili varianti

Probabilmente si dovranno appaltare i lavori a un’azienda d’oltralpe oppure estera. Ma in cosa consiste la lunga procedura di riqualifica del mappale dell’ex Petrolchimica? «La procedura di risanamento è codificata dall’OSiti e si sviluppa a tappe», spiega Togni. «Prima di arrivare alla bonifica vera e propria, è necessario eseguire un’indagine di dettaglio, predisporre uno studio delle varianti di risanamento, ed elaborare un progetto di risanamento. Questi passi procedurali devono inoltre sempre essere avallati dalla SPAAS e dall’Ufficio federale dell’ambiente. Al momento, non siamo ancora in grado di dire se si tratterà di una decontaminazione (scavo e asporto), di un trattamento in-situ dell’inquinamento (impianto di trattamento/bonifica), di un contenimento dell’inquinamento, o di una combinazione delle tre possibili varianti».

L’Osservatorio

Sul sito dell’Osservatorio ambientale della Svizzera italiana è possibile – tramite una mappa interattiva – visualizzare tutti i siti inquinati in Ticino. Sono centinaia, e variano a seconda della classificazione (da sito dove non sono previsti effetti dannosi a sito dove si impone una bonifica). «Nel nostro cantone ci sono circa 1.725 iscrizioni nel catasto dei siti inquinati», commenta il capoufficio. «Di queste meno di una decina si riferiscono a siti contaminati, cioè da risanare obbligatoriamente ai sensi OSiti. La procedura di bonifica di questi siti è avviata oppure è ancora in corso. Le cifre, va sottolineato, sono in linea con i numeri degli altri cantoni».

Tra pneumatici e frigoriferi

Un altro caso eclatante di inquinamento riguarda la discarica ex Russo a Pollegio. Il sito fu utilizzato abusivamente nel periodo tra la metà degli anni Sessanta e il 2000 quale centro di raccolta, trattamento, demolizione e deposito di rifiuti (auto, rottami metallici, pneumatici, rifiuti industriali, frigoriferi). Risultato: 16.000 metri cubi di materiale da bonificare. Il preventivo parla di 3 milioni di franchi a carico dello Stato, essendo deceduto il responsabile. «La bonifica a Pollegio è prevista nel corso dell’estate 2020», rileva Mauro Togni. «Il sito è conosciuto e il risanamento è abbastanza semplice (si tratta di scavare, eseguire una separazione dei rifiuti, e in seguito smaltirli), non sono dunque prevedibili sorpassi del preventivo di spesa».