L'analisi

I varchi su inflazione e crescita che fanno meno grigio il quadro

Dal World Economic Forum la conferma delle difficoltà esistenti ma anche alcuni spiragli che ora possono favorire una tenuta - Sul piano geopolitico la guerra in Ucraina resta un’incognita, mentre dalla Cina sono arrivati messaggi che riducono in parte le tensioni
© AP Photo/Markus Schreiber
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
23.01.2023 06:00

Nei cinque giorni dell’edizione 2023 del World Economic Forum di Davos, che si è chiusa venerdì scorso, il confronto è stato ampio, sia sugli scenari economici sia sugli assetti geopolitici. Gli interventi e le analisi dei leader dell’economia e della politica sono stati ancora una volta tanti e con direzioni di marcia talvolta diverse tra loro. Considerando anche il carattere realmente mondiale del Forum, vale comunque la pena di vedere cosa prevalentemente è emerso, in sintesi, su alcuni dei capitoli principali del confronto: inflazione, crescita economica, guerra in Ucraina, rapporti tra Occidente e Cina.

I rincari
C’è stato un largo consenso sul fatto che l’inflazione a livello mondiale ha probabilmente toccato i suoi picchi nei mesi scorsi e che quindi la graduale discesa dovrebbe continuare nei prossimi mesi. I segnali sono stati definiti incoraggianti da molti al WEF. Ciò non significa peraltro che la lotta contro l’inflazione, che si basa anche su aumenti dei tassi di interesse, si debba ora fermare, perché i livelli sono ancora alti e perché appunto la discesa è appunto graduale. Tra i maggiori elementi di rischio ci sono ancora l’evoluzione non decifrabile della guerra in Ucraina, con effetti soprattutto sul teatro europeo, e la probabile risalita dell’economia cinese, fatto in sé positivo ma che potrebbe comportare un balzo della domanda di energia e materie prime e dunque nuove pressioni al rialzo sui prezzi. L’opinione prevalente resta però per ora quella di un argine complessivo alla domanda globale e quindi di un proseguimento della discesa dell’inflazione, seppur lenta.

Il rallentamento
Rallentamento economico o recessione mondiale? Attorno a questa domanda si gioca molto, perché un conto è rimanere nella crescita, seppur limitata, e un altro è andare nettamente in territorio negativo. Due situazioni diverse non solo per gli effetti economici nell’immediato, ma anche per il grado di fiducia sul futuro. Il Forum quest’anno è iniziato con una marcata presenza di analisi tendenti a indicare una recessione globale nel 2023, ma strada facendo il quadro è parzialmente cambiato, hanno ripreso forza le posizioni che prevedono una crescita ridotta ma non una recessione. Il Fondo monetario internazionale renderà note le sue nuove previsioni a fine mese, intanto i suoi vertici a Davos hanno anticipato alcune valutazioni. I nuovi numeri, a detta degli stessi dirigenti dell’FMI, non dovrebbero scostarsi molto da quelli dello scorso ottobre, quando il Fondo aveva indicato una crescita mondiale pari al 2,7% nel 2023, meno del 3,2% del 2022 e del 6% del 2021 (rimbalzo post pandemia), ma senza recessione globale annua.

L’invasione russa
La guerra in Ucraina causata dall’invasione russa ha occupato inevitabilmente una parte importante della scena a Davos. Per il suo portato economico, per le perdite umane e per le conseguenze in campo geopolitico. Ai leader politici dei Paesi che sostengono l’Ucraina, e più in generale alla platea del WEF, sono stati rivolti appelli al rafforzamento degli aiuti economici e militari, da parte della delegazione ucraina e soprattutto della presente first lady Olena Zelenska, oltre che dal presidente Volodymyr Zelensky in videocollegamento. Il sostegno è stato ribadito dagli alleati occidentali, ma sulle forniture di armi più potenti in questo momento ci sono pareri diversi. Come si è capito anche dall’intervento al WEF del cancelliere Olaf Scholz, la Germania è tra quanti intendono conciliare il supporto a Kiev con la necessità di evitare una escalation nella guerra. Sulle evoluzioni di quest’ultima non è uscita dal Forum una previsione prevalente. Mentre, oltre all’ampio sostegno all’Ucraina, sono emerse molto sottolineature della contrazione della dipendenza europea dall’energia russa.

Il faro su Pechino
Se la Russia non è stata invitata al WEF, lo è stata invece ancora una volta la Cina, la cui delegazione era guidata dal vicepremier Liu He. I riflettori si sono accesi sulla Cina soprattutto per due filoni: i messaggi politici di Pechino e la crescita economica. Nel primo filone ci sono le parole sulla necessità di pace e cooperazione da parte del vicepremier, che peraltro non è entrato nella sostanza del capitolo Ucraina, così come le affermazioni dello stesso sulla volontà cinese di non avere un’economia totalmente pianificata e di tenere la porta aperta a investimenti esteri. Un messaggio insomma di non chiusura su eventuali nuovi negoziati economici con l’Occidente. Si vedrà. Intanto i vertici FMI hanno anticipato, e qui siamo al secondo filone, che il PIL cinese quest’anno potrebbe risalire a un +4,4%, dopo il +3% del 2022 (percentuale quest’ultima bassa per il passo di Pechino). La verifica nei prossimi mesi.

Gli scenari sul Prodotto interno lordo e l’intreccio ambiente-economia

Christoph Franz, presidente del Consiglio di Amministrazione del colosso farmaceutico elvetico Roche dal 2014 e sino al marzo prossimo, è da tempo tra i partecipanti all’annuale World Economic Forum. Anche quest’anno era a Davos in occasione del Forum, la cui edizione 2023 si è conclusa quest’ultimo venerdì.

Le prospettive
Franz è tra quanti ritengono che l’inflazione a livello mondiale abbia toccato i suoi picchi nei mesi scorsi e che quindi ora piano piano si aprano spiragli. «L’inflazione indubbiamente nel complesso è ancora alta – dice il presidente uscente di Roche – ma i dati dicono chiaramente che sta scendendo e dunque, se nello scenario non subentreranno a sorpresa altri elementi ora non prevedibili, nei prossimi mesi dovremmo vedere ulteriori graduali cali». Christoph Franz, che in passato ha tra l’altro guidato come CEO prima Swiss e poi Lufthansa, non fa parte dei pessimisti neppure sul versante della crescita economica globale. Se da un lato è in corso un chiaro rallentamento economico internazionale, dall’altro non è scontato che quest’anno si approdi al segno negativo per il Prodotto interno lordo mondiale. «Con gli elementi che abbiamo oggi – afferma Christoph Franz – è probabile che non si arrivi ad una recessione».

Mario Moretti Polegato, fondatore e presidente del gruppo italiano Geox, attivo nelle calzature e nell’abbigliamento, è pure tra i partecipanti di lungo corso del World Economic Forum. «Nonostante i molti problemi esistenti – dice Moretti Polegato - io resto nel complesso ottimista. L’inflazione è ancora alta ma è già un po’ scesa e scenderà ulteriormente. Ciò vale anche per l’Europa, dove l’inflazione peraltro è salita non tanto a causa di errori in campo economico, quanto soprattutto a causa della guerra in Ucraina e delle conseguenti turbolenze nel settore dell’energia. Quanto alla crescita economica, nel 2022 i consumi sono andati complessivamente bene, i problemi legati alle strettoie nelle catene di rifornimento sono diminuiti, molte economie stanno tenendo. Anche l’Italia in campo economico regge. Se guardo alle nostre attività, vedo che abbiamo già raccolto ordini per tutto il 2023. C’è un rallentamento economico mondiale, è chiaro, ma non è scontato che ci sia una recessione internazionale. E anche nel caso una recessione dovesse arrivare, penso che durerebbe comunque poco».

Andrea Illy è presidente del gruppo italiano illycaffè ed è a sua volta un assiduo frequentatore del World Economic Forum. Vede una situazione molto fluida per quel che riguarda inflazione e crescita economica, preferisce pronunciarsi su un macro tema che ha assunto un peso sempre maggiore anche a Davos, quello dell’intreccio tra economia e ambiente. «Ho ripensato a quanto mi ha detto un esperto che da molto tempo si occupa di questioni ambientali – dice Andrea Illy – e che è diventato scettico sulla possibilità effettiva di introdurre cambiamenti sostanziali a favore della salvaguardia dell’ambiente. La risposta che voglio dare a lui, e a mio parere l’affermazione da fare più in generale, è che adesso la situazione è diversa, perché la transizione ecologica è ormai chiaramente anche una necessità economica. Tutelare l’ambiente era ed è comunque una questione in sé importante, ma la novità è che si sta diffondendo la consapevolezza del fatto che questa questione si intreccia strettamente con la crescita. Il futuro dell’ambiente è per molti aspetti anche il futuro delle economie».

Le energie
Nella transizione che riguarda le energie, le tensioni geopolitiche e la guerra in Ucraina hanno portato battute d’arresto, quanto peseranno questi fattori? «Al di là delle turbolenze di questa fase – afferma Illy – penso che il cammino verso un maggior ruolo delle fonti rinnovabili sia un fatto abbastanza chiaro. Certo, ci sono problemi da risolvere, pensiamo alle questioni legate alla produzione e alla distribuzione di energia solare. Ma una notevole evoluzione tecnologica, pur tra alti e bassi, c’è già stata e credo ancora ci sarà».