Ibiza, la paella e quel passato che non passa

NELLA GABBIA DEL PARDO - Con Patrizia Pesenti a Locarno: Schroeder uno e due e la patente del motoscafo
Patrizia Pesenti al Festival di Locarno (foto Crinari)
Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
14.08.2015 02:35

LOCARNO - Il Pardo porta in gabbia il suo ultimo ospite dell'edizione numero 68. E vuole chiudere in bellezza. Lo fa con Patrizia Pesenti, che non ha bisogno di presentazioni. Gli dei dell'Olimpo osservano dall'alto. La Patty non scende da lì, ma da Zurigo, dove ha messo, o per meglio dire, rimesso radici. Andò nella città sulla Limmat a fare il liceo e l'università. Ci è tornata dopo le tre legislature in Consiglio di Stato, approdando al colosso editoriale che ha nome Ringier (chi l'avrebbe mai detto: ora siamo alleati). A Locarno torna volentieri, soprattutto per i grandi eventi estivi. Anche qui del resto ha radici. È nata e cresciuta a Solduno e nella città del Pardo ha frequentato le scuole fino al ginnasio. I soldunesi veri non avevano gradito l'elogio delle aggregazioni comunali che l'ex direttrice del DSS fece in occasione degli 80 anni della fusione tra il loro ex Comune e Locarno, ma l'avevano subito perdonata. «Noi ti votiamo comunque» le garantirono. E in effetti qui Patrizia Pesenti ha sempre fatto grandi raccolti elettorali.

È mercoledì 12. Un'altra calda e bella giornata per il Pardo, carica di eventi e di attesa. L'appuntamento è ad inizio serata alla rotonda sotto la grande magnolia in Largo Zorzi. Qualche timore per l'incognita San Gottardo: di questi tempi basta il minimo incidente per bloccare il traffico. Ma tutto fila liscio. E se il tunnel di risanamento dovesse cadere in votazione popolare? «Non cadrà» risponde sicura l'ex ministra, confortata dal sondaggio di alcune settimane fa. «E poi mi sembra inconcepibile che si chiuda il Gottardo per tre anni. Nel 2035 le automobili non inquineranno». Sarà in prima fila nella campagna di voto? «Sì, certamente». Parola di Patty. I compagni storceranno il naso, anzi per la verità lo hanno già fatto. Ma l'ex consigliera di Stato non sarà sola: il gruppo di socialisti pro «raddoppio» si sta organizzando in Ticino. E poi, puntualizza lei, «anche Marina Carobbio ha detto che non è una questione di destra e sinistra». E se lo dice Carobbio...

Negli istanti che precedono le proiezioni in piazza Grande siamo al Leopard Club Lounge. Quattro chiacchiere con l'event manager Andrea Bianco, soddisfatto delle serate. Spazi rinnovati e ampliati, pienone sempre assicurato. E poi a ruota libera su politica, professione, personaggi, vacanze. Un colloquio spesso interrotto per salutare amici, conoscenti, politici locali. Dove è stata Patrizia Pesenti in vacanza? «In Ticino». No, intendo le vacanze vere: «Sì, proprio quelle, in Ticino. Il Ticino è bellissimo» risponde. Son lontani gli anni del mare in Versilia. «Abbiamo il lago, che è stupendo. È bello esplorarlo in motoscafo». Bisogna trovare chi ti porta: «No. Lo guido io». Ma dai? «Certo». Mi mostra la patente. È un duplicato: «L'originale mi era caduto in acqua...» dice con nonchalance. Poi riflette un attimo e aggiunge: «Se ben ricordo, anche Marina Masoni ha la patente per motoscafo, pure lei da diversi anni». Questa poi! Il Ticino aveva in Governo due ministre capaci di governare flutti e correnti: «Se vi foste messe d'accordo...». Ma è meglio non riaprire quel capitolo.

Anche perché piazza Grande chiama. È l'ora del film. Si va. Si accede alla piazza dal tunnel del red carpet. C'è coda. È destino. Ci precede la lunga comitiva degli invitati di una grande banca. Una mitragliata di flash e ci accomodiamo sulle sedie del Pardo. C'è qualche minuto per parlare dei film proiettati nelle sere precedenti. La commedia americana con Amy Schumer non è piaciuta a Patrizia Pesenti: «Pensano di lanciarla in Europa, ma non è un personaggio adatto al pubblico europeo». Si spengono i riflettori sulla piazza e si accendono quelli sul palco. Sfilano Teco Celio, che viene premiato da Manuele Bertoli e si lascia scappare una battuta non troppo democratica sulla votazione del 9 febbraio («Fa un po' politica» commenta sorniona la Patty. Del resto, in cotanta famiglia...); poi il regista Martone e infine quasi tutta la squadra di Amnesia, che dovrebbe essere il clou della serata. Patrizia Pesenti rimane affascinata dall'affresco bucolico del cortometraggio Pastorale cilentana, ma delusa dal film. Una valutazione? «Se di una cosa non puoi dir bene, è meglio non dir niente» risponde andreottianamente. Due stelle sulla scheda di voto che viene distribuita a tutti i festivalieri. Due stelle sta per «indifferente». «Ma, effettivamente non si può essere indifferenti su un tema come questo», aggiunge Patrizia. La Germania, il suo passato che per certuni non passa, la protagonista Martha rifugiata a Ibiza che quasi rinnega di essere tedesca e poi deve rivedere quella sua scelta. Il regista Barbet Schroeder non ci ha azzeccato: tema troppo impegnativo? «No, un tema serio trattato in modo troppo convenzionale, quasi un assemblaggio di luoghi comuni».

Schroeder: penso a quanto la Patty mi ha detto poco prima parlando degli eventi organizzati dal boss della Ringier Frank A. Meyer a Locarno. Anche quest'anno c'era Schroeder. Non il regista, ma l'ex cancelliere socialdemocratico, che con le sue coraggiose riforme ha rilanciato la locomotiva tedesca. Là si guarda indietro, qui si guarda avanti. Arte e politica divergono. Spesso.

Però qualche gustosa sequenza il film l'ha regalata. Come quella del pranzo del redde rationem nella casa di Martha. Sì, questa è irriverenza pura nell'Olimpo pardato. Ma nella gabbia del Pardo ci sta. Sul tavolo, là proiettata, una magnifica paella. «Mi ricorda una squisita paella, una sera d'estate, in casa di amici» sussurra la Patty. E lo dice a un mezzo catalano come me (che per di più non ha cenato...)? A un certo punto nel film, durante la scena al mercato, c'è qualche battuta non in tedesco, né in inglese: «Ma che strano spagnolo è?» chiede lei. «È catalano» le rispondo. E due. Scorrono i titoli di coda, gli applausi ci sono, ma non entusiastici. I festivalieri lasciano la piazza. Nonostante il film, Patrizia Pesenti è raggiante: «Ogni anno mi rallegro infinitamente di immergermi nelle storie, nelle immagini e nei suoni dei tanti film. Da quando avevo 16 anni non ho perso nemmeno un Festival». La Patty ragazza. Alcune sere fa era in piazza con la figlia Nora. Elegantissime. Somigliantissime. Sembravano due sorelle. Il passato che non passa. A volte è una gran bella cosa. E non ce ne vogliano gli artisti, né gli dei dell'Olimpo pardato. Altrimenti li buttiamo fuori dalla gabbia. Hasta luego.

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