La domenica del Corriere

Il 1. maggio fra piazza e problemi delle aziende

Il lavoro e lo stato di salute delle imprese al centro del dibattito su Teleticino - Gargantini: «In Ticino c’è sfruttamento» - Regazzi: «Il lavoratore frontaliere affronta un costo della vita più basso rispetto a un residente» - Daniel: «Bisogna alzare gli stipendi» - Gehri: «L’imprenditoria sana esiste»
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Red. Ticino&Svizzera
28.04.2024 20:00

Primo maggio fa rima con festa del lavoro. È dunque questo il tema trattato dal vicedirettore del CdT Gianni Righinetti a La domenica del Corriere. Gli ospiti? Fabio Regazzi (consigliere agli Stati del Centro e presidente dell’USAM) Giangiorgio Gargantini (segretario regionale di UNIA), Andrea Gehri (presidente della Camera di commercio) e Xavier Daniel (prossimo segretario cantonale dell’OCST).

Quest’anno, il comitato che organizza il 1. maggio si è allargato: oltre ai sindacati, ci sono associazioni e partiti politici. L’effetto delle manifestazioni di piazza viste negli scorsi mesi? «L’organizzazione era già partita lo scorso anno», spiega Gargantini. Ed è chiaro che le rivendicazioni di piazza «non vanno portate avanti solo per un giorno», bensì tutto l’anno. Un giorno perso per le attività produttive? «È evidente che sia un giorno perso, ma di feste ce ne sono altre», chiosa Regazzi. «Ho rispetto per questa giornata per il lavoro, che però io intendo in senso più ampio. Ci sono i salariati, gli artigiani, gli indipendenti ma anche gli imprenditori. Saremo comunque attenti ai messaggi che verranno lanciati. E una volta finite le manifestazione, come si è sempre fatto, bisogna sedersi a un tavolo per discutere fra le parti». Storicamente, l’OCST ha un approccio diverso, più riflessivo rispetto al 1. maggio. Ma non è - chiede Righinetti - anacronistico evitare la piazza? «Non credo», risponde Daniel. «È un’altra forma di festeggiare la giornata dei lavoratori. E sono sempre ben seguiti i nostri eventi, perché sono il culmine di tutto ciò che facciamo durante l’anno». «Il 1. maggio è da tanto tempo una realtà», sottolinea da parte sua Gehri. «La festa del lavoratore dovrebbe però essere anche quella delle aziende. Anche gli imprenditori hanno problemi, ma non scendono in piazza. Risolvono le questioni in altri consessi».

Stipendi e dumping

Sentito o no, il 1. maggio mette al centro numerosi temi. Uno di questi è sicuramente il salario e il potere d’acquisto. L’imprenditoria privata, da questo punto di vista, è sana? «Le aziende sono confrontate con la concorrenza, anche internazionale», ribatte Regazzi. «Se un imprenditore non aumenta i salari del 5% come vorrebbero i sindacati, non è perché non vuole farlo». A dettare queste dinamiche sono spesso i mercati. «Capisco l’esigenza di aumentare il potere d’acquisto, ma bisogna guardare alle difficoltà oggettive delle imprese» in questo preciso momento storico. «In Ticino vanno aumentati i salari nei settori dove attualmente gli stipendi non sono dignitosi», rileva Daniel. «Ci sono realtà cantonali che possono attingere dai frontalieri. Un mercato che ha salari più bassi, e spesso non dispone di una copertura sindacale». «L’imprenditoria sana esiste, ed è quello che genera valore aggiunto alla nostra comunità», evidenzia invece Gehri. «Ci sono settori più in sofferenza di altri, come l’industria di esportazione. Qui bisogna capire che non ci sono chissà quali possibilità di aumentare i salari». Già, ma qual è la politica salariale corretta? «Come unione sindacale svizzera abbiamo dato delle indicazioni», spiega Gargantini, secondo cui il minimo vitale dovrebbe variare dai 4.500 ai 5.000 franchi. «La presenza dei frontalieri non giustifica salari più bassi». «Il lavoratore frontaliere affronta un costo della vita diverso rispetto ai residenti», controbatte Regazzi. «Bisogna tenerne conto». «Il sistema capitalista ha bisogno di una quota di lavoratori sfruttati a basso costo», fa notare con amarezza Gargantini. «Una parte del padronato ticinese sfrutta». «Respingo in modo deciso questa definizione», dice Regazzi. «Siamo in un regime di libero mercato», sostiene Gehri, che aggiunge: «Non c’è alcun metodo capitalista. E non demonizziamo il frontalierato».

Ad ogni modo, è indubbio che una fetta di lavoratori residenti abbia problemi economici. «Non nego che una parte dei salariati fa fatica», ammette Regazzi. «Ma non è colpa solo ed esclusivamente di stipendi bassi. Penso in particolare all’alto costo della vita e all’inflazione. E c’è anche un problema di formazione professionale». In chiusura, spazio al prossimo segretario cantonale dell’OCST. Daniel, infatti, prenderà il posto di Renato Ricciardi. «È una grande eredità», spiega. «Sento un po’ di pressione, ma se ne parla da due anni. Un periodo lungo, e mi sento pronto».