Il bacio, la grande vittima della pandemia

Altro che apostrofo rosa tra le parole «t’amo». Il bacio è un formidabile ricettacolo di batteri che in tempi come i nostri trasmette anche il coronavirus. Non a caso, la pandemia rappresenta forse la più radicale crisi di questo gesto dolce, forte e antichissimo. E gli studiosi cominciano a ragionare sulle conseguenze del tabù del bacio per le nuove generazioni e sul suo destino futuro. Ce lo spiega, a pochi giorni da San Valentino, l’antropologa Elisabetta Moro, coautrice, con Marino Niola, del saggio Baciarsi, da poco edito da Giulio Einaudi.

Elisabetta Moro, il bacio, scrivete, è vittima della pandemia. Non mi sembra necessario spiegarne il motivo. Ma le chiedo: che cosa significa questo, soprattutto per i giovani?
«Significa soprattutto avere un contatto molto limitato col corpo degli altri. Già i millenials (i nati tra il 1981 e il 1996, ndr) e la generazione Z (i nati tra il 1996 e il 2010) hanno un rapporto col corpo molto diverso rispetto alle generazioni precedenti. Non tutti i ragazzi della generazione Z amano baciarsi con la lingua, per esempio. Sono un po’ schifiltosi. Gli dà un po’ fastidio la promiscuità dei fluidi. Sono un po’ più restii. I loro sono più dei baci performativi che dei baci profondi come quelli che gli antichi greci definivano kataglottisma, anche detti baci “alla francese”, dove si verifica la compenetrazione dei corpi»
Sono meno disinibiti di chi li ha preceduti?
«No. Sono molto più liberi sessualmente, ma il paradosso è che sono meno appassionati nei baci. A loro piace invece molto il bacio come espressione iconica. La mascherina, ora, su queste tendenze, probabilmente avrà un effetto forte. Intuitivamente, questa paura del contatto a causa del contagio aumenterà i tabù fisici, e quindi il desiderio di immunità. Mentre per le generazioni più grandi si potrà tornare a una semi-normalità, forse con delle precauzioni in più, i ragazzi che si stavano affacciando verso una vita più fisica e promiscua, rischiano di rimanere un po’ bloccati in questa sorta di scarso desiderio di mescolanza tra i corpi e di desiderio di immunità».


Chi bacia potrebbe essere percepito come un «untore»?
«Sì. Perché la COVID non si trasmette sessualmente, ma attraverso il bacio, il parlarsi da vicino, il respiro dell’altro vicino a sé. Per l’AIDS era il contrario. Al punto che la scienza diceva che l’HIV non si trasmetteva via bacio».
Qual è l’origine del bacio nella specie umana?
«È un po’ deludente da dire, ma il bacio, per cominciare, non l’hanno inventato gli uomini ma i nostri confratelli primati, le scimmie. Si vede benissimo negli scimpanzé e nei bonobo, tipologie animali che ci somigliano molto. Secondo gli etologi il bacio viene inventato per poter trasmettere di bocca in bocca del cibo premasticato, dalle madri ai cuccioli. Quindi, inizialmente, il bacio è uno strumento di nutrizione».
E quando è successo che ci si baciasse senza trasmettere cibo, e perché?
«Non sappiamo in quale momento della storia dell’evoluzione sia successo. Ma a un certo punto qualcuno si è accorto che anche il bocca a bocca senza trasmissione di cibo poteva dare una soddisfazione e placare il desiderio del piccolo. A quel punto il bacio si è emancipato dal fatto di essere uno strumento di nutrizione per diventare uno strumento di passione, di esercizio e soddisfazione del desiderio. È un trucco dell’evoluzione».
Perché?
«Perché i soggetti che amano baciare hanno avuto un vantaggio evolutivo. Perché il bacio, che – non dimentichiamolo - è un immenso scambio di batteri, favorisce moltissimo il sistema immunitario. Hanno quindi avuto più chance di sopravvivenza gli esseri che si sono baciati molto, rispetto a quelli che si sono baciati di meno. Abbiamo recettori infiniti sulla lingua e sulle labbra e abbiamo scoperto di avere la capacità di introdurre un ormone speciale, la cosiddetta kisspeptina, nel momento in cui baciamo. È come l’ossitocina, un ormone che dà un grande piacere, che spinge a baciare ancora di più, e quindi a incrementare le occasioni di immunizzarsi. Anche questo ci è stato tolto dalla COVID. Tuttavia le ricerche hanno dato una sorta di posologia del bacio».
Cioè?
«Il numero giusto per mantenersi in forma sarebbe di nove baci al giorno».
Interessante, anche se non mi sembra – all’approssimarsi di San Valentino – che sia l’ideale in termini di fedeltà di coppia...
«Vero. In teoria l’ideale, dal punto di vista dell’immunizzazione, sarebbe baciarsi con più partner, ma certo per ovvie ragioni non è molto consigliabile».


Cosa succede al cervello quando ci si bacia?
«Quello che si è capito è che, molto probabilmente, attraverso il bacio riusciamo a selezionare il partner con il quale condividere la vita. Quando c’è una certa armonia nel bacio c’è una certa armonia fra le due persone. E quindi, anche se è difficile da dimostrare, gli psicologi che si occupano di ricerca neuropsicologica sono abbastanza convinti che ci sia una grande capacità di capire la compatibilità umana attraverso il bacio».
Nel libro voi scrivete che il bacio crea dipendenza, come una droga.
«Sì. E lo si dice anche scherzando: straziami ma di baci saziami. Abbiamo l’idea che il bacio sazi l’anima e il corpo e proprio queste sostanze, queste endorfine, che produce il nostro corpo, fanno sì che il bacio sia meglio di una droga e abbia un effetto molto simile. Tanto che attiva le stesse aree del cervello. Diciamo che è una droga leggera».
Donne e uomini vivono in modo diverso il bacio?
«C’è una ricerca scientifica, tra le tante, che ha stupito molto gli psicologi e gli antropologi perché si aspettavano che in una situazione di laboratorio, osservando le reazioni neuronali di una coppia che si bacia, sia il maschio che la femmina producessero kisspeptina e ossitocina, gli ormoni della felicità. Invece si sono accorti che i maschi producono gli ormoni della felicità e le donne quello dello stress, il cortisolo».
Com’è possibile?
«La risposta che diamo noi come antropologi è che sicuramente, nell’approccio al bacio e all’ostentazione di esso in questo caso agli studiosi, c’è una forte differenza di genere. Mentre i maschi sono più performativi e hanno una cultura che li spinge ad essere più vanitosi in queste situazioni pubbliche, le donne probabilmente hanno ancora un vecchio retaggio di un’educazione al nascondimento di questi affetti».
Mi sta dicendo che se si baciano in privato, le donne non producono l’ormone dello stress?
«Quasi sicuramente. Perché il bacio sotto esame non è il bacio romantico che ci si scambia da soli. Questa nostra possibile spiegazione la usiamo anche per dire che siamo esseri culturali. Quindi il bacio è fino a un certo punto un fatto solo fisiologico e biologico, ma buona parte dell’effetto è prodotto dalla cultura, dal pensiero e dal valore che noi diamo a questo gesto».
A proposito di differenze di cultura, leggo nel vostro libro che ci sono Paesi e culture in cui l’esibizione in pubblico del bacio labiale è disdicevole. Per esempio, in india (il Paese del Kamasutra!) e in Giappone.
«È vero. In quanto occidentali siamo abituati ai baci pubblici. Ci sono stati film, foto. Il romanticismo ha portato il bacio dentro le nostre vite e nel nostro immaginario. Da noi, nessuno si scandalizza se vede due persone baciarsi in pubblico. Ma ci sono delle società nella quali in pubblico non ci si bacia proprio. Come in India, un Paese enorme, un mondo nel mondo, e in Giappone che ha dei costumi molto riservati, dove tradizionalmente le donne camminavano dietro agli uomini».
Come si spiega?
«In entrambi i casi è in pubblico che non ci si bacia. Ma non è che non esista una grande filosofia del bacio e dell’erotismo. Fin dall’antichità ci sono stampe erotiche giapponesi piene di baci che l’Occidente nemmeno si sogna di avere. Quanto all’India, è vero che il Kamasutra è un tutorial erotico nato nientemeno che nel terzo secolo dopo Cristo, diciassette secoli fa! L’autore, Mallanāga Vātsyāyana, brahmano, filosofo e poeta, si prende la briga di scrivere un manuale dell’erotismo e noi ci soffermiamo soprattutto sulle posizioni dell’eros che propone. Ma c’è anche un intero capitolo sui baci, definiti come l’innesco dell’amore dicendo che il corpo ha bisogno di baci quanto ha bisogno di cibo. Il Kamasutra dà del resto una serie di consigli tecnici su come riprendersi un marito poco appassionato. E questo è il suo scopo: una manuale per una società dove c’erano i matrimoni combinati e dove l’amore non era il grande motore della coppia. Quindi l’erotismo doveva diventare il grande motore della coppia. Bisogna avere contezza di ciò che può piacere al partner».


Tutto questo in un Paese che non mostra il bacio in pubblico.
«Esatto. Tant’è vero che nel 2007 aveva suscitato scandalo il bacio di Richard Gere alla star locale Shilpa Shetty nel corso di un evento a favore di una campagna di sensibilizzazione sull’AIDS. Molte persone erano andate a bruciare le immagini dei due attori in piazza. Avevano dovuto fare una retromarcia e scusarsi ampiamente per un comportamento ritenuto del tutto fuori luogo. Una cosa impensabile da noi. Del resto la società indiana ha un grande senso dell’immunità pubblica, anche fisiologica e salutista. Perché è una società sovraffollata e quindi evita tutti i contatti fisici promiscui che possono accadere nella vita di tutti i giorni all’esterno del nucleo domestico. Li consente nella piccola cerchia intima, ma li vieta all’esterno. Non è un caso che proprio l’India abbia inventato questo saluto senza contatto del giungere le mani e fare un piccolo inchino, il cosiddetto añjali mudrā, che poi è stato adottato un po’ ovunque negli ulti anni per via della pandemia di COVID».
