Socialisti e Verdi

Il campo rossoverde perde pezzi, ma evita lo scenario peggiore

Un seggio a testa lasciato sul terreno dalle due formazioni: con 12 e 5 eletti confermano la presenza nelle commissioni
© CdT/ Chiara Zocchetti
Luca Faranda
Jenny Covelli
03.04.2023 23:30

Non solo una perdita di consensi, ma anche un’erosione di seggi. I segnali della domenica avevano già lasciato presagire una giornata storta per i Verdi e il Partito socialista. A metà pomeriggio, l’area rossoverde ha sfiorato il disastro politico: con due (potenziali) seggi in meno ciascuno, i Verdi avrebbero perso lo ‘status’ di gruppo, mentre il PS rischiava di ritrovarsi decisamente meno influente all’interno delle commissioni. Al termine di una giornata tesa, tuttavia, lo scenario peggiore è stato evitato: entrambi hanno perso una sola poltrona a Palazzo delle Orsoline.

Speravamo in un altro risultato

A conti fatti, il Partito socialista scende a 12 seggi. I «compagni», sulla base dei voti di lista, sono passati dal 14,47% del 2019 al 13,27%. «È ovvio che speravamo in un altro risultato. Ogni segno meno fa male. Domenica eravamo abbastanza preoccupati, ma i risultati in Gran Consiglio, seppur negativi, sono migliori», spiega Ivo Durisch, capogruppo del PS in Parlamento. Avere 12 deputati, per il partito, significa mantenerne tre in ciascuna commissione. «È fondamentale per lavorare con gli altri partiti e raggiungere obiettivi comuni per i ticinesi». Per Fabrizio Sirica «c’è sicuramente grande insoddisfazione», sebbene i grandi centri abbiano «ridotto il danno», sottolinea il co-presidente del PS. «C’è sicuramente il rammarico per questo risultato, anche guardando a quanto fatto durante la scorsa legislatura: abbiamo lavorato molto in Gran Consiglio, nelle commissioni e anche sul territorio con iniziative e referendum. Ciò non è bastato. Andrà fatta una seria riflessione anche su come raggiungere gli elettori al di fuori del partito».

Spostamento a destra

A caldo, Durisch e Sirica sono concordi nel dire che «il Paese si è spostato di più verso destra». Lo dimostra anche l’avanzata dell’UDC sulla Lega, che è «un po’ più sociale», chiosa il capogruppo del PS, che poi aggiunge: «Vedremo se il movimento Avanti con Ticino & Lavoro, con i loro 3 seggi, avrà una visione davvero social democratica come dicono oppure se strizzerà l’occhio al Centro. Stando a una prima analisi, buona parte delle nostre schede sono andate a loro. Ma anche ad altri partiti minori». L’impatto della diatriba, in casa socialista, ha avuto conseguenze. «Amalia Mirante ha giocato l’effetto vittima e i voti presi dimostrano che qualcuno l’ha recepita come tale», afferma Durisch, che si è detto tuttavia pronto a collaborare. «Quella di non inserire Mirante nella lista di candidati al Consiglio di Stato è stata una scelta condivisa: da direzione, comitato e congresso. Si tratta di un processo democratico. È stata una decisione del partito». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Sirica: «Io e Laura Riget siamo convinti di quello che abbiamo fatto e rifaremmo queste scelte». Anche quella di avvicinarsi ai Verdi, unendosi nella lista per il Governo. «Ora siamo sconfortati, ma dal nostro punto di vista questa è la strada giusta. Il voto non è figlio di questa alleanza», aggiunge il co-presidente, ribadendo che si tratta di un progetto a lungo termine. «Vogliamo vedere questo risultato come una scossa d’assestamento per un progetto che deve essere portato avanti». Mercoledì ci sarà il Comitato cantonale del PS. La co-presidenza si metterà in discussione? «Siamo qui per servire il partito e siamo pronti a confrontarci. Ma non abbiamo intenzione di rimettere il mandato», spiega Sirica, che promette una seria analisi e autocritica.

Si impongono delle riflessioni

I Verdi, dal canto loro, hanno salvato di misura il proprio gruppo parlamentare con 5 deputati eletti (-1 rispetto a quattro anni fa). «L’auspicio, durante la campagna elettorale, era di ottenere un seggio in più. Ma negli ultimi tempi non ci credevamo più. Ci aspettavamo, onestamente, di confermare i nostri 6 membri in Gran Consiglio e così non è stato. Si tratta di un colpo che fa senz’altro riflettere. S’imporranno riflessioni rispetto a quello che è successo», sostiene Marco Noi, co-coordinatore dei Verdi. Passati dal 6,63% del 2019 al 5,42%, gli ecologisti hanno pagato il fatto che il tema del clima non è stato considerato prioritario negli ultimi anni. «L’onda verde, ultimamente, è stata sovrastata da altre onde, dall’inflazione a un disagio di precariato del lavoro, fino ai salari bassi in Ticino. Inoltre, sappiamo che alcuni nostri membri si sono spostati verso HelvEthica e questo è un aspetto da considerare». L’alleanza per la corsa al Governo con il PS, che ha dovuto gestire il caso Mirante, ha danneggiato anche i Verdi? «È possibile, sarà un elemento da valutare. Mea culpa e autocritica sono inevitabili, perché si è lasciato sul terreno un seggio. Abbiamo addirittura rischiato di perdere il gruppo parlamentare e quindi una riflessione e un’assunzione di responsabilità ci stanno tutte». L’erosione dei consensi in casa rossoverde ha giocato a favore delle realtà più piccole. «Si tratta di un trend e la frammentazione colpisce tutti i partiti storici e di Governo, ad eccezione del Centro. Nella prossima legislatura sarà estremamente complesso trovare maggioranze e alleanze. Sarà difficile non solo per noi, ma anche per il Consiglio di Stato e la maggioranza di centrodestra», conclude Sirica.

Nove donne su 17

Grande sorpresa in casa PS: la presidente del Gran Consiglio Gina La Mantia non è stata rieletta. Per soli 54 voti, sarà la prima subentrante. Nel Partito socialista ci saranno sette volti nuovi: Cristina Zanini Barzaghi (28.879 voti), Yannick Demaria (20.802), Lisa Boscolo (19.521), Maurizio Canetta (19.290), Josef Savary (18.215), Tessa Prati (16.771) e Mattea David (16.755). Cinque deputati sono stati rieletti, quattro non si sono ripresentati e altrettanti dovranno invece lasciare Palazzo delle Orsoline: Fabrizio Garbani Nerini, Simona Buri, Nicola Corti e, come detto, la prima cittadina non ce l’hanno fatta. «Chiaramente c’è tristezza, ma ormai è così. Ora devo smaltire la delusione. Non so dire cosa sia mancato per la rielezione», spiega La Mantia. «Essendo presidente del Gran Consiglio, ho avuto sicuramente tanta visibilità, ma non in qualità di candidata. Ovviamente non potevo andare in giro a sventolare la bandiera rossa perché ricoprivo un ruolo istituzionale. Dunque posso immaginare che molti non si siano neanche resi conto che ero candidata». Poche sorprese invece tra gli ecologisti: sono stati rieletti gli uscenti Samantha Bourgoin (14.327 voti), Marco Noi (9.416), Matteo Buzzi (9.233) e Giulia Petralli (9.051). Entra in Parlamento anche Nara Valsangiacomo (12.542), classe 1996: «Il risultato chiaramente mi vede grata per il sostegno e corona quasi 4 mesi di campagna intensa. È però solo l’inizio di un lavoro dedicato al portare soluzioni concrete in parlamento. È un grande onore poter rappresentare chi ha visto in me un’opportunità. Nonostante il seggio perso ci avventuriamo in parlamento con un gruppo a maggioranza femminile, con due giovani verdi. La voglia di rinnovo si è vista su tutta la lista, dove hanno brillato le candidature giovani, dato di cui vado molto fiera. Non si possono negare le difficoltà che abbiamo riscontrato e questi anni che seguiranno dovranno essere dedicati all’ascolto della popolazione e ad una comunicazione chiara dei nostri obiettivi, del nostro operato e delle nostre soluzioni».

Il campo rossoverde sarà così composto da 17 deputati, di cui ben nove sono donne. A raccogliere il maggior numero di voti, in casa socialista, è stato Ivo Durisch (25.121), che però quattro anni fa ne aveva raccolti 30.939 (-5.818). Tra gli ecologisti, Bourgoin con 14.327 preferenze ha invece marciato sul posto: rispetto al 2019, si è accaparrata solo nove crocette in più. 

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