Ticino

Il collare contro le predazioni non convince (per ora) il Governo

Il Consiglio di Stato preferisce attendere «indizi concreti» sull’efficacia del sistema per proteggere le greggi prima di avviare un progetto pilota - La delusione di Giovanni Berardi (Centro): «Atteggiamento rinunciatario» - Armando Donati: «Esemplari in aumento, la situazione è molto preoccupante»
©CdT/Chiara Zocchetti

Niente da fare. Il Consiglio di Stato ha risposto picche alla richiesta dei deputati del Centro Giovanni Berardi (primo firmatario) e Alessandro Corti di sperimentare il collare a feromoni contro le predazioni. I granconsiglieri, visti i grossi problemi che il lupo sta provocando in Ticino, chiedevano con una mozione di avviare un progetto sperimentale con gli allevatori, coinvolgendo anche la Confederazione affinché potesse partecipare ai costi. La proposta, tuttavia, non sembra aver convinto il Governo, il quale si mostra attendista. «Il progetto relativo ai collari a feromoni, che dovrebbero fungere da deterrente nei confronti del lupo, è stato promosso da privati senza un coinvolgimento delle autorità preposte ed è ancora in fase sperimentale di verifiche preliminari», premette l’Esecutivo, per poi precisare che «non si dispone ancora del richiesto rapporto sulla metodica e sui risultati ottenuti, e quindi manca ancora una verifica sia a livello cantonale sia a livello federale dell’efficacia su animali da reddito al pascolo». Secondo il Governo, inoltre, «in mancanza di indizi concreti basati su criteri scientifici e rigorosi sull’efficacia di un nuovo metodo di protezione delle greggi, occorre prudenza a promuoverne l’utilizzo quale metodo di protezione, anche per non creare false sicurezze e aspettative nei confronti soprattutto degli allevatori».

Una risposta che non è affatto piaciuta a Berardi, il quale parla di «una strategia rinunciataria» da parte del Cantone. «La nostra intenzione - spiega il deputato del Centro - era di avviare un progetto pilota, proprio per poter verificare l’efficacia del collare a feromoni. Invece, il Governo ha mostrato di avere ben poco coraggio, a differenza di altri Cantoni svizzeri». L’atteggiamento «fin troppo prudente» dell’Esecutivo, prosegue Berardi, «va a scapito degli allevatori, sempre più in difficoltà a causa della presenza del lupo». «Scoraggiato» si dice pure Armando Donati, presidente dell’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori (APTdaiGP). «Se non proviamo, non potremo mai sapere se questo strumento funziona. Da parte del Cantone ci aspettavamo perlomeno un tentativo». Anche perché, osserva Donati, «anche gli altri metodi non sono efficaci al cento per cento. Non lo sono i cani da protezione delle greggi, né le recinzioni». L’obiettivo, infatti, «non è azzerare i rischi, ma quantomeno ridurre il numero di capi uccisi». Il metodo dei collari a feromoni, secondo il presidente dell’APTdaiGP, sarebbe inoltre particolarmente indicato per il Ticino, «dove il 70% degli alpeggi non è proteggibile».

Tante richieste, pure dall’estero

Federico Tettamanti, biologo, è colui che ha lavorato a lungo sul progetto del collare a feromoni. La risposta del Cantone, va da sé, non lo soddisfa. Ma non ha intenzione di sollevare polemiche. «Non servirebbe a nulla, anche se io il rapporto l’ho inviato all’Ufficio caccia e pesca a inizio marzo quando mi è stato richiesto», dice. Benché dalle istituzioni le risposte sono state piuttosto vaghe, attorno al collare di protezione l’interesse da parte dei privati - contadini, alpigiani, allevatori ma anche associazioni - è elevatissimo. «Abbiamo circa 600 richieste in Ticino, e nel canton Vaud cominciamo un progetto pilota (1.000 pezzi), ma questo strumento sta avendo un’eco anche all’estero». In Toscana, ad esempio, dove Tettamanti si recherà in questi giorni per aiutare un’azienda con circa 2.000 ovini. Ma anche in Francia e - addirittura - negli Stati Uniti, in Colorado, c’è grande curiosità. Il collare è stato migliorato grazie alle esperienze dell’anno scorso: ora il rilascio di molecole ha una durata più lunga, di circa 6 mesi rispetto ai 3 della versione precedente. E abbiamo cambiato pure il supporto».

Certo, come sottolinea lui stesso, «non siamo di fronte a una soluzione magica. Eppure, si tratta di un valido aiuto per gli allevatori, è un supporto efficace. Ne siamo convinti». L’anno scorso il collare con feromoni è stato utilizzato su circa 730 capi. E i risultati si sono visti. «La probabilità che un animale con il collare venga attaccato dal lupo è 2,5 volte più bassa rispetto a un animale che non porta questa protezione», spiega ancora Tettamanti. L’esperto, per la buona riuscita del progetto, consiglia di proteggere dall’80% al 100% del gregge. Molto, però, deve ancora essere affinato. «Più esperienza facciamo, e più il lavoro con i collari potrà essere affinato e migliorato», spiega. «Ripeto, il nostro non è un business. Campiamo grazie ad altre attività. Ed è chiaro che se le richieste di collari dovessero crescere ancora, non riusciremmo a coprire tutto il fabbisogno». Di fronte a questi risultati, gli fa eco Berardi, «andava fatto perlomeno un tentativo, anche perché parliamo di una spesa modesta». Invece, ribadisce il deputato, «il Governo si limita ad applicare alla lettera le disposizioni federali, mentre la specificità del nostro cantone dovrebbe indurre il Governo ad assumere un atteggiamento proattivo». Berardi non intende però arrendersi: «Ho già chiesto che la mozione sia discussa da una commissione del Gran Consiglio che ha la facoltà di approvarla come tale, inducendo l’Esecutivo ad agire».

Avvistamenti in crescita

A farne le spese, dicevamo, sono gli allevatori. «Tra poche settimane, le stalle verranno riaperte e nel settore domina l’incertezza», spiega Berardi. Di fronte alle preoccupazioni causate dal lupo, molti stanno misurando le prossime mosse: «C’è chi pensa di rinunciare a caricare le capre da latte sugli alpeggi misti e chi, invece, ha deciso di arrendersi e lasciare tutto». Insomma, «il rischio concreto è quello di un progressivo abbandono dell’attività, e questo è preoccupante». E preoccupato è anche Donati, secondo cui quest’anno potrebbe rivelarsi addirittura peggiore dei due precedenti. «Gli avvistamenti del lupo sono già numerosi e sparsi su tutto il territorio: una decina in febbraio, una ventina solo nel mese di marzo». Non solo. Se nel resto della Svizzera il numero di esemplari, grazie anche agli abbattimenti preventivi autorizzati, sta diminuendo, per il Ticino la situazione è un po’ diversa. «Complessivamente - dice Donati - in Svizzera siamo passati dall’avere circa 300-330 lupi a 250-260. In Ticino, invece, siamo ancora in una fase di crescita del numero di esemplari». Sul nostro territorio, spiega, ci sono almeno tre branchi con cuccioli e altre tre coppie fisse. «Coppie che potrebbero mettere al mondo dei cuccioli e formare così nuovi branchi». I numerosi avvistamenti, inoltre, «fanno pensare che alcuni esemplari siano ormai divenuti stanziali, e questo non può che preoccuparci». In quest’ottica, chiosa Donati, «poter disporre di uno strumento di protezione in più come il collare a feromoni per molti allevatori rappresenta l’ultima speranza».

Il biologo Federico Tettamanti e il chimico Davide Staedler hanno messo a punto un sistema per proteggere le greggi dal lupo. In sostanza, l’idea è di creare una barriera olfattiva affinché il lupo non si avvicini alla preda. «Per farlo - ci aveva spiegato Tettamanti questa estate - usiamo una sostanza chimica naturale, i feromoni, che inseriamo in un apposito collare che viene applicato al collo dell’animale che si vuole proteggere». Il collare è stato usato lo scorso anno su 730 capi e i risultati sono incoraggianti: «La probabilità che un animale con il collare venga attaccato dal lupo, è 2,5 volte più bassa rispetto a un animale che non porta questa protezione».
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