La «grippe» del 1918

Il colpo di coda dell’epidemia all’inizio del 1920

Nelle vecchie pagine del «Corriere del Ticino» la cronaca di come il nostro Paese vide arrivare e poi affrontò la pandemia alla fine della Prima guerra mondiale - La quarta e pesante ondata in febbraio e marzo - Ma per il Governo non era più la spagnola
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Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
16.05.2020 06:00

Mai abbassare la guardia: lo sentiamo ripetere oggi. Non sappiamo se lo si disse anche un secolo fa, ai tempi dell’influenza spagnola. Sta di fatto che, allora, quando la pandemia di gran lunga più devastante del mondo moderno sembrava essersene andata defintivamente, arrivò il colpo di coda. O perlomeno si pensa che fu tale. Già, perché nelle comunicazioni ufficiali il Consigio di Stato di allora tenne a precisare che quella nuova epidemia non era, per caratteristiche cliniche e batteriologiche, la stessa di «infausta memoria» che tanti lutti aveva causato anche in Ticino tra il 1918 e il 1919. Difficile dire se il virus del 1920 fosse il medesimo. Le ricostruzioni storiche della spagnola a volte includono il 1920 a volte no. Sta di fatto che la quarta ondata epidemica investì il nostro Paese all’inizio di quell’anno, colpendo duramente soprattutto nei mesi di febbraio e marzo, e portò l’autorità cantonale ad adottare provvedimenti restrittivi come per le precedenti ondate influenzali. Una delle prime notiziole venne pubblicata dal «Corriere del Ticino» martedì 20 gennaio 1920 nella cronaca di Lugano. Sotto il titolino La grippe, il giornale informò che «nella giornata di ieri, secondo informazioni assunte in Municipio vennero notificati 49 nuovi casi di influenza. Tutti i casi però sono di forma leggera e non danno ragioni di eccessivi allarmi». Una rassicurazione che verrà smentita presto dall’evoluzione della malattia. La quarta ondata, dopo quelle del luglio-agosto 1918, ottobre-dicembre 1918 e marzo-aprile 1919, fu in effetti più pesante della prima quanto a mortalità. Lo confermano anche gli annunci funebri che comparvero nuovamente numerosi sul giornale con il riferimento esplicito al «crudele morbo». Uno dei primi fu quello per l’architetto Gioachino Rabaglio, deceduto a Gandria il 23 gennaio 1920 «rapito da crudele e breve morbo, a soli 37 anni, alle ore 2 e mezza di stamane » si legge nell’edizione dello stesso giorno del «Corriere del Ticino». In un breve testo nella pagina di cronaca cittadina, per la rubrichetta «Note meste », il giornale scrisse che «il defunto lascia nel lutto e nel dolore la moglie Elena nata Acklin e due bambini in tenera età» (Ester e Costantino). La moglie, originaria di Zugo, gestiva a quei tempi il Ristorante Roccabella. Non in tutti gli annunci mortuari il riferimento alla grippe era esplicito. In alcuni ci si limitava a parlare di «morte repentina», avvenuta «dopo breve malattia». Ma quando la persona deceduta aveva meno di 40 anni la causa della dipartita era quasi certamente la grippe con le sue gravi complicazioni polmonari. Ed è proprio la fascia d’età colpita a indicare che la spagnola molto probabilmente era tornata in Svizzera e in Ticino: diversamente da altre epidemie influenzali, quella grippe mieteva infatti vittime soprattutto negli uomini fra i 20 e i 40 anni. Il celere aumento dei casi di contagio portò le autorità federali a convocare una conferenza con i rappresentanti dei Cantoni il 24 gennaio a Berna. Il Servizio federale dell’igiene pubblica rilevò una diffusione a macchia di leopardo e lasciò pertanto ai singoli Cantoni il compito di adottare le misure più adeguate per arginare il virus. Il Ticino ruppe gli indugi pochi giorni dopo, quando il Consiglio di Stato, su proposta del Dipartimento igiene e lavoro e su raccomandazione del batteriologo cantonale R. Gobbi, adottò la risoluzione che riproduciamo per esteso nella colonna a sinistra. Nella premessa il Governo cantonale tenne a precisare che la nuova ondata di epidemia «non deve essere confusa né per la sua forma clinica, né per i referti batteriologici colla precedente di infausta memoria», cioè con la grippe spagnola, sebbene la categoria più vulnerabile, come si è visto, fosse la stessa (uomini fra i 20 e i 40 anni di età). Il nuovo decreto restrittivo, il quarto dal luglio 1918, proibì innanzitutto i balli. Nella società di allora questo era il segnale della serietà o gravità dell’epidemia. Le serate danzanti erano un costume diffusissimo nei locali pubblici affollatissimi, veri e propri focolai epidemici. Quando la terza ondata della spagnola si esaurì nella primavera del 1919 il «Corriere del Ticino», nell’edizione del 30 maggio, titolò: «Si balla!». Ad appena otto mesi di distanza, non si potè più ballare. La nuova risoluzione governativa del 1920 impose anche la quarantena ai contagiati e suggerì caldamente una serie di misure igieniche accresciute, alcune delle quali simili a quelle applicate oggi. La quarta ondata venne comunque presa sotto gamba. Tant’è che pochi giorni dopo, il Consiglio di Stato si vide costretto a correggere la risoluzione del 28 gennaio, abolendo la facoltà concessa al Dipartimento di igiene di concedere eccezioni al divieto del ballo. Il «Corriere del Ticino» ne diede notizia mercoledì 4 febbraio 1920 in prima pagina. Nell’ultima settimana di gennaio al Governo risultò infatti come «l’epidemia pur conservando, salvo rare eccezioni, il suo carattere prevalentemente benigno, abbia oramai guadagnato la maggior parte dell’intero Cantone e come i casi denunciati in tal periodo sommano a più migliaia». Il divieto del ballo diventò quindi assoluto, senza più eccezioni, con modifica dell’articolo 1 del decreto, venendo «esclusa la possibilità di accordare qualsiasi autorizzazione». Venerdì 6 febbraio il «Corriere del Ticino», tra le notizie dalla Confederazione, pubblicò un trafiletto sotto il titolino Misura igienica: «Il Consiglio federale, in considerazione del ritorno dell’influenza, ha autorizzato i Cantoni e le Municipalità a vietare le manifestazioni che possono riunire in un sol luogo gran numero di persone, come le rappresentazioni teatrali, cinematografiche, concerti fiere mercati ecc. Il decreto è entrato in vigore ieri, giovedì». Non poche furono le notizie sulla grippe da oltre San Gottardo pubblicate in febbraio e marzo, con aggiornamenti sui contagi.

Migliaia di contagi e molti decessi a nord

Il giornale pubblicò regolarmente notizie con gli aggiornamenti sull’influenza oltre San Gottardo

Due mesi: tanto durò l’emergenza sanitaria in Svizzera per la quarta ondata della grippe. In febbraio e marzo il «Corriere del Ticino» pubblicò numerose notizie sull’evoluzione dell’epidemia influenzale negli altri cantoni. Mercoledì 11 febbraio La grippe a Zurigo: «Causa il continuo espandersi della grippe l’ufficio sanitario della città ha vietato a partire dall’11 febbraio tutti i concerti ed i balli nella città di Zurigo ». Giovedì 12 febbraio in prima pagina La grippe oltre Gottardo: «Basilea - Da un comunicato del dipartimento sanitario risulta che il numero dei casi di grippe segnalati nella settimana dall’1 al 7 febbraio s’eleva a 2.425 contro 1.638 della settimana precedente. Il numero dei morti è di 17 contro 12 della settimana precedente. Liestal - Il numero dei casi di grippe segnalati nel cantone di Basilea Campagna nella prima settimana di febbraio ammonta a 785 di cui tre mortali contro 250 nell’ultima settimana di gennaio». Giovedì 19 febbraio La grippe oltre Gottardo, ancora in prima pagina: «È morto colpito dalla grippe il presidente centrale dell’associazione svizzera del personale dei treni, signor Grieder». Nel canton San Gallo, in una settimana, erano segnalati 1.142 casi; a Soletta 1.327, di cui otto mortali; a Sciaffusa 404 nella seconda settimana di febbraio contro i 114 di quella precedente: «Finora si deplora un sol decesso». Poi in marzo la diminuzione. Venerdì 12, in prima pagina, il «Corriere del Ticino» informò che nella settimana dal 28 febbraio al 6 marzo a Zurigo i casi erano stati 618 contro i 1.818 dei sette giorni precedenti e i decessi 29 contro 52. Il canton Argovia era sceso da 2.268 a 1.255 casi (anche se i morti erano aumentati da 25 a 36). La quarta ondata epidemica si stava esaurendo esattamente cent’anni fa.

L’emergenza sanitaria e i divieti durarono due mesi

«La grippe è scomparsa fugata dal tempo primaverile» - I provvedimenti limitativi del Consiglio di Stato vennero revocati il 24 marzo

Durante tutto il mese di febbario, ma poi anche in marzo, il «Corriere del Ticino» continuò a pubblicare la rubrica «Note meste», in cui si riferivano i decessi causati anche dal «morbo crudele». E sebbene non fossero numeri trascurabili, nell’edizione di giovedì 4 marzo il giornale uscì con un ottimistico trafiletto nella cronaca di Lugano sotto il titolo Lo stato sanitario: «A Lugano è soddisfacentissimo: la grippe è scomparsa, fugata dal tempo primaverile». Un ottimismo dettato anche da una vena polemica contro la stampa confederata, evidentemente non aggiornata sulla situazione a sud delle Alpi: «Ne prenderanno nota - scrisse la nostra testata - i solerti corrispondenti dei giornali d’oltre Gottardo, i quali si sono affrettati a telegrafare le ultime notizie sulla comparsa della grippe». Dovette tuttavia trascorrere quasi tutto il mese di marzo prima che l’autorità cantonale revocasse la risoluzione di fine gennaio con tutte le clausole limitative e i divieti. La decisione fu presa nelle sedute governative del 24 e 25 marzo 1920. Il «Corriere del Ticino » ne diede notizia nell’edizione di sabato 27 marzo sotto il titolo in cronaca cittadina Il divieto del ballo revocato, citando il Bollettino delle risoluzioni del Consiglio di Stato: «In considerazione del miglioramento verificatosi nella salute pubblica in generale e della notevole diminuzione dell’intensità della epidemia di influenza, vista l’opportunità di rinunciare alla restrizione concernente il divieto assoluto del ballo precedentemente emanata, su proposta del Dipartimento igiene e lavoro si risolve: 1. Le restrizioni del 28 gennaio e 3 febbraio vietanti il ballo in modo assoluto nel cantone sono revocate; 2. Le Municipalità restano però autorizzate, sentito il parere del medico delegato di circondario, ad introdurre, quando il diffondersi della epidemia influenzale lo richiedesse, delle restrizioni a scopo e misura profilattica». Non fu necessario. La grippe - spagnola o meno che fosse - rientrò definitivamente. E il Ticino, come del resto la Svizzera, non conobbe più una pandemia dagli effetti così devastanti su un’intera generazione. Li vedremo in dettaglio sabato prossimo.

Non è quella di infausta memoria

La risoluzione: 28 gennaio 1920

Il 28 gennaio 1920 il Consiglio di Stato emanò la seguente risoluzione per arginare la nuova ondata epidemica, che secondo l’Esecutivo non era dovuta al virus della grippe spagnola. «Udita la relazione del sig. R. Gobbi, batteriologo cantonale, delegato dal Dipartimento igiene alla conferenza indetta il 24 corrente in Berna dal Servizio svizzero dell’igiene pubblica per discutere e deliberare intorno ad eventuali misure da prendere per cura dell’autorità federale contro la epidemia di influenza che si sarebbe manifestata in alcuni cantoni; considerando come dalla Conferenza suddetta sia emerso che la epidemia ha sino qui risparmiato parecchi cantoni; che la stessa non deve essere confusa né per la sua forma clinica, né per i referti batteriologici colla precedente di infausta memoria, che essa riveste più particolarmente il carattere d’influenza semplice e solo eccezionalmente è stata sino qui accompagnata da complicazioni gravi, sintomi che si sono sempre manifestati anche precedentemente in casi analoghi, benché di natura non epidemica; preso atto come per le più sopra esposte considerazioni il Servizio della pubblica igiene non intende emanare alcuna disposizione di ordine generale per tutta la Svizzera, ma lasci invece alle autorità di ogni Cantone la cura di promulgare quelle misure che essi ritengano più confacenti al riguardo delle proprie condizioni sanitarie; udita la relazione del competente dicastero cantonale al riguardo dei casi d’influenza sino oggi stati denunciati e del progressivo loro aumento, nonché della graduale infiltrazione della epidemia in regioni ancora immuni; considerando come la forma prevalentemente benigna della epidemia non imponga la promulgazione di provvedimenti troppo rigorosi, fatta eccezione di quelli consigliati dalla più elementare prudenza e dal modo mediante il quale la malattia più volontieri si propaga; sulla proposta del Dipartimento igiene risolve:

1. È vietato, a partire dalla pubblicazione della presente risoluzione, il ballo sia pubblico che privato in tutto il territorio del Cantone. Il Dipartimento igiene è autorizzato ad accordare delle eccezioni caso per caso, quando su referto del medico delegato, una regione risultasse immune. Le concessioni dovranno essere immediatamente revocate appena segnalata l’apparizione della epidemia.

2. Parimenti dovranno, per misura precauzionale, essere sospese le lezioni di canto, pubbliche e private.

3. Non potranno accedere alla scuola, durante un periodo di almeno otto giorni, gli allievi di famiglie ove si sono manifestati casi di influenza.

4. La medesima misura vale per gli operai delle fabbriche.

5. È fatta viva raccomandazione di evitare i contatti con ammalati e coi loro famigliari; di procedere ad una accurata disinfezione della biancheria, specialmente dei fazzoletti da naso; di evitare le scopature a secco dei pavimenti delle case, e per quanto è possibile delle contrade e delle pubbliche piazze, specie durante il periodo della maggiore circolazione; di curare una rigorosa pulizia personale, in modo particolare delle mani.

6. Le camere abitate da ammalati dovranno essere mantenute rigorosamente nitide ed opportunamente ventilate.

7. Negli istituti ospedalieri, padiglioni di isolamento, ecc. i casi gravi saranno separati da quelli leggeri, per impedire che in questi ultimi si manifestino delle complicazioni.

Le «Note meste»: quanti lutti per il crudel morbo

Mercoledì 28 gennaio 1920

«Colpito da inesorabile morbo spegnevasi stamane a soli 40 anni Hans Stauffer commerciante stimato di elette virtù famigliari». In cronaca il «Corriere del Ticino» ricordò che il defunto era un «noto commerciante in vini, persona assai stimata (...), uno di quei pochi confederati che avevano saputo rapidamente assimilarsi i costumi ticinesi». Lasciò «la giovane sposa e due bambine».

Lunedì 2 febbraio 1920

«Stanotte, rapito da crudel morbo, spirava serenamente il nostro carissimo Natale Mazzuconi nella fiorente età d’anni 26». Il giornale ricordò «il noto tipografo e proprietario della libreria e legatoria omonima di piazza Dante, angolo via Pretorio. Da poco tempo solamente, la sua fortissima fibra di giovane entusiasta, dedito agli sport, era stata scossa dall’insidioso morbo». Il decesso avvenne al Kurhaus di Ruvigliana.

Martedì 3 febbraio 1920

«I genitori Arturo e Lucia nata Brientini, la sorella Idelma, gli zii ed i parenti tutti, costernati dal dolore annunciano l’irreparabile perdita della loro dilettissima Anita Formenti, avvenuta stamane dopo breve malattia, colpita da crudele e inesorabile morbo, appena ventenne». Soltanto due giorni dopo, il 5 febbraio, moriva anche il padre, l’orologiaio Arturo Formenti «rapito da crudele morbo nella robusta età di 48 anni».

Mercoledì 4 febbraio 1920

«All’affetto imperituro dei suoi cari, a quello degli amici studenti, all’ammirazione di quanti lo conoscevano, sopraffatto da crudel morbo cristianamente spegnevasi in Zurigo alle ore 8,30 del 3 febbraio Claudio Croci studente al Politecnico».

Sabato 7 febbraio 1920

«Rapito da crudel morbo, rapidamente spegnevasi nella mattinata di ieri a Massagno Felice Foletti, nella robusta età di 34 anni, zelante ed apprezzato impiegato della Banca Popolare di Lugano ed attivo vicesegretario comunale. La sua scomparsa lascia largo rimpianto in tutta la popolazione che lo stimava per le sue belle doti di mente e di cuore».

Sabato 7 febbraio 1920

«Nella sua villetta di Besso è morta ieri sera, a soli 26 anni, la signora Anna Lüthi, sposa al signor Giovanni, il noto commerciante (...). Colpita, la settimana scorsa, dal morbo crudele mentr’ella si apparecchiava, una seconda volta, alle dolcezze della maternità, non ha potuto resistere alla polmonite doppia che la travagliava in modo violento, e la sera soccombeva. Lascia al marito inconsolabile una bimba di due anni».

Mercoledì 18 febbraio 1920

Vernate: «Colpita da crudel morbo nella prospera età d’anni 24, confortata da ogni bene religioso, rendeva la bell’anima a Dio, giovedì alle 12 antimeridiane, Elena Soldati. Ne danno annuncio il padre Placido, la madre Virginia nata Brumana, il fratello Giuseppe con la moglie Matilde e la figlia, la sorella Angiolina col marito Serafino e figli».

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