«Il congelamento della guerra in Ucraina è possibile, ma non subito»

La guerra tra Russia e Ucraina può davvero finire? E come? È possibile trovare un punto d’incontro tra le parti in conflitto? Gli ucraini non vogliono e non possono mollare il proprio territorio, mentre i russi ovviamente non intendono tornare indietro a mani vuote. In che modo si esce da questo pericolosissimo stallo?
Il CdT lo ha chiesto a Orietta Moscatelli, analista della rivista di geopolitica Limes e caporedattrice esteri dell’agenzia Askanews. Moscatelli, per anni, ha studiato, vissuto e lavorato a Mosca. Il suo ultimo libro è P. Putin e putinismo in guerra (Salerno, 2022).
«Al momento non ci sono ancora le condizioni per una vera fine della guerra - dice la giornalista - Si potrà arrivare anche in tempi relativamente brevi, parliamo di mesi e non certamente di giorni, a un congelamento del conflitto, che però non vorrebbe dire la soluzione, quanto piuttosto l’interruzione di una guerra aperta, in attesa che le condizioni cambino».
Questa guerra, «per ora, non ha soluzione, perché la Russia sente di essere in posizione di forza sul teatro di battaglia, cosa peraltro vera - dice ancora Moscatelli - C’è sostanzialmente uno stallo, le truppe russe avanzano in modo molto limitato e lento, ma in tutto ciò non va sottovalutato anche un calcolo strategico, perché l’avanzamento lento della Russia evita di innalzare ulteriormente il costo in termini di vite umane tra i russi, in gran parte volontari e comunque giovani».
Questo è un elemento, ma non l’unico. «Ci sono altri motivi per cui la Russia si è convinta, a livello di vertici, di poter portare avanti, quantomeno per qualche mese, i combattimenti - afferma Moscatelli - l’obiettivo è perfezionare le conquiste territoriali che possano dare un senso alle dichiarazioni di annessione di quattro regioni, oltre ovviamente alla Crimea, storia a parte e probabilmente anche chiusa. Le regioni che oggi la Russia controlla solo parzialmente, in modo maggioritario ma non totale, sono diventate una necessità per Mosca. Gli obiettivi dichiarati, a questo punto, vanno concretizzati, pena una destabilizzazione e una crisi del regime. Bisogna sempre ricordare che, in Russia, regime e Stato tendono a corrispondere, quindi se traballa il regime traballa lo Stato, con tutte le conseguenze che si possono immaginare».
C’è pure chi si è spinto a immaginare un allargamento degli obiettivi di conquista dei russi. Ipotesi che Moscatelli giudica complessa. «Aggiungere agli obiettivi Odessa, come pure qualcuno ventila, significherebbe un’ulteriore trasfigurazione del conflitto, con nuove forme di coinvolgimento occidentale, a partire dalla Gran Bretagna. Perché se parliamo di Odessa, parliamo di Mar Nero e, quindi, di una regione altamente strategica, non soltanto per la Russia, ma per l’intera Europa e per Paesi come, appunto, la Gran Bretagna, la quale considera il Mar Nero in qualche modo uno specchio securitario del Mar Baltico. Potremmo così finire fuori controllo. Io credo che Vladimir Putin, al di là di tutte le teorie sulla sua follia e sulla sua mancanza di razionalità, abbia molto chiare in mente queste cose. È nella posizione di non poter più arretrare e, nello stesso tempo, di non poter più rilanciare».
In questo scenario, si pone in modo nuovo rispetto al recente passato l’America di Donald Trump che, spiega Orietta Moscatelli, «non è minimamente interessata all’Ucraina. Non che lo fosse l’America di Joe Biden; tuttavia, per l’amministrazione Trump è scomparsa l’idea, prima strategica, di potere e dovere indebolire la Russia per indebolire anche Pechino. Lo zig-zag del presidente repubblicano, rispetto all’Ucraina, rispecchia obiettivi mercantili e politici. Trump pensa di normalizzare i rapporti con la Russia da un lato per fare affari, e dall’altro in ottica anticinese».