Ticino

Il Consuntivo passa tra le bordate ai «ministri» leghisti

Il Parlamento ha approvato i conti del 2024 del Cantone - Scintille al momento della discussione dei dipartimenti guidati da Zali e Gobbi
©Gabriele Putzu

A questo giro, i conti cantonali ce l'hanno fatta. Il Consuntivo 2024 è infatti stato approvato poco fa dal Gran Consiglio. Dopo due lunghi giorni di dibattito, il plenum ha dato luce verde al rapporto di maggioranza con 40 voti favorevoli,  29 contrari e 11 astenuti. Sono dunque bastati i «pallini verdi» di PLR, Centro, PVL, Avanti con Ticino&Lavoro ed Helvethica - e quelli gialli della Lega - per approvare i conti. Niente da fare per le posizioni contrarie a destra (con l’UDC) e a sinistra (con PS, Verdi e gli altri «partitini»). Un voto che comunque, sul piano pratico, non avrà alcuna conseguenza. Ma, va detto, si tratta comunque di un segnale politico, soprattutto in vista della ben più importante discussione sul Preventivo 2026: in quel caso la maggioranza reggerà?

Ad ogni modo, oggi, il voto finale non è stato l’unico segnale politico importante: durante i dibattiti sui singoli dipartimenti diverse bordate sono infatti state riservate ai due «ministri» leghisti, Norman Gobbi e Claudio Zali, già al centro della polemica da oltre una settimana per il preannunciato arrocco in Governo.

Le bordate a Zali e Gobbi

Il primo a finire sotto la lente (e le critiche) dei deputati è stato il DI diretto da Gobbi. Dipartimento che, malgrado l’approvazione dei conti (con 36 voti favorevoli, 26 contrari e 20 astenuti) è stato duramente bersagliato da alcuni granconsiglieri. «In questi anni - ha ricordato la deputata del PLR Cristina Maderni - la Magistratura ha ribadito sistematicamente la necessità di un potenziamento». Richieste a cui «non è mai stata data priorità». E sulla Giustizia si è concentrata anche Sabrina Gendotti (Centro): «Ci si chiede come mai non ci sono risorse per le nomine nella Giustizia, ma si trovano invece per sostituire la direttrice aggiunta della Divisione della giustizia e per il personal trainer e gli influencer per la Polizia, i cui effettivi sono cresciuti di 200 unità negli ultimi anni». Per la deputata si pone poi il tema del rispetto. «Le regole e gli aspetti procedurali non sono solo forma, ma anche sostanza». E qui, il riferimento è andato alla proposta di arrocco leghista: «Il teatro dell’assurdo a cui abbiamo assistito non è degno di questo cantone. Sfruttare l’apertura dell’anno giudiziario per fare annunci reboanti è un atto di arroganza, di mancato rispetto verso il terzo potere». In un momento delicato per le finanze cantonali, «si perde tempo con queste baggianate». Un concetto ribadito anche dalla collega del PS Daria Lepori, che ha sottolineato come la bocciatura del DI da parte socialista è stata sancita dallo stesso Gobbi «con la sciagurata mossa dell’arrocco». La Giustizia, ha aggiunto, «non ha bisogno di un cambio di dipartimenti, ma di un cambio di mentalità, in modo che abbia le giuste risorse per operare». Tranciante anche il giudizio di Natalia Ferrara (PLR). «Almeno oggi mi sarei aspettata una risposta», ha detto rivolgendosi a Gobbi, che nel suo intervento non ha fatto accenno allo scambio dipartimentale con il collega Claudio Zali. «In 14 anni non è stato in grado di fare una sola cosa buona per la Giustizia», ha attaccato Ferrara. Da parte sua, il consigliere di Stato ha difeso il suo operato, ricordando ad esempio il successo ottenuto con la riforma delle Autorità regionali di protezione (ARP), oggi ferma in Commissione. Ad ogni modo, ha evidenziato, «il giudizio definitivo lo dà il popolo, non il Parlamento».

Altre scintille, poi, sono scoccate durante il dibattito sul Dipartimento del territorio. A lanciare accuse al direttore Claudio Zali ci ha pensato Matteo Buzzi (Verdi), secondo il quale «nel DT sembra soffiare aria di smobilitazione. Il direttore preferirebbe infatti andarsene al DI». E ancora: «Vien da chiedersi se il cambio di dipartimento sia pensato per nascondere lacune o per cancellare alcuni arroganti segnali di ostilità verso il Parlamento, o piuttosto per accendere un fumogeno diversivo con il collega Gobbi sul bilancio della Lega in Governo». Parole a cui ha prontamente replicato il consigliere di Stato. «L’ho sentita amareggiata e rancorosa nel suo intervento», ha commentato. Per poi aggiungere ironicamente che «se il problema è insolentire i deputati, posso farlo anche da un altro dipartimento». Ancora parlando a Buzzi, Zali ha poi chiarito: «Lei vorrebbe vedere cinque consiglieri di Stato verdi. Le garantisco che difficilmente vedrà un consigliere di Stato più verde di me senza vestire la giacca dei Verdi. Se ne faccia una ragione». Ma il botta e risposta è proseguito anche sul tema dell’evasione degli atti parlamentari, sollecitata sia da Andrea Rigamonti (PLR) che da Gianluca Padlina (Centro). Zali, però, ancora una volta ha ribadito che non intende dare risposta fintanto che le Commissioni parlamentari non procederanno con l’evasione dei messaggi. «Il Governo non è l’unico ad avere termini di tempo stabiliti dalla legge. Sì, è la legge edilizia che voglio, dopo 4 anni e mezzo. È una legge tecnica, che per motivi che non comprendo si è incagliata e viene volutamente insabbiata». Parole che non sono affatto piaciute ai deputati. «L’Esecutivo non può rifiutarsi di rispondere solo perché altri deputati non trovano una maggioranza per fare un rapporto», ha fatto presente Maurizio Agustoni (Centro). Anche Buzzi si è detto «molto deluso» dal tono «di ripicca» usato: «È fuori luogo questo modo di procedere». Infine, sollecitato da Padlina, Zali ha anche dato qualche aggiornamento sulla scheda R6 del piano direttore cantonale: «Una prima tranche di 23-25 decisioni è già stata emessa. L’esito, in prevalenza, è di comuni correttamente dimensionati. E una minoranza di casi eclatanti con percentuali fuori scala. Ma in comuni piccoli in realtà bastano poche unità per essere fuori». Nonostante le critiche, comunque, alla fine anche il DT è stato «promosso» con 43 voti favorevoli, 7 contrari e 28 astenuti.

Un’ottima votazione l’ha invece ottenuta il DECS diretto da Marina Carobbio-Guscetti (54 favorevoli, 15contrari e 13 astenuti). Tra i tanti temi sollevati dai deputati citiamo l’aumento della spesa per il personale docente (e i relativi scostamenti tra preventivo e consuntivo), l’aumento della spesa per la pedagogia speciale (che tanto aveva già fatto discutere lo scorso anno), l’eccessiva burocrazia per i docenti e, infine, il tema dell’abilitazione dei docenti. Su quest’ultimo fronte, la direttrice del DECS ha spiegato di aver commissionato alla Conferenza svizzera dei direttori della pubblica educazione (CDPE) un’analisi comparativa sui vari modelli di abilitazione. Analisi i cui risultati sono giunti proprio in queste settimane e che, ora, saranno discussi «con tutti i portatori d’interesse: docenti, direzioni scolastiche, persone in formazione o chi non ha trovato un posto di lavoro, associazioni magistrali e sindacati». Il rapporto finale, ha chiarito Carobbio-Guscetti, «è previsto per marzo 2026».