Il custode di Terra Santa: «Educhiamo all’apertura e al dialogo»

«Non voglio nascondere la situazione difficile, ma qui a Gerusalemme siamo abituati a questi alti e bassi, momenti di tensione alternati a periodi più tranquilli». Fra Francesco Patton, trentino, classe 1963 e custode di Terra Santa dal 2016, mantiene sempre i toni pacati e sereni quando parla delle tensioni che sono tornate a infiammare la terra di Abramo. Da Gerusalemme, dove governa un’istituzione plurisecolare che conta oggi più di 300 frati, non si crea facili illusioni ma nemmeno si lascia vincere dal cinismo o dalla rassegnazione. E così ci augura buon Natale: «Il senso della nostra vita sta proprio nel donarla».
Padre Francesco, ennesimi scontri a Gaza, alcuni morti a Ramallah in West Bank e ancora qualche ferito nella città vecchia di Gerusalemme. Come se non bastasse, il presidente Abbas ha annunciato decisioni drastiche per l’autorità palestinese. Nuovi venti guerra sono tornati a soffiare in quelle terre?
«Le tensioni che si respirano da anni in questi luoghi spesso degenerano in episodi di violenza, anche estrema, circoscritti però a determinate porzioni di territorio. Ci siamo tristemente abituati. L’Autorità palestinese, attraverso il leader Abu Mazen, ha levato un grido che è il grido di sofferenza di un popolo intero. Gaza è ormai da anni al centro di scontri (anche se recentemente nella Striscia sono migliorati alcuni servizi fondamentali come acqua ed elettricità), e ho visto molta preoccupazione per la recente legge che sancisce Israele come Jewish State, cioè come Stato in cui chi appartiene alla maggioranza etnico religiosa ebraica ha più diritti di chi appartiene alle varie minoranze. Su quest’ultimo aspetto abbiamo espresso tutta la nostra preoccupazione nel comunicato diramato insieme come Ordinari di Terra Santa: le chiese cristiane, come minoranze in questa terra, sentono la preoccupazione più forte».
È un cancro che si trascina da anni. Lei vede prospettive di cambiamento o la Terra Santa è destinata a rimanere senza pace?
«Ho più speranze che prospettive. Le prospettive indicano qualcosa di concreto e raggiungibile nel breve periodo, ma i problemi sono molto profondi e affondano le loro radici negli anni passati. Soprattutto in Cisgiordania. Ci sono evidenti difficoltà legate alla mancanza di lavoro. Non esiste uno Stato con confini precisi, controllo del proprio territorio e reale autonomia, e questa frustrazione diffusa sfocia spesso – purtroppo – in episodi di violenza. C’è poi il discorso degli attentati, che non sono mai giustificati e non possono essere per nessun motivo giustificabili».
Quali sono secondo lei i giusti passi da compiere per arrivare a una pace giusta e duratura?
«La priorità è iniziare un dialogo schietto e sincero tra le due leadership politiche. Israeliani e palestinesi devono ricominciare a parlarsi e avviare un negoziato diretto. Ma non è così semplice: per arrivare a questo passo ci vogliono un soggetto unico che parla con autorità a nome della Palestina e un altro che rappresenti Israele. In questo momento in Palestina c’è divisione tra Fatah e Hamas e il Governo israeliano ha una maggioranza parlamentare minima. È necessario poi il supporto della comunità internazionale, del sostegno al dialogo da parte dell’ONU, degli Stati Uniti, della Russia e dell’Europa».
Questo dal punto di vista politico. E per iniziare a fare la pace tra le persone?
«Come frati francescani stiamo lavorando per un certo tipo di pace, coscienti che la pace vera, e qui cito san Paolo, è solo Gesù Cristo, e perciò mai completamente di questo mondo. Ma – diciamo così – per una pace intesa come assenza o superamento di un conflitto è necessario innanzitutto coltivare una cultura di pace, e perciò bisogna insistere sull’educazione. Uso questo paragone: quando due bambini litigano, non bisogna solo separarli, ma anche insegnare loro a non litigare più. È una prospettiva diversa, possibile attraversa la conoscenza e il riconoscimento reciproco. Ognuno deve imparare la storia e la narrazione dell’altro, per immedesimarsi e comprendere come l’altro si percepisce, al di là degli stereotipi che ha in mente su di lui».
Ci può fare qualche esempio reale attivo già oggi?
«Per esempio le nostre scuole, che educano alla convivenza, specialmente tra cristiani e musulmani, e diventano esercizio di una convivenza più grande. Un esempio molto valido è la scuola del Magnificat, una scuola di musica dove studiano e insegnano assieme cristiani, musulmani ed ebrei. L’arte diventa uno strumento di unione molto interessante, senza troppi discorsi. È una goccia nel mare, me ne rendo conto, ma se tutti cominciassero ad andare in questa direzione probabilmente qualche passo in più potremmo farlo. Non dobbiamo educare alla diffidenza, ma all’apertura. Tutti dovrebbero diventare più curiosi l’uno dell’altro, e scoprire così i tanti punti in comune e la ricchezza dell’altro».
A Betlemme tutto è pronto per gli imminenti festeggiamenti. Qual è il messaggio che arriva da quel luogo dove tutto il mondo guarda in queste giornate?
«Il messaggio di Betlemme è in controtendenza rispetto al messaggio che ci offre il mondo di oggi. Spesso siamo convinti che siano necessari mezzi potenti per cambiare le cose e salvare il mondo, ma in questa festa scopriamo che è sufficiente la nascita di un bambino. Dio non ha bisogno di grandi mezzi, si è servito solo di suo figlio Gesù, che è salvatore già mentre è infante e in fasce. Questo è un messaggio che raggiunge tutti, credenti e non. Per questo Betlemme a Natale è la capitale del mondo intero. In questi giorni di festa ricordiamoci che Gesù – per salvare noi – si è impoverito di sé stesso, e per questo il Natale non è solo la festa dei buoni sentimenti. È anche un dramma che richiede una responsabilità. Non dimentichiamoci che Erode cercherà di uccidere quel bambino e quel bambino, diventato adulto, morirà su di una croce per noi».
Cosa si augura e cosa augura a tutti per questo Natale?
«Auguro a ciascuno di lasciarsi raggiungere da questa luce che brilla nella notte scura, e di capire che il senso della nostra vita sta proprio nel donarla. In questo modo potremo anche noi – come i pastori quella notte – sentire l’inno intonato dagli angeli: “Gloria a Dio nell’altro dei cieli e pace in Terra agli uomini che gli ama”».

IN SOCCORSO DEI POPOLI COLPITI DALLA GUERRA E DELLA LORO STORIA
Costruire legami tra la Terra Santa e il mondo. È il compito con cui è nata, ormai 15 anni fa, l’Associazione pro Terra Santa (ATS), ONG presente in Medio Oriente in tutti i Paesi dove operano i frati francescani della Custodia di Terra Santa. Attiva non solo nella Terra Santa a cui siamo abituati a pensare, ma in sette Paesi di tutto il Medio Oriente: Israele e Palestina, ma anche Libano, Egitto, Giordania, Siria, Rodi e Cipro. L’Associazione ha nel suo curriculum decine di progetti nati accanto ai luoghi più cari a tutte le grandi religioni monoteiste, oggi teatro di scontri violenti e colpiti da emergenze umanitarie senza precedenti. Come 800 anni fa, sulla scia di san Francesco, la ONG sostiene tutti quelli che vivono nel bisogno, senza nessuna distinzione di razza, cultura o religione grazie agli uffici operativi di Gerusalemme, Betlemme, Damasco, Aleppo e Milano. I progetti umanitari sono rivolti alle fasce più deboli della popolazione, attraverso l’educazione e la formazione professionale, ma anche alla conservazione e la valorizzazione di aree archeologiche. Che sono enormi. È un esempio il progetto di restauro della basilica del Getsemani, per cui ci sono voluti quasi due anni di lavoro. «Avremmo potuto affidare il progetto a maestranze giunte dall’estero – afferma Carla Benelli, responsabile dei progetti culturali dell’Associazione pro Terra Sancta – ma abbiamo scelto di investire nella formazione di giovani locali palestinesi». Sei ragazzi provenienti dal Mosaic Centre di Gerico, di cui cinque musulmani. «Affidare il restauro della basilica vicino all’orto degli ulivi a dei ragazzi musulmani (dopo aver contribuito al restauro di altre due sinagoghe) è stata una bella sfida – continua Benelli – ma anche una soddisfazione impagabile». E se le azioni umanitarie «per soccorrere le persone colpite dalla guerra sono fondamentali, è altrettanto importante salvare l’identità dei popoli che oggi rischiano di scomparire». Ѐ il motivo per cui Associazione pro Terra Sancta ha sempre lavorato in questa direzione, formando i giovani locali (quest’anno per esempio stato aperto a Betlemme un nuovo centro di formazione per il restauro dei mosaici, oltre a quello già in funzione di Gerico). Sono oltre duecento gli specialisti e i volontari impegnati in questi – e tanti altri – progetti, nati intorno ai luoghi simbolo della speranza di ogni cristiano: il Santo Sepolcro, la Basilica della Natività, quella dell’Annunciazione a Nazareth.


«A Betlemme siamo molto coinvolti in progetti educativi – racconta Tommaso Saltini, direttore dell’Associazione – e nella formazione delle nuove generazioni, per avere una futura società consapevole della propria storia e del fatto che è possibile un modello di convivenza e di pace». Guardare al futuro senza dimenticare il passato. E perciò contribuire allo sviluppo di questa terra. Come ha detto spesso anche fra Francesco Patton, custode e presidente di ATS: «Non dobbiamo solo intervenire laddove ci sono situazioni di crisi, come in Siria, ma dobbiamo fare il possibile perché non ce ne siano di nuove, soprattutto qui». Per questo fra Patton chiede di sostenere i progetti dell’Associazione pro Terra Sancta. «Sono un’opportunità per accrescere, tra le comunità locali e la comunità internazionale di pellegrini, la consapevolezza della propria storia». Specialmente oggi e specialmente a Betlemme. Dove l’Associazione sostiene, nella città di Gesù Bambino, i tanti bambini che continuano a venire al mondo. «Anche questo è un modo concreto per costruire la pace».
È possibile sostenere le attività dell’Associazione pro Terra Sancta a Betlemme con un bonifico su questo conto corrente: Banca popolare etica SCPA – filiale di Milano; IBAN: IT 19 V050 1801 6000 0001 4466 668; BIC: CCRTIT2T; causale: Ticino per la Terra Santa. Per ulteriori informazioni: www.proterrasancta.org.