Ticino

«Il destino dei ghiacciai ticinesi è segnato»

I dati del monitoraggio cantonale confermano lo scioglimento e l’accelerazione degli ultimi anni – Nel 2023 il Basodino ha perso quasi 15 metri – Mattia Soldati (DT): «Importanti conseguenze per la fauna e le attività umane» – Le cause? «Poca neve d’inverno e tanto caldo d’estate»
©FRANCESCA AGOSTA
Francesco Pellegrinelli
13.11.2023 18:00

Tempo 5-10 anni e i ghiacciai ticinesi potrebbero scomparire. A dirlo è il Dipartimento del territorio che oggi ha pubblicato le misurazioni annuali di Basòdino, Valleggia, Bresciana (Adula) e Corno. «I rilevamenti annuali di settembre 2023 mostrano importanti arretramenti», commenta il collaboratore scientifico Mattia Soldati. Il quale menziona essenzialmente due cause: «Da una parte il grande caldo che abbiamo avuto nella seconda metà di agosto fino ad ottobre; dall’altra la copertura nevosa durante l’inverno inferiore alla media pluriennale».

I metri persi

Per l’anno idrologico 2022-2023 il Basòdino ha perso 14,8 metri (contro i 29,3 metri del 2022), il Valleggia 28,9 metri (contro i 29,3 metri del 2022), il Bresciana (Adula) 23,2 metri (contro i 18,5 metri del 2022), il Corno 7,4 metri (contro i 15,8 metri del 2022). «Se in futuro si confermasse l’andamento climatico degli ultimi due anni (caratterizzato da poca neve d’inverno e tanto caldo d’estate) il destino dei ghiacciai ticinesi sarebbe scritto in pochi anni». Le proiezioni in base ai dati osservati sono allarmanti: «Tempo 5-10 anni e questo patrimonio naturale potrebbe sparire per sempre. Rimarrebbe qua e là qualche placca, ma i ghiacciai così come li conosciamo oggi ci saranno più». Con quali conseguenze per l’uomo e la fauna? «Innanzitutto, verrebbe meno un elemento caratteristico delle nostre montagne dal grande valore simbolico e turistico». Ma le ripercussioni più grandi - prosegue l’esperto - riguardano i livelli di approvvigionamento: «Lo scioglimento dei ghiacciai fornisce una fonte significativa di acqua dolce per fiumi e laghi. Quando i ghiacciai si ritirano, può verificarsi uno squilibrio nei flussi idrici stagionali, influenzando le risorse idriche disponibili per le comunità e l’agricoltura». Detto altrimenti: vengono a mancare riserve idriche la cui fusione lenta assicura invece vita alla fauna e garantisce nel contempo l’approvvigionamento idrico di numerose attività umane. Più contenute invece le ripercussioni legate a eventuali smottamenti o frane: «In Ticino abbiamo la fortuna che dove si ritirano i ghiacciai non ci sono pericoli imminenti di crolli (di permafrost o roccia) che possono andare a minacciare gli insediamenti umani nel fondovalle».

Isole di roccia

Assieme all’arretramento frontale dei ghiacciai, ossia i metri persi all’estremità, i rilevamenti cantonali misurano anche un’importante perdita di volume: «Laddove è stato considerato anche lo spessore, si sono registrati valori mediamente raddoppiati rispetto alle medie pluriennali degli scorsi anni». In particolare, per il ghiacciaio di Valleggia è stata stimata una perdita media di spessore di 5,28 metri tra il 2022 eil 2023, un valore simile a quello registrato per il periodo 2021-2022. Per il ghiacciaio del Corno, la perdita media di spessore tra il 2021 e il 2023 ammonta a 7,04 metri. «Sul ghiacciaio del Basòdino quest’anno abbiamo osservato alcuni nuovi affioramenti rocciosi alti fino a tre metri che l’anno prima non c’erano». La fusione dei ghiacciai, spiega l’esperto, avviene sia in superficie (ed è la parte visibile), sia a contatto con la roccia, che invece non si vede ma che contribuisce ugualmente alla perdita di volume. «Nel 2022 e 2023 i ghiacciai svizzeri hanno perso il 10% del loro volume», aggiunge Soldati.

Una storia di temperature

E il cambiamento climatico che cosa c’entra? «I ghiacciai sono degli indicatori, se non il principale indicatore, del cambiamento climatico, ossia del fatto che le temperature stanno aumentando», osserva l’esperto. «In alcune regioni, ciò può tradursi in un aumento delle precipitazioni in forma di pioggia anziché neve, riducendo così l’accumulo di neve sui ghiacciai». Il rialzo globale della temperatura, iniziato dopo la metà del XVIII secolo ha subito un’impennata a partire dalla metà degli anni Ottanta ed è responsabile del recente ritiro e della vistosa diminuzione del volume dei ghiacciai, sia a livello mondiale sia alpino. Temperature più elevate significano anche fusione accelerata. «Non è un caso se dal 1850 con l’avvento della rivoluzione industriale i ghiacciai nelle Alpi hanno progressivamente perso di volume, di spessore e di lunghezza».

Questione di tempo?

Guardando avanti, quali implicazioni e scenari si presentano per il futuro dei nostri ghiacciai? «Considerando solamente i ghiacciai ticinesi il loro destino è segnato», osserva Soldati. «I nostri ghiacciai non sono in equilibrio con il clima attuale e dovrebbero già essere spariti. L’assenza totale, o quasi completa, di copertura nevosa durante tutto l’anno non permette di avere una zona di accumulo dove il ghiaccio può riformarsi mantenendolo quindi vivo e con la sua dinamica». Diverso invece il discorso per i principali ghiacciai delle Alpi, come il Morteratsch o l’Aletsch. «Diversi studi dimostrano che con determinate misure di protezione del clima è possibile garantirne la sopravvivenza seppure in estensioni e grandezze molto diverse rispetto a quelle attuali. Senza misure di protezione del clima invece si ipotizza che entro la fine del secolo anche i maggiori ghiacciai alpini siano quasi completamente scomparsi».

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