Il dilemma Yeezy: Adidas venderà le scarpe per dare in beneficenza i profitti?

Una bella gatta da pelare, per Adidas, la questione «Yeezy». Ne avevamo già parlato: l'azienda tedesca, in ottobre, aveva annunciato la fine della collaborazione con il rapper Kanye West, noto anche come Ye, a causa di alcune sue dichiarazioni antisemite. La decisione aveva portato alla fine della produzione (e, soprattutto, vendita) delle scarpe della linea Yeezy, creata, appunto, insieme al produttore discografico e stilista statunitense. Da mesi, ormai, si specula su quale sarà la prossima mossa del colosso dell'abbigliamento: che fine faranno i modelli di Yeezy rimasti in magazzino? Le opzioni sono poche. Disfare le scarpe e riutilizzare i materiali o, peggio, gettarle direttamente nel cestino, con buona pace dell'impatto ambientale.
Recentemente alcune organizzazioni si erano appellate all'azienda perché distribuisse gratuitamente le Yeezy ai sopravvissuti del tremendo terremoto avvenuto al confine fra Turchia e Siria.
Ma, con ogni probabilità, Adidas non farà niente di tutto ciò. Oggi, in conferenza stampa, il nuovo amministratore delegato Born Gulden ha fatto sapere che Adidas sta valutando l'idea di riprendere la vendita di prodotti Yeezy e di devolvere i profitti in beneficenza.
Le cose peggiorano
Comunque vada, l'azienda tedesca pagherà a caro prezzo la fine della collaborazione. Le Yeezy rimaste in magazzino, si stima, hanno un valore al dettaglio di 1,2 miliardi di franchi. Denaro che l'azienda non sarà in grado di recuperare appieno. Oggi Gulden ha affermato: «Ci sono tantissime persone interessate a questo tema, provenienti da diverse comunità di tutto il mondo. Sono coinvolto in questa vicenda solo da sette settimane (il tempo passato dall'estromissione dell'ex CEO Kaspar Rorsted, ndr) e non mi sento qualificato per prendere una decisione sulla base dei fatti che ho a disposizione». Sarà. Ma Gulden, in ogni caso, una scelta dovrà farla. E presto: il numero di Yeezy nei magazzini sta aumentando, nonostante la produzione sia ufficialmente chiusa. Dopo aver rescisso l'accordo, Adidas ha infatti deciso di continuare ad accettare le spedizioni di capi Yeezy dai fornitori che già ci stavano lavorando. Tutti i prodotti legati a Ye sono dunque arrivati di recente nei magazzini di Adidas e «il fatto che le scarpe siano sparse in tutto il mondo complica la questione», ha ammesso lo stesso Gulden.
La vendita
Le scarpe, allora, non verranno "bruciate". Ma nemmeno verranno portate in Turchia o Siria. Né saranno riciclate: rimuovere l'etichetta Yeezy o le cuciture sui prodotti per poi metterli in vendita, ha specificato il CEO, «non sarebbe un'operazione onesta».
E allora, dicevamo, si delinea l'idea: per evitare sprechi e recuperare parte dei costi sostenuti (circa 500 milioni di franchi) bisogna trovare un modo di vendere le scarpe. E per evitare le polemiche, devolvere i profitti in beneficenza. Ma non sarà facile: nel suo rapporto annuale, spiega Bloomberg, Adidas ha dichiarato che c'è solo il 15-30% di possibilità che l'azienda trovi un modo per vendere i restanti prodotti Yeezy. E Adidas, al momento, «non è in trattativa con nessuno per vendere la merce», ha specificato Gulden.
«L'inventario è lì, non sta scappando. Non dovremmo prendere una decisione solo per compiacere qualcuno. Decideremo cosa farne solo quando le conseguenze di quella decisione saranno le più positive possibile».