Il discorso in Tv di Macron: «Resto fino al 2027»

Prima l’onore delle armi al premier del Governo più breve della storia repubblicana. Poi, pur senza nominarli, bordate ad alzo zero contro Marine Le Pen e Jean-Luc Melenchon, i suoi nemici, coloro che lo vorrebbero prima possibile fuori dall’Eliseo. Nel suo discorso alla nazione, trasmesso in diretta Tv questa sera alle 20, Emmanuel Macron non ha fatto concessioni né passi indietro. Anzi: ha ribadito di voler restare in sella sino alla fine del suo mandato e ha attaccato duramente estrema destra ed estrema sinistra, definendole «anti-repubblicane».
Nessuna idea né indicazione, invece, sul futuro esecutivo. A conferma delle anticipazioni del pomeriggio che davano per certo il silenzio del presidente transalpino sul successore di Michel Barnier.
E proprio con un «ringraziamento a Barnier» il Capo dello Stato francese ha iniziato il suo breve intervento. Un plauso «per il lavoro fatto, per la dedizione e per la combattività» di un «governo che si è dimostrato all’altezza del momento». Parole di circostanza, tanto inevitabili quanto scontate.
Meno attesa, invece, la riflessione sullo scioglimento del Parlamento deciso a giugno dopo le Europee. Una mossa, ha detto Macron, che «non è stata compresa per mia responsabilità». Dopo le elezioni legislative, ha aggiunto il presidente francese, serviva «una nuova organizzazione politica. E mi rincresce che Barnier sia stato censurato, nonostante le concessioni fatte dal suo governo».
Qui è partito il cannoneggiamento contro gli avversari. «Votando a favore della mozione di censura - ha detto Macron - l’estrema destra e l'estrema sinistra si sono unite in un fronte anti-repubblicano. So che alcune persone sono tentate di incolpare me per questa situazione. È molto più comodo». Ma votando «una mozione di censura che diceva il contrario del suo programma, il Rassemblement National ha scelto il disordine. Stanno pensando a una sola cosa: alle elezioni presidenziali, per prepararle, per provocarle, per affrettarle».
Un obiettivo impossibile, almeno per il momento. «Il mandato che mi avete democraticamente affidato è di cinque anni e lo eserciterò pienamente fino alla fine - ha detto Macron - La mia responsabilità è garantire la continuità dello Stato, il corretto funzionamento delle nostre istituzioni, l’indipendenza del nostro Paese e la protezione di tutti voi». Insomma: da qui non me ne vado.
Nessuna indicazione
Sui prossimi passi, sul nome del nuovo premier, il presidente francese non ha dato alcuna indicazione concreta. Macron si è limitato a dire che nominerà il primo ministro «nei prossimi giorni. Lo incaricherò di formare un governo di interesse generale che rappresenti tutte le forze politiche che vogliano partecipare o che, per lo meno, si impegnino a non censurarlo».
Il presidente francese ha invece fatto un accenno alle necessarie scelte di politica economica che il Paese dovrà fare nelle prossime settimane. La mozione di censura ha lasciato la Francia senza un bilancio per il 2025, e per questo Marcon ha assicurato che «una legge speciale sarà presentata prima di metà dicembre in Parlamento; una legge temporanea che permetterà, così come previsto dalla Costituzione, la continuità dei servizi pubblici e della vita delle istituzioni. Applicheremo le scelte del 2024 per il 2025 e spero che, su questo, possa emergere una maggioranza in Parlamento».
L’unico «calendario che mi interessa - ha concluso il presidente francese - non è quello delle ambizioni, ma quello della nostra nazione. Abbiamo 30 mesi davanti a noi, fino alla fine del mandato che mi avete dato, perché il governo agisca. A tutti chiedo di ricostruire la nazione. Di ristabilire la sapienza dove ci sono esplosioni, insulti; di volere l’unità dove c’è divisione. Di volere la speranza dove qualcuno cede all’angoscia».
Le prime reazioni
In vista della possibile soluzione della crisi, la macchina dell’Eliseo si è comunque già messa in moto. Macron riceverà domani i leader e i presidenti dei gruppi parlamentari del blocco centrale, del Partito Socialista e della destra, proprio nel tentativo di trovare una via d’uscita all’impasse. Ma il percorso si annuncia molto complicato.
Secondo il primo segretario del Partito socialista, Olivier Faure, «la vera irresponsabilità nel dibattito sul bilancio è stata aver sacrificato l’accesso alla sanità, i pensionati, gli ospedali pubblici».
Per Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National, «una mozione di censura non è anti-repubblicana. L’unica alleanza indegna è quella innaturale siglata tra i macronisti e il Nuovo Fronte Popolare durante le elezioni legislative», ha aggiunto Bardella riferendosi alla “desistenza” nelle circoscrizioni in cui molti candidati si ritirarono per impedire la vittoria della destra.
Durissimo, come previsto, il commento di Jean-Luc Mélenchon, leader della France Insoumise. «È Macron la causa del problema - ha detto intervistato da TF1 - ma se ne andrà per la forza degli eventi. Il presidente fa “casino”, blocca tutto e vuole sentire nessuno. Se c’è un partito che ha un programma, siamo noi e solo noi e il nuovo governo dovrà rispettarlo. Dobbiamo mantenere la nostra parola. Se il prossimo primo ministro applicherà le misure per le quali siamo stati votati - l’abrogazione dell'età pensionabile a 64 anni, l’aumento del salario minimo, lo sosterremo. In caso contrario, lo combatteremo».