L'intervista

Il futuro della carta stampata, spiegato

Assieme a Colin Porlezza, studioso di giornalismo e professore assistente di giornalismo digitale presso l'USI, analizziamo la cosiddetta transizione digitale e i dati legati alla Svizzera
© CdT/Chiara Zocchetti
Sara Fantoni
20.07.2023 14:00

La carta: un’eredità che dalla sua alba medievale, ora si avvicina al suo tramonto. Sin dal dodicesimo secolo le società occidentali si sono piano piano abituate al contatto con la carta, un mezzo che fino al sedicesimo secolo affianca la pergamena, preesistente, per poi sostituirla grazie al suo prezzo vantaggioso. Fino a questo cambiamento di rotta, i medievali utilizzavano la carta come «foglio di brutta» o come supporto per scrivere appunti o biglietti informali, mentre era la pergamena a essere impiegata per la stesura di documenti ufficiali e formali in quanto percepita come un materiale più resistente e nobile. Ecco: secondo il professore di storia medievale dell’Università di Losanna, Bernard Andenmatten, in questo periodo ci troviamo in una fase di transizione molto simile, ma al posto della carta troviamo il digitale e la concezione che si aveva della pergamena è spesso sostituita dalle funzioni che ad oggi attribuiamo alla carta.

L’utilizzo del termine «transizione», associato a questa fase di cambiamento, mostra come generalmente ormai si consideri la carta destinata a scomparire progressivamente fino a divenire qualcosa di obsoleto. Ma non tutti sono d’accordo. O meglio, Colin Porlezza, studioso di giornalismo e professore assistente di giornalismo digitale presso l'Istituto di Media e Giornalismo (IMeG) dell'Università della Svizzera italiana (USI), ci suggerisce l’importanza di relativizzare, portandoci ad esempio la situazione del giornalismo, un settore in cui ormai da anni le pagine online convivono con quelle scritte e, spesso, le sostengono.

La metà dei lettori sceglie l’online

Nonostante ciò, spiega: «La situazione della stampa in Svizzera non è facile e molte organizzazioni sono sotto pressione per il quadro economico complesso». Ma da che cosa dipende questa situazione complicata? «In primo luogo, i ricavi pubblicitari, che rimangono la più importante fonte di introito per molte testate, sono in forte calo da molto tempo. Inoltre – aggiunge Porlezza – i guadagni nel 2021 erano inferiori ai livelli pre-pandemici, nonostante una piccola ripresa». Ma la situazione è resa ancor più complicata, ci racconta il professore, dalla diminuzione del numero di lettori. A testimoniarlo sono i dati registrati dal Digital News Report 2022, dai quali risalta come «in Svizzera solo il 13% delle persone indica ancora la stampa come fonte d’informazione principale, mentre il 36% degli utenti si informa attraverso i siti online e il 13% ottiene le news attraverso i social media». Queste cifre mettono chiaramente in evidenza il distacco crescente dalla carta a favore del digitale. Pensare infatti che «quasi la metà della popolazione si informa principalmente attraverso canali digitali» può fare una certa impressione a una popolazione abituata alla carta da ben otto secoli.

Secondo il professore dell’USI, nonostante la carta non sia stata ancora del tutto rimpiazzata dal numerico, la fase di passaggio è ormai in uno stato molto avanzato. «Più di una transizione, che è avvenuta da tempo, parlerei di una trasformazione più profonda dell’ecosistema mediatico e del giornalismo – afferma –. Questa trasformazione digitale non è solo caratterizzata da una maggior frammentazione del pubblico, ma anche da un ambiente mediatico invaso da contenuti creati dagli stessi utenti, i quali godono di maggiori opportunità di interattività». Dunque, oltre alla crescente disinformazione e alla inversamente proporzionale decrescita della fiducia nei media, questi fattori implicano molteplici difficoltà per il giornalismo tradizionale.

«Inoltre – rincara Porlezza – il continuo utilizzo di algoritmi, ad esempio per la ricerca, la verifica o la distribuzione di notizie, trasforma in forma significativa non solo il processo di produzione di notizie, ma anche il ruolo stesso dei giornalisti, che si ritrovano confrontati con nuove sfide riguardo al loro lavoro e alle loro competenze».

Se confrontiamo la situazione in Svizzera con quella di altri Paesi, notiamo come la Confederazione raggiunge la percentuale più alta per quanto riguarda l'uso della stampa come principale fonte di informazione. In molti altri Paesi, non si arriva nemmeno al 10%

Spiegazioni e relativizzazioni

Ma è qui che relativizzare diventa essenziale e per due motivi. «Primo, se confrontiamo la situazione in Svizzera con quella di altri Paesi, notiamo come la Confederazione raggiunge la percentuale più alta per quanto riguarda l'uso della stampa come principale fonte di informazione. In molti altri Paesi, non si arriva nemmeno al 10% – sottolinea il professore –. Secondo, più della metà degli utenti consuma le notizie online affidandosi a marchi o siti di testate specifiche, oppure alle loro applicazioni». Ciò significa che «solo il 30% degli utenti si affida agli algoritmi dei social o di aggregatori come Google News». Perciò, non sono tanto le notizie legate ai giornali che vengono abbandonate, ma piuttosto le pagine cartacee, anche se, in Svizzera, un po’ meno che altrove.

La ragione riguarda la struttura demografica dei lettori, la quale non risulta del tutto bilanciata. «Infatti, più l’età media dei lettori è elevata, più la stampa viene ancora utilizzata come principale fonte informativa. Al contrario – precisa Porlezza – solo il 5% dei giovani tra i 18 e i 24 anni usa i giornali, preferendo di gran lunga le piattaforme social, soprattutto quelle audiovisive come YouTube o Instagram». Queste piattaforme, e l’online più in generale, hanno anche assunto il ruolo di formazione dell’opinione pubblica degli svizzeri, a sfavore della stampa che si piazza all’ultimo posto. «Sono i dati del Monitoraggio media Svizzera del 2021 che lo dimostrano» dice Porlezza, calcando nuovamente sul divario crescente fra il digitale e ciò che ad oggi rimane tangibile.

Le tendenze attuali

Se ora vi state chiedendo in che modo le testate gestiranno la situazione in futuro, non possiamo ancora saperlo, ma di certo possiamo fare delle analisi riguardo al modo in cui si sta reagendo a questi dati nel presente. «Le tendenze attuali nel settore della stampa sono spesso influenzate dal quadro economico difficile in cui si muovono i giornali» che, come abbiamo visto, non è dei più floridi. In questo contesto, è possibile identificare tre macro-tendenze.

«Prima di tutto – illustra Porlezza –, molte testate sono alla ricerca di nuove fonti di guadagno, soprattutto in seguito alla negazione dei cittadini svizzeri di un pacchetto di misure di sostegno, in un referendum di inizio 2022». Una delle possibilità per sopperire alle difficoltà economiche sembrerebbe essere, secondo lo studioso di giornalismo, l’intelligenza artificiale (AI) a cui molte aziende mediatiche stanno puntando. «L’obiettivo è in particolare personalizzare i contenuti per riuscire ad adattarli meglio alle aspettative degli utenti».

«Secondo – prosegue il professore –, alcuni editori come Tamedia o CH Media stanno creando delle redazioni centralizzate. Questo comporta dei vantaggi a livello di efficienza, ma allo stesso tempo rafforza la concentrazione dei contenuti, in quanto le redazioni centralizzate producono materiale per diverse testate regionali». Ciò significa che l’unione di più testate giornalistiche potrebbe anche comportare una perdita identitaria delle stesse.

«L’ultimo aspetto concerne le innovazioni del settore. Alcuni, infatti, stanno puntando di più su formati differenti rispetto a quelli tradizionali, come i podcast, mentre altri investono in metodi volti a creare una comunità intorno alla testata, ad esempio con strategie come social media first»; un approccio strategico in cui le attività e la produzione di contenuti vengono progettati proprio per i canali digitali dei social media. Ciò implica considerare i formati, le caratteristiche e le preferenze specifiche dei singoli canali digitali per massimizzare l'interazione e l'engagement degli utenti.

I pro e i contro del digitale

Ma concretamente, ad oggi, quali sono i vantaggi del digitale rispetto alla carta? «Le prerogative del digitale sono indubbiamente il costo minore, l’ubiquità dell’informazione, e la facilità con cui si riescono a trovare e ottenere le notizie – illustra Porlezza –. Il mondo dell'informazione digitale fa da tempo parte della nostra realtà e dieta mediatica. Questo si rispecchia anche nel nostro modo di porci di fronte alle notizie: nel fatto, ad esempio, che io posso ottenere le informazioni che desidero, quando e dove le voglio, e nel formato che preferisco».

Tutto questo non risulta nuovo, ma il professore evidenzia l’importanza dell’atteggiamento del consumatore rispetto a ciò di cui fruisce, poiché, oltre ai pro, esistono anche dei contro concreti. «Spesso, infatti, la ricerca attiva di informazioni è associata a uno sforzo supplementare, che non tutti sono disposti a fare. Al contrario, grazie agli algoritmi posso farmi raccomandare le notizie che mi interessano senza alcuna fatica. Attenzione, questo però non vuol dire necessariamente che sono informato bene – puntualizza Porlezza –, soprattutto perché osserviamo una continua commistione tra informazione e intrattenimento, come anche tra informazioni fattuali e disinformazione e tra contenuti di stampo commerciale e contenuti realizzati da giornalisti professionisti».

Ma anche qui è necessario relativizzare o approfondire alcuni luoghi comuni. Come avrete forse notato, fra i vantaggi del digitale elencati dal professor Porlezza non troviamo il classico pianeta più verde a cui si pensa ogni qual volta si riflette sulla progressiva scomparsa della carta. Questo perché, ci spiega, è un dato variabile. Se è vero che si avranno dei vantaggi rispetto alla deforestazione eccessiva, anche il digitale comporterà dei costi dal punto di vista della sostenibilità. «Ad esempio, diverse ricerche hanno dimostrato che lo sviluppo di algoritmi come l’AI generativa, che può essere utilizzata per la produzione di testi giornalistici, consuma tantissima energia e risorse naturali, aspetti che nella valutazione del digitale vengono spesso dimenticati». A questo l’esperto aggiunge: «Bisogna fare attenzione a non cadere nel cosiddetto greenwashing – la pratica di promuovere un prodotto come ecologico, nonostante non lo sia effettivamente – di una tecnologia come l’intelligenza artificiale che in realtà è tutt’altro che green». Oltre a questo, anche la diminuzione dei costi a lungo termine è generalmente indicata nei vantaggi del digitale. In effetti, è Porlezza stesso a segnalare il costo minore come primo dei punti favorevoli del numerico. Tuttavia, l'esperto precisa che la riduzione dei costi a lungo termine «dipende da come si usano le risorse che si liberano».

La carta stampata porta con sé una certa materialità, legata anche a un rapporto emotivo che sviluppiamo con il giornale e, magari, addirittura una certa nostalgia nel desiderio di tenere in mano un prodotto che leggo in tutta tranquillità al bar bevendo un caffè

E il valore residuo della carta

Tirando le somme, il punto sembra quindi essere questo: il digitale rende per molti versi la vita più semplice e, sicuramente, questo sembra essere un plus necessario, se non sufficiente, a cui si sta sempre di più cedendo. Ma quali sono, quindi, i benefici della carta stampata, per i quali questo supporto continua a essere prodotto ancora oggi? «Il cartaceo comporta alcuni vantaggi che nel digitale sono difficili da trovare – commenta lo studioso di giornalismo –. Prima di tutto la carta stampata porta con sé una certa materialità, legata anche a un rapporto emotivo che sviluppiamo con il giornale e, magari, addirittura una certa nostalgia nel desiderio di tenere in mano un prodotto che leggo in tutta tranquillità al bar bevendo un caffè». Un’immagine sicuramente evocativa, che per alcuni rappresenta ancora la quotidianità, per altri un ricordo e, in particolare per i più giovani, un mood: letteralmente, umore o atmosfera.

A questo si aggiunge la sicurezza che il supporto fisico può dare, facendo sentire i lettori «ben informati sugli eventi mondiali più rilevanti. Questo perché il giornale applica una selezione e gerarchizzazione delle notizie, permettendo ai lettori di non dover fare questo compito da sé. In più, leggendo un giornale cartaceo non lascio alcuna traccia digitale». Anche questo un beneficio dal punto di vista della sicurezza.

2040: ultimo giornale stampato?

A questo punto abbiamo approfondito il contesto giornalistico svizzero, abbiamo capito l’importanza di cogliere le sfumature che ruotano attorno a questo tema e abbiamo elencato i pro e i contro del digitale e della carta. Arriviamo perciò alla conclusione ma, prima di lasciarci, lo studioso di giornalismo risponde alla nostra domanda iniziale: quanto durerà ancora la carta stampata? «Praticamente tutte le previsioni sulla morte della stampa parlano di un orizzonte temporale abbastanza largo, onde evitare di sbagliare. Per esempio, in una delle ultime dichiarazioni in merito, il CEO del New York Times, Mark Thompson, ha previsto nel 2020 che l’ultima copia cartacea del giornale verrà prodotta nel 2040 – spiega Porlezza –.  Fino ad ora, però, la stampa resiste. E, personalmente, non credo che la stampa scomparirà presto, proprio perché presenta dei benefici che il digitale non può offrire. Non solo per tutti gli elementi già elencati, ma anche perché la lettura su carta è più facile, stanca di meno, e comporta minori rischi di distrazione». Pertanto, i punti a favore della carta non sono così pochi al momento. «Inoltre, esistono ancora testate tradizionali i cui elaborati vengono considerati fonte di qualità e di credibilità. Ciò significa che gli editori continueranno a investire in una merce che, per alcuni, tenderà a diventare un prodotto premium, il quale porrà l’accento su analisi di fondo, con giornalisti eccezionali. Invece, mantenere il ruolo tradizionale di mezzo di informazione quotidiana sarà difficile».