Francia

«Il futuro di un Paese in forte crisi d’identità è un'incognita»

Lo storico dell’Università di Bologna Michele Marchi spiega perché è fallita la «terza via» proposta dal presidente Emmanuel Macron dopo i fallimenti di Sarkozy e Hollande
Il Parlamento francese ha votato la censura del governo, il Paese è da anni alle prese con una crisi d'identità. ©YOAN VALAT
Dario Campione
06.12.2024 06:00

«La crisi politica francese è in larga parte frutto del risultato elettorale dell’estate scorso e del mancato chiarimento politico che il presidente Emmanuel Macron aveva chiesto ai francesi con lo scioglimento anticipato del Parlamento. In realtà, non soltanto quel chiarimento non c’è stato, ma l’esito delle urne ha ulteriormente complicato la situazione».

Michele Marchi, associato di Storia del Mediterraneo moderno e contemporaneo all’Università di Bologna e attento studioso della politica francese, traccia un quadro di sintesi di quanto sta accadendo nel Paese transalpino.

«Il Governo Barnier - dice Marchi al CdT - è stato sin dall’inizio “a termine” e aveva l’obiettivo di fare una legge di bilancio pesante. La Francia ha un debito pubblico che supera il 112% del prodotto interno lordo, un rapporto deficit-PIL oltre il 6% - il doppio del parametro UE fissato al 3% - ed è sotto procedura di infrazione da parte della Commissione europea. La Finanziaria di Barnier, una manovra da 60 miliardi di euro, di cui 30 di tasse, sarebbe stata particolarmente complessa da gestire anche per un governo appoggiato da una maggioranza parlamentare, figuriamoci per un esecutivo minoritario».

Nei giorni scorsi è accaduto che Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, «ha deciso di staccare la spina. Alcuni sostengono per non intestarsi una legge di bilancio “lacrime e sangue”. Altri, per accelerare la crisi del sistema e spingere Macron a dimettersi. Dal 13 novembre scorso - dice Marchi - sappiamo che Le Pen potrebbe presto essere giudicata ineleggibile in relazione alle accuse sulla gestione degli assistenti parlamentari all’europarlamento. La sentenza è prevista entro il 31 marzo, e questo ha sicuramente cambiato qualcosa nel suo atteggiamento, oltre ad aver alimentato la competizione interna al partito da parte di Jordan Bardella».

Al di là di un quadro politico complesso e confuso, la società francese continua però a vivere una crisi sociale e culturale sempre più forte. «Da tempo, la Francia vive una vera e propria crisi di percezione di sé - spiega lo storico bolognese - dopo la riunificazione tedesca e la nascita della moneta unica, Parigi è entrata in una lenta ma costante crisi d’identità. Ci sono stati tentativi di risposta con le presidenze Sarkozy e Hollande, ma entrambe hanno fallito. Macron, con il suo non essere né di destra né di sinistra, ha incarnato l’idea di una possibile terza via rispetto al disgregarsi delle tradizionali forze politiche architravi della Quinta Repubblica. E ha arginato, inizialmente, la rivolta contro le élite che vediamo in tutte le liberaldemocrazie. Ma oggi siamo di fronte anche alla caduta dell’opzione Macron e a una grande incognita sul futuro del Paese. Un Paese in cui l’opinione pubblica è sempre più scettica nei confronti della classe politica, e finisce per coagulare tutte queste insofferenze in una critica totale nei confronti del presidente».

Quale sia il punto di arrivo della crisi, è difficile dirlo. C’è chi sostiene la fine della Quinta Repubblica e la necessità di costruire un nuovo modello, meno centrato sull’Eliseo. «Qualcosa che però - dice Marchi - aprirebbe a un passaggio di regime, i cui esiti non possono essere previsti».

Sicuramente, conclude lo storico bolognese, «la nazione ieri sera ha ascoltato con interesse il discorso televisivo di Macron, ma non so quanta presa abbia ancora la dimensione gollista dell’appello al popolo, il rapporto diretto con i francesi. Mentre è emblematico che, così come i Giochi olimpici, anche un grande momento di rinascita quale sarà la riapertura di Notre Dame coinciderà con l’ennesima, drammatica, crisi politica».